California, la fine del sogno: il giornalista Costa torna a “Scintille”

Incontro a Parma per discutere del sogno americano con i giornalisti Simone Pieranni e Francesco Costa in occasione della sua ultima scintillante pubblicazione

“California”, la storia della trasformazione di un luogo e delle sue conseguenze. Una trasformazione che vede i californiani sempre più alla ricerca di un altrove migliore da abitare e che sta coinvolgendo gli Stati Uniti interi. L’ultimo libro del giornalista Francesco Costa, edito da Mondadori, ci catapulta ancora negli Stati Uniti per farci vedere con gli occhi della realtà uno dei paesi americani più celebri, facendoci scoprire che dietro a quel racconto patinato che si vede spesso in film e telefilm c’è un mondo di povertà e disagio.

Per parlare del suo libro Costa è tornato come ospite del festival “Scintille di editoria”, intervistato da Simone Pieranni, esperto di Cina ed ex caporedattore del Manifesto.

Il Festival Scintille di editoria

“Scintille di editoria” è il festival dedicato al mondo del libro, organizzato da Scintille bookclub a cura di Caterina Bonetti e Camilla Mineo e realizzato grazie al contributo di Fondazione Cariparma e al patrocinio del Comune di Parma. Un progetto culturale di grande rilevanza proposto da “Scintille, il bookclub illuminante”, il quale dimostra di essere non un semplice gruppo di lettura. Anche se al 25 dicembre manca ancora tempo, Scintille bookclub ha voluto anticipare i festeggiamenti regalando nei primi giorni del mese l’occasione di incontrare alcuni protagonisti della letteratura e del giornalismo.

La fine del sogno californiano

Sulla copertina del libro di Francesco Costa “California” si legge “La fine del sogno”. Un soprattitolo che fa un chiaro riferimento al sogno americano, secondo cui il duro lavoro porterà al raggiungimento del benessere economico e a una buona posizione sociale. Eppure, Costa sostiene sia finito: chi è riuscito a far avverare il sogno, ora non vive una vita da ricchi.

L’autore racconta che “da secoli si è assistito al progressivo miglioramento e benessere della popolazione generale californiana. Ecco perché chi arrivava negli Stati Uniti da tutt’altra parte del mondo si spostava verso la California, con la speranza di potercela finalmente fare: trovare un buon lavoro, comprare una bella casa, mandare i figli all’Università. Verso la fine dell’‘800, non era facile in Europa giocarsi le proprie carte partendo da zero. Lì invece sì. La prima trasformazione di cui si parla nel libro, la cosiddetta fine del sogno, riguarda la vita della classe media non più dignitosa. In California oggi non ce la fa neanche chi dovrebbe farcela. La crisi californiana non ha conseguenze solo sugli ultimi. Questi poi sono vittime anche diverse da come siamo abituati a pensare: ci sono senzatetto che lavorano full time, che escono dalle tende piantate sotto i ponti vestiti per andare in ufficio, in giacca e cravatta.”

“Gli ultimi in California non sono solo i senzatetto – spiega Costa – una famiglia di quattro persone a volte vive in una stessa stanza, o se guadagna 100.000 dollari l’anno in quattro sono ufficialmente considerati a basso reddito, quindi hanno diritto a dei sussidi. È una vita complicata per tutti e allora si arriva alla conclusione che la California non è l’unico posto da abitare, così ci si sposta in cerca di un posto dove vivere bene”.

Nel libro quindi vi sono pagine dedicate ai senzatetto, ma anche alle case, alla violenza e alla forte criminalità aumentata a livelli altissimi. Le cause di queste situazioni sono da rintracciare nella sinistra californiana. È una sinistra che è nata intorno agli anni ’60 – ’70, quando, sostiene l’autore, “i conservatori non hanno più vinto una elezione di quelle che contano”. Secondo Costa la sinistra californiana è una sinistra che ha vinto molte battaglie sul piano della cultura. Quindi una sinistra straordinariamente influente sul piano cultuale, ma che non si è formata attraverso i sindacati, chi difende la classe operaia. La sinistra californiana è una sinistra che mette in discussione i costumi, le abitudini, finge tolleranza e inclusività; è meno attenta ai diritti economici delle persone. Confermando il fatto che la politica diventi a volte una buona performance, l’autore dice che in California piuttosto che “fare, si dice; non si risolve quindi il problema”.

Gli obiettivi dei programmi politici sono tutti positivi, ma l’autore fa fatica a vedere del concreto. Le persone senza reddito in California continuano a vivere quasi tutte per strada. Dormono all’aperto perché non si costruiscono i ricoveri notturni, perché sul piano politico è controverso costruirli.

Costa spiega che i consiglieri comunali che li propongono vengono criticati e i movimenti per la casa non li vogliono perché pensano che le persone senzatetto abbiano bisogno di case e non di ricoveri notturni. “È vero – commenta Costa- ma non costruiscono neanche le case. Quindi non fanno i ricoveri perché servono le case e non si fanno le case perché non si vogliono i senzatetto come vicini di casa. Così tutti vanno a letto pensando ‘Non è colpa mia, ma degli altri'”.

Nel libro si discute inoltre della crescente criminalità. L’autore racconta: “Nessuno vuole guai, né chi chiama la polizia, né la polizia stessa. Così tutti fanno quello che vogliono e le sparatorie tra gang diventano più frequenti. In California c’è una legge che depenalizza tutti i furti fino a un valore inferiore ai 900 dollari e quindi se si ruba poco non si corre il rischio di essere presi. In caso contrario, si deve pagare una multa, ma si può fare anche con comodo. I furti sono molti per questo. In centro le vetrine dei negozi sono coperte con le assi di legno, come si fa prima di una manifestazione per evitare gli scontri. I negozianti le tengono così perché le persone che arrivano si portano via le cose. Sono reati di poco conto rispetto ai reati violenti, certo, ma fregarsene porta alla chiusura dei negozi perché non vendono. È sicuramente un problema per chi lavora.”

Dove vanno i californiani? Come cambiano i posti in cui vanno?

Simone Pieranni chiede: “Dove vanno i californiani? Come cambiano i posti in cui vanno?”. I californiani vanno in gran numero, per esempio, in Texas, in Nevada o a Miami. Lì i californiani pieni di soldi comprano grandi case, aprono locali, pagano in contanti, alzano il mercato immobiliare. Mettono in moto quindi il fenomeno della gentrificazione. Sono miglioramenti positivi perché i californiani portano molta crescita e sviluppo economico, ma avvengono anche degli scontri culturali. Il cittadino conservatore vede nel californiano un “so tutto io” che spiega come vanno fatte in realtà le cose. Attivisti per natura, i californiani fondano subito associazioni, comitati per la difesa dei diritti LGBT a scuola. Questo crea scontri con le famiglie del posto che hanno altri valori e abitudini. I genitori si sentono criticati nel modo di insegnare ai figli e gli insegnanti nel modo in cui si rapportano con gli studenti. C’è quindi un certo fastidio nei confronti dei californiani.

di Fabiola Veca

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