A Parma il Nuovo Museo Bodoni ricorda il sommo tipografo nell’Europa del Neoclassicismo

Ma chi era Giambattista Bodoni e quali importanti innovazioni portò nella tipografia?

Nell’imponente struttura del Complesso monumentale della Pilotta, che caratterizza in modo suggestivo il centro di Parma, è situata la Biblioteca Palatina, che conserva documenti e manoscritti di rilevanza mondiale e di inestimabile valore. E’ al piano terra della Biblioteca palatina che ha sede il nuovo Museo Bodoni, aperto al pubblico da pochi giorni in una nuova e affascinante ristrutturazione realizzata con moderni criteri museologici – la precedente sede del Museo era stata inaugurata nel 1963 in occasione del 150º anniversario della morte di Bodoni. 

Figura fondamentale nella storia della stampa accanto a Johannes Gutenberg e Aldo Manuzio, Giambattista Bodoni (1740-1813) è il protagonista dell’allestimento del nuovo Museo Bodoni.

La visita al museo guida in un percorso immersivo di coinvolgente interesse, che consente di rievocare l’arte e la vita di Bodoni. In esposizione strumenti di grande rilievo tipografico quali la ricostruzione del suo torchio tipografico – basata su testimonianze dell’epoca – armadi originali dove il tipografo custodiva alcuni suoi strumenti tipografici, grandi vetrine che ripropongono le fasi di lavoro del grande tipografo e una pregevole scelta di edizioni bodoniane.

La mostra si sviluppa attraverso l’esposizione di punzoni in acciaio, la fabbricazione delle matrici e la fusione della lega tipografica, la stampa tipografica, la calcografia e la xilografia, la composizione della pagina per la stampa e preziosi volumi stampati da Bodoni, che manifestano chiaramente la direzione della tendenza verso maggiore chiarezza e leggibilità, che furono il marchio della rivoluzione bodoniana nell’arte e nella tecnologia della stampa.

Una significativa selezione di lavori della Stamperia – di cui Bodoni fu direttore dal 1768 e per il resto della sua vita- testimonia la fortuna e la fama del grande tipografo in Italia e in Europa presso le principali corti dell’epoca. Momento focale dell’esposizione il tavolo multimediale con volumi in formato digitale. Grazie al dispositivo touch-screen è possibile effettuare una ricerca per volume e sfogliarne le pagine nella sua completezza, potendo così ammirare la raffinatezza e l’eccelsa qualità del lavoro tipografico della tecnica bodoniana.

Bodoni e le sue innovazioni tipografiche

Le innovazioni tipografiche di Giambattista Bodoni sono state di importanza fondamentale nella storia della tipografia; i suoi caratteri, di neoclassica bellezza, con aste ascendenti, i capitelli perfettamente orizzontali, i margini ampi, le curve eleganti, le interlinee spaziose, i caratteri leggibili e geometrici, che richiamano le iscrizioni lapidarie romane sono di in una bellezza essenziale, lontana da decorazioni superflue e segnano la fine della tipografia dei secoli precedenti, caratterizzata da minuziosa attenzione all’aspetto calligrafico dei segni, dalla cura per gli orpelli e per gli eccessi ornamentali, e propongono canoni nuovi, di neoclassica e chiara leggibilità. Nella prefazione del suo celebre Manuale, al quale Bodoni dedicò parte della sua vita, il tipografo spiegava i principi della sua metodologia e della sua tecnica tipografica: “Tanto più bello sarà dunque un carattere, quanto avrà più regolarità e nettezza, buon gusto e grazia”.

Ammirato in Europa da sovrani e pontefici, Bodoni fu editore di Parini, Monti, Pindemonte, e di molti altri celeberrimi autori, pubblicò tre Bibbie, l’Iliade, classici greci e romani e riuscì a dare un’impostazione nuova alla stampa del libro, raggiungendo vertici di perfezione, semplicità ed equilibrio. Prototipo di font moderno, al carattere Bodoni si richiamano attualmente libri e giornali per la sua elegante e sobria leggibilità.

