Alle origini del pensiero razzista moderno: una problematica sempre attuale. A lezione con il professor Ruocco

La storia del pensiero razzista nasce nel ‘700 e si sviluppa fino ai giorni nostri con nuove sfumature ancora più pericolose. Il docente della Sapienza Università di Roma ripercorre i passaggi passando dal pensiero politico di Gaetano Mosca

Come nasce e si diffonde in Occidente tra Europa e Stati Uniti il pensiero razzista in epoca moderna? Perché è ancora oggi assai diffuso questo modo di discriminare l’altro, il diverso, colui che appartiene ad altra etnia e cultura?

Una riflessione arriva dal seminario organizzato a Parma dal professore e assegnista di ricerca in Storia del pensiero politico dell’Università di Parma, Fausto Pagnotta, e dal circolo culturale Il Borgo.

Ospite, in collegamento dalla Sapienza Università di Roma, il professor Giovanni Ruocco, associato di Pensiero politico della colonizzazione e della decolonizzazione, che ha tenuto una lezione sul tema ‘Razze in teoria: alle origini del pensiero razzista moderno’ a partire dal suo libro ‘Razze in teoria. La scienza politica di Gaetano Mosca nel discorso pubblico dell’800’, edito da Quodlibet Studio nel 2017. Ad aprire le riflessioni e portare i saluti da parte del corso di laurea Servizi Sociali la professoressa di Istituzioni di Diritto dell’Ateneo di Parma, Veronica Valenti.

Per il Comune di Parma era presente l’assessora alla Partecipazione e cooperazione internazionale, Daria Jacopozzi che ringrazia l’Università di Parma e la sua Terza Missione per permettere l’apertura a riflessioni e scoperte scientifiche per tutta la cittadinanza.

Foto di Medici Parma

 “Attorno alla parola ‘razza’, scritta all’articolo 3 della Costituzione italiana, che l’Assemblea costituente definiva ‘maledetta’, si sono mossi molti scienziati per chiederne la rimozione. – spiega Valenti – Essa assume tuttavia un valore politico e storico molto profondo, in quanto monito per le generazioni future sugli orrori e le tragedie commesse dal nazifascismo in suo nome; in Italia attraverso le leggi razziali del ’38 supportate da un pensiero pseudo scientifico dell’epoca, il Manifesto della Razza”.

La professoressa ricorda che Stati come la Francia hanno eliminato questa parola dalla loro Costituzione, mentre la Germania, dopo un lungo dibattito, ha deciso di conservarla per “non creare un ‘vuoto’, non essendoci altra parola che avesse medesimo valore storico e politico; ma anche per non indebolire il contesto storico che questa parola si porta dietro”.

Pagnotta, moderatore dell’incontro, anticipa che il lavoro del professor Ruocco permette di entrare nei “meandri storici, culturali e politici, ma anche e soprattutto scientifici, che hanno permesso in epoca moderna in Occidente, il formarsi e il radicarsi di un pensiero razzista che ha trovato ampia diffusione fino a scoppiare in tutta la sua brutale efferatezza nell’Olocausto del popolo ebraico”.

Uno sguardo necessario sul passato per capire tuttavia il presente perché “il razzismo – continua Pagnotta – rappresenta un modo di rapportarsi con l’alterità in termini discriminatori ed escludenti sempre pronto ad emergere con la sua disumanità nella storia e nella società. Per questo motivo non bisogna mai abbassare la guardia, ed anzi bisogna impegnarsi tutti insieme a favorire occasioni e momenti culturali di confronto e di approfondimento aperti ai giovani e alla cittadinanza, in modo da creare consapevolezza su questo fenomeno per cercare di prevenirlo nelle sue conseguenze, spesso drammatiche”.

Il Seminario è stato organizzato dal prof. Fausto Pagnotta per l’ultima lezione del corso in Storia del pensiero politico all’interno del Corso di Laurea Magistrale in Programmazione e Gestione dei Servizi sociali del Dipartimento di Giurisprudenza Studî Politici e Internazionali. Foto di Medici Parma

I dati del razzismo in Italia

Omotransfobia, razzismo, abilismo, antisemitismo: sono alcune delle voci raccolte dall’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, che segnalano il clima di violenza sociale.

Pagnotta illustra alcuni dati: “Dai 913 episodi di discriminazione del 2020 siamo passati a 1379 del 2021. Al primo posto ci sono motivi etnico razziali: nel 2021 sono stati 709 i casi, nel 2020 erano 545. Di queste, 499 vittime sono straniere. Sono 137 le persone aggredite per il colore della pelle. E le parole usate fanno parte di un copione rigido e ripetitivo proprio del vocabolario razzista”.

La crescita di questi episodi sta coinvolgendo però tutta l’Europa, infatti nei primi giorni di novembre il Parlamento europeo – in una risoluzione adottata con 442 voti favorevoli, 114 contrari e 42 astenuti – ha proposto un approccio solido e multiforme per combattere tutte le forme di razzismo e discriminazione, compreso quello strutturale e istituzionale.

Professor Giovanni Ruocco

Le origini del pensiero razzista

Il professor Ruocco inizia la sua lezione partendo da una riflessione su un piccolo quanto significativo fatto di cronaca avvenuto durante i Mondiali di calcio in Qatar. “Un telecronista italiano, nel parlare delle varie persone di nazionalità diverse presenti per i mondiali ha dichiarato: ‘Ci sono davvero tante razze’. Si è poi scusato come doveroso che fosse, rappresentando un servizio pubblico, ma le sue parole ci rivelano che c’è un problema di lunga data con le razze: diverso rispetto al passato, ma non per questo meno grave perché oggi è meno confinabile e individuabile”.

“Bisogna prestare attenzione al valore che hanno le parole, perché nascondono un fatto sociale. Il telecronista ha così svelato qualcosa che esiste ma che anche tutti noi conosciamo e sappiamo perfettamente esserci – commenta Ruocco – Si fa confusione tra nazionalità e razza, e oggi la parola etnia viene usata come un tempo si usava il termine razza”.

Per ripercorrere la storia del razzismo dobbiamo tornare indietro al ‘700 . “Quando ‘razza’ inizia ad essere usato anche in riferimento agli esseri umani; in particolare viene usata nello sviluppo delle nuove scienze della natura, con autori come Buffon e Linneo che cercano di definire dei ‘gruppi’ umani. L’intento non è quello di creare forme di discriminazione attraverso le dottrine scientifiche, ma questa forma di classificazione denuncia già una forma discriminatoria nei confronti delle altre razze rispetto agli Occidentali: differenziando per il colore della pelle, per esempio, ma anche per sostenere che il gruppo più sviluppato è quello di razza bianca, degli europei. Se il discorso sembra nascere in modo neutrale, in realtà applica una visione deterministica della realtà”.

Le razze, non dimostrabili tutt’oggi a livello genetico, “erano fondate solo sulle differenze morfologiche – quindi fisiche – e vengono subito collegate a diverse capacità di sviluppo storico che questi gruppi umani hanno dimostrato nel tempo. Si cominciano così a costruire delle teorie che declinano l’esistenza della razza bianca al vertice di una presunta graduatoria, a livello intellettuale ma anche estetico”.

A metà dell’800, il filosofo francese Joseph Arthur de Gobineau, collocherà nel sangue l’elemento di differenziazione delle razze, da cui nasce il concetto del “mescolamento di sangue”, attraverso i rapporti tra persone di diversa ‘razza’, che provocherebbe un impoverimento della razza bianca”.  Gobineau dà così una sua risposta in contrasto allo scoppio della rivoluzione francese e la nascita del concetto di popolo e uguaglianza, affermando invece che le differenze e classificazioni ci siano sempre state.