Figlio della sua epoca, Bodoni riversa nel suo libro il gusto neoclassico dell’arte del suo tempo. Nei suoi manuali tipografici illustra la novità della sua rivoluzione nell’evoluzione della tecnica tipografica, conseguenza di un’appassionata cura per tutte le fasi lavorative, fino alle pregevoli legature di splendida eleganza e ai cataloghi con cui il tipografo informava delle sue nuove edizioni.

Bastano due lavori bodoniani esposti alla mostra per testimoniare la grandezza della sua eredità nella storia. La mirabile Oratio Dominica, il Padre nostro in 155 lingue, realizzato utilizzando 215 caratteri diversi tra latini, greci ed altri, dedicato al viceré Eugenio di Beauharnais e la cui realizzazione si sviluppò a partire dai colloqui che Bodoni ebbe a Parma con papa Pio VII di ritorno da Parigi, dove si era recato per l’incoronazione di Napoleone. E poi l’Iliade; un esemplare fu offerto a Eugenio di Beauharnais ed è conservato alla Biblioteca Palatina di Parma mentre l’esemplare destinato a Napoleone è conservato a Parigi.

Dal XIX secolo si sono sviluppati molti font anche digitali ispirati all’originale bodoniano in diversificati ambiti dell’editoria, con finalità commerciali e/o artistiche, in libri, riviste e quotidiani; tutti evidenziano l’impostazione altamente innovativa di Bodoni con le tipiche rotondità neoclassiche, il filetto piatto e orizzontale, la continuità con l’asta verticale, le aperture ridotte, le pacate curvature, gli spazio che donano al prodotto finale nobile risalto.

Ma chi era Giambattista Bodoni?

Nato a Saluzzo nel 1740,Giambattista aveva ereditato dal padre, Gaspare Francesco Agostino (o Antonio), e dal nonno, Giovanni Domenico il mestiere del tipografo. Da generazioni la famiglia aveva commissioni tipografiche consolidate, provenienti dal Comune di Saluzzo dove Bodoni era nato, dalla Curia vescovile e dal Collegio dei Gesuiti. Giambattista apprese l’arte tipografica presso l’officina del padre e a Roma presso l’abate Costantino Ruggeri, il segretario del cardinale Giuseppe Spinelli, direttore della stamperia della De Propaganda Fide, celebre in tutta Europa.

A Roma Bodoni studiò anche lingue orientali alla Sapienza, approfondendo i caratteri di lingue “esotiche”. Fu in questo contesto che Bodoni si indirizzò verso l’attività di punzonista e elaborò tre frontespizi con caratteri copti e arabi e alcune xilografie per i volumi di un Pontificale stampato negli anni 1761-1762. Il soggiorno romano a confronto con le testimonianze del mondo antico gli ispirò l’ideale di classicità e di rigore formale, che Bodoni trasfuse nella creazione dei suoi caratteri, così innovativi e confronto dei caratteri tipografici utilizzati prima di lui. Nella capitale Bodoni continuò ad godere dell’appoggio e del cardinale Spinelli per alcuni anni; nel 1766, essendo ormai diventato conosciuto e stimato a livello europeo, decise di trasferirsi a Londra ma una febbre terzana, contratta in Piemonte, lo fece desistere dal progetto.

In questi anni l’illuminato ministro del duca di Parma Guillaume Du Tillot meditava la creazione di una stamperia reale nel clima di rinnovamento che caratterizzava il Ducato. Bodoni ebbe un colloquio a Torino con il futuro direttore della Biblioteca dell’Università torinese Francesco Ludovico Berta, che apprezzò grandemente i lavori presentati da Bodoni, che con l’assenso del re Carlo Emanuele IIIprese commiato dal Piemonte per iniziare la sua nuova attività a Parma, dove si stabilì nel 1768.

Restò sempre costante, tuttavia, in Bodoni, nel corso della vita, l’affetto per il suo Piemonte nonostante l’ampliamento dei suoi legami europei. Ne sono testimonianza gli Epithalamiaexoticislinguis reddita (1775) in omaggio della famiglia regnante sabauda e l’accoglienza ricevuta nel 1798 come una gloria patria nella sua nativa Saluzzo, da lui chiamata “ma chére patrie”, e da Carlo Emanuele IV alla reggia di Venaria.

A Parma Bodoni, poco dopo il suo arrivo, allestì la nuova Tipografia in un’ala della Pilotta; i caratteri di cui Bodoni necessitava erano ordinati al fonditore Fournier a Parigi e il falegname di corte Drugman di occupò della costruzione dei torchi. Nel 1769 si celebrarono i grandi festeggiamenti per le nozze fra il duca Don Ferdinando e Maria Amalia d’Asburgo e l’arrivo dell’imperatore Giuseppe II, fratello della sposa. Seguì un’intensa attività tipografica di cui è possibile solo brevemente ricordare alcune tappe, legate all’attività di Bodoni.  La Descrizione delle feste celebrate in Parma l’anno 1769 […], il libretto per le musiche di Christoph Willibald Gluck per le Feste d’Apollo celebrate sul Teatro di Corte nell’agosto del 1769 […], i Canti per la felicemente restituita salute di sua Eccellenza il Signor D. Guglielmo Du Tillot […], le tragedie Corrado Marchese di Monferrato del conte Francesco Antonio Magnocavalli e Zelinda di Orazio Calini. E dopo alcuni anni uno dei suoi capolavori: Pitture di Antonio Allegri detto il Correggio esistenti in Parma nel monastero di San Paolo con le stupende tavole dell’incisore Francesco Rosaspina, pensato fin dal 1794 e edito nel 1800.

A Parma Bodoni incontrò Vittorio Alfieri nel 1776, a cui propose la stampa delle sue tragedie, che venne invece poi realizzata nel 1804 per l’editore Piatti di Firenze. Nel 1791 Bodoni ottenne il permesso per avviare una privata stamperia, dove furono realizzati  molti suoi capolavori; la Tipografia Reale restò, comunque, attiva per necessità governative e diversificati lavori.

Intanto fin dal 1780 Bodoni aveva intessuto relazioni con ambienti spagnoli, come testimonia la stampa di un importante trattato di Anton Raphael Mengs, pittore di re Carlo III di Spagna, testo che valse allo stampatore il titolo di Tipografo di Camera del re di Spagna. Il ministro plenipotenziario di Spagna Nicolàs De Azara invitò Bodoni a trasferirsi a Roma per creare una stamperia per la  legazione spagnola, trasferimento cui tuttavia il Duca di Parma non diede il suo permesso. La stima della Spagna per Bodoni veniva comunque confermata con l’attribuzione di una pensione di 6.000 reali e con il rinnovo del titolo di Tipografo di Camera; nel 1794 Bodoni dedicava il primo volume della Gerusalemme Liberata di Tasso al re di Spagna Carlo IV di Borbone (sposo di Maria Luisa, figlia del Duca di Parma).

Nel 1782 Bodoni veniva ammesso all’Arcadia, cui apparteneva anche papa Pio VI, il quale mandò in omaggio al tipografo due medaglie per ringraziarlo dell’invio di un’edizione di Orazio del 1791. Il legame di Bodoni con l’ambiente pontificio continuò col successore Pio VII, dalla cui conoscenza scaturì l’idea dellasua celeberrima Oratio Dominicana.

Ma le relazioni europee di Bodoni non si fermavano qui. Nel 1785 il re Ferdinando IV di Borbone e la regina Maria Carolina (sorella della duchessa di Parma Maria Amalia) fecero visita con grande interesse alla stamperia di Bodoni; ne seguiva l’incarico di stampare la cantata dell’abate Sertor Per la venuta in Parma del Signor Conte e della Signora Contessa di Castellammare.

Nel 1786 Bodoni fece un viaggio nel Regno delle Due Sicilie, dove da tempo circolavano suoi testi; visitò Miseno, Pozzuoli, Baia, la reggia di Caserta e venne ricevuto dalla Regina cui dedicò l’edizione de Gli Amori di Dafni e Cloe di Longo Sofista. La fama di Bodoni a Napoliera tale che nel 1809 Carolina Bonaparte, sorella dell’imperatore e sposa di Gioacchino Murat, chiese a Bodoni di trasferirsi in città in qualità di direttore della Stamperia Reale, invito tuttavia non accolto dal tipografo, che, comunque, per la grande stima da parte dei reali fu insignito della decorazione di cavaliere dell’Ordine delle Due Sicilie. Ai legami di Bodoni con Napoli sono collegate alcuni pregevoli progetti di pubblicazioni fra cui quelle di autori autori latini e greci, di Fénelon, Racine, La Fontaine, Boileau. Le Fables de La Fontaine e le Oeuvrespoetiques di Boileau furono pubblicate dalla vedova di Bodoni nel 1814, un anno dopo la sua morte.