“Se oggi questo autore non è molto ricordato, nell’800 ebbe molto seguito anche se il suo intento non era antisemita o politicamente diretto”. I suoi testi però danno il via alla Scienza politica del giurista e politologo italiano Gaetano Mosca che, alla fine dell’800, prende la visione delle civiltà umane di Gobineau e la contesta, non trovando nessun legame biologico e principio naturale. Mosca contesta anche l’antico principio climatico, che si tramandava da Erodoto, per cui il clima delle varie aree geografiche predeterminasse le caratteristiche fisiche e culturali della sua popolazione. Il politico italiano rifiuta anche il principio razziale del darwinismo sociale e il pensiero del filosofo inglese Herbert Spencer “che in quel periodo storico aveva una grande rilevanza a livello sociale”.

Mosca arriva quindi alla conclusione che la razza esista solo “dal momento in cui degli individui si riconoscono in quella razza, così come altre forme di omogeneizzazione degli individui (si pensi alla religione e a categorie sociali che vanno anche oltre i confini nazionali)”. Il politico non rinnega però l’esistenza delle razze, “nessuno lo faceva in quel periodo, ma inizia a destrutturarlo”.

Il professor Ruocco sottolinea che Gobineau è responsabile anche di quel fraintendimento che “vediamo anche oggi, ossia confondere elementi caratteristici delle varie nazionalità con la razza”. Il docente ricorda anche che nell’800 il concetto di nazione era differente da quello di oggi e non coincide con un riferimento geografico, cioè con i confini di uno Stato. La nazione era più un concetto storico e culturale. Pensiero che tuttavia proprio a fine dell’800 comincia ad evolvere e mutare.

La storia del razzismo può essere compresa soltanto in associazione stretta con la nascita dei nazionalismi – commenta Ruocco – e lo si vede ancora nelle dinamiche di sviluppo della guerra in corso tra Russia e Ucraina”.

L’importanza politica del tema della razza “entra in discussione nella prima metà del ‘900”, lì dove diventerà più razzista. “Ma a partire dalla seconda metà del secolo scorso il termine razza viene messo in discussione da un punto di vista scientifico, con studi pubblicati anche dall’Unesco. E infine la mappa del genoma umano nel 2000 evidenzia l’inesistenza della razza negli umani”.

Il razzismo oggi

Con questo contesto storico, oggi il termine razzista fa riferimento a cose diverse: i comportamenti razzisti, “a cui non si può dare una reale motivazione della loro esistenza, in quanto ognuno di noi agisce influenzato da un contesto sociale, famigliare e personale”; e poi le teorie, le politiche o le legislazioni razziste.

Le politiche di accoglienza dell’Unione Europea si scontrano molto spesso con la difficoltà degli Stati ad accogliere continuamente persone che provengono “da un ‘mondo’ diverso dal nostro. – commenta Ruocco – Ma queste persone sono viste come un problema, come un numero o come un oggetto politico più che come persone?”.

Che cos’è dunque il razzismo oggi? “E’ una forma di sintetizzazione dell’altro. – sostiene il professore – Ritenere che una persona sia qualcosa indipendentemente da quello che fa, in ragione di una presunta affiliazione a un determinato gruppo. Inoltre è fondamentale la presenza di un ‘segno’, un elemento che riconduce a quel ‘tipo sociale’, come il colore della pelle”.

Secondo il filosofo Alexis de Tocqueville, tuttavia, l’origine del razzismo “non sarebbe la convinzione dell’esistenza delle razze, ma le razze stesse ad essere frutto del razzismo, cioè da condizioni storiche su cui si sono costruite le varie discriminazioni”.

“Solo se si cerca veramente il dialogo e l’incontro con l’altro potremo avere una società nuova e diversa. – conclude Ruocco – Siamo convinti di avere identità definite che cercano di aprirsi all’altro, invece le nostre identità si formano proprio grazie alle relazioni con gli altri. Si tratta quindi di decidere se vogliamo davvero aprirci o chiudere invece i nostri cuori e cervelli. Chiudere i nostri confini. I fatti di cronaca di questi anni ci mostrano che siamo ancora lontani da quello che invece apprendiamo in questi incontri e dialoghi accademici”.

La registrazione dell’incontro è stata pubblicata sul canale YouTube Sentieri del pensiero politico:  https://www.youtube.com/watch?v=FQpt1n-zYdo&t=392s

di Arianna Belloli

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*