Le relazioni di Bodoni si estendevano anche a Milano, dove il ministro plenipotenziario austriaco conte Firmian propose a Bodoni di trasferirsi come direttore della R. Stamperia, proposta anche in questo caso non accettata dal tipografo. In Lombardia Bodoni si recò nel 1789 e conobbe Giuseppe Parini di cui stampò le Odi (1791), e nel 1798, quando venne accolto da notabili del governo francese e strinse amicizia con il pittore Andrea Appiani, che di Bodoni concluse il celebre ritratto nel 1799 e che favorì i contatti  fra Bodoni e Ugo Foscolo.

Dello stesso periodo sono le conoscenze di Bodoni con il futuro segretario dell’Accademia di Brera il pittore Giuseppe Bossi – che realizzò una Apoteosi di Bodoni incoronato e circondato dagli autori da lui editi – e con il celebre grecista Luigi Lamberti, che curò l’edizione dell’Inno a Cerere, pubblicata negli anni 1804-1805. Nel 1804 Napoleone passava per Parma e chiese di incontrare Bodoni, che era tuttavia a letto malato e nel 1805 il vicerè d’Italia Eugenio di Beauharnais  invitava Bodoni a trasferirsi a Milano come direttore della Reale Stamperia.

Molte sono le mirabili stampe di Bodoni nel periodo della maturità. Possiamo solo ricordarne alcune fra il 1791 e il 1806, oltre a quelle già ricordate: The Castle of Otranto di Walpole, le Odi di Parini,opere di Orazio, Virgilio, degli elegiaci latini, La Gerusalemme Liberata, Dante, Petrarca, Callimaco, De ImitationeChristi, i Poems di Gray, Britannia di Lord Hampden, il Bardo della Selva Nera di Monti, oltre ai suoi sommi lavori, l’Oratio dominicana del 1806 e l’Iliade del 1808.

Nel 1808 Gioacchino Murataveva concesso a Bodoni una pensione vitalizia, un’altra gli fu attribuita nel 1810  da Napoleone per i progressi realizzati nell’arte tipografica e un anno prima della morte fu insignito dell’ordine Imperiale della Réunion.

Giambattista Bodoni si spense a Parma nel 1813; alle sue esequie erano presenti capi del governo, della municipalità, della comunità scientifica e letteraria. Alcuni suoi progetti furono portati a termine postumi dalla vedova Margherita Dall’Aglio, che gli fu sempre accanto amorevolmente e che continuò l’attività tipografica dopo la sua morte.

Per il suo 286° compleanno la Gazzetta di Parma – la cui copia più antica conservata data  del 19 aprile 1735 – avviò nel 2021 un rinnovamento grafico col ritorno a un carattere bodoniano per i titoli in una fonte disegnata specificamente per il giornale parmigiano e nel ricordo del grande tipografo, che stampò la Gazzetta di Parma dal 1772 al 1796.

La visita al Nuovo Museo Bodoni, realizzato con grande fascino nei moderni criteri della museologia, è un’occasione preziosa per soffermarci riflettere sull’immenso patrimonio culturale che Giambattista Bodoni ha contribuito a trasmetterci dalla sua Stamperia di quella Parma, che per lui fu così fervida di gloria: “Già mi fur inviti a empir le carte i luoghi ameni…” (Ariosto, Sat. IV),come scrive Stendhal nell’epigrafe della Chartreuse de Parme.

di Guido Cavallera

Foto di Guido Cavallera

Fonte: De Pasquale, A., Bodoni (1740-1813) Principe dei tipografi nell’Europa dei Lumi e di Napoleone, GrafichheStep Editrice, Parma: 2013.

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