La sindrome di Avatar: perché sembra colpire molti spettatori?

Gli esperti la chiamano PADS, ovvero Post-Avatar Depressions, e sta colpendo molti degli spettatori che hanno deciso di vedere l'ultima fatica di James Cameron al cinema, Avatar la via dell'acqua

Se n’era parlato già nel 2009, con la proiezione del primo film della saga. All’epoca, tra effetti speciali in 3D e una storia ecologista che portava gli spettatori a riflettere sulle sorti della biodiversità del loro pianeta, erano stati in molti fra i più sensibili a sviluppare nelle ore immediatamente successive all’uscita dalla sala diversi sintomi assimilabili ad una breve ma considerevole depressione. 

Tale malessere era divenuto così tanto diffuso – anche grazie al fatto che Avatar del 2009 scalò le classifiche dei film più visti di tutti i tempi in poche settimane – che in pochi mesi fioccarono diversi studi – tra cui questa dell’Università di Chicago – che testimoniavano la frequenza del fenomeno e le probabili cause che avevano spinto le persone in tutto il mondo a cadere vittima del malessere a seguito della visione del film.

Con l’uscita del secondo capitolo, la PADS sembra essere tornata. E potrebbe colpire più persone rispetto a prima. Le stime effettuate a seguito di alcune interviste fuori dai cinema americani affermano infatti che il 10% degli spettatori sia caduto vittima di angoscia, malinconia e tristezza a seguito dalla visione del film. Condizioni spiacevoli provocati da diversi fattori. Perché però la visione di un film dovrebbe produrre queste conseguenze nella mente degli spettatori? E quali caratteristiche peculiari hanno le persone che ne cadono vittima?

Il fenomeno dietro ad un film di successo

Sia chiaro. La PADS non è una condizione clinicamente riconosciuta, né una forma di depressione minore. È semplicemente un fenomeno osservabile in migliaia di spettatori che ha interessato la comunità cinefila e scientifica a partire dalla proiezione del primo Avatar. Per quanto sia una forma di inquietudine passeggera, sembra però essere collegata ad almeno un caso di malore in India, in un soggetto tuttavia già fisicamente molto provato dal Covid.

Chiarito questo, è naturale porsi il problema di come la visione di un film -tra l’altro ecologista – possa influire “negativamente” sulla mente di uno spettatore. E secondo le molteplici ricerche che si sono effettuate nel corso degli ultimi tredici anni e che verranno probabilmente aggiornati, con la fuoruscita dei sequel, la questione sarebbe molto più profonda di quanto ci si potesse aspettare in un primo momento.

Gli psicologi hanno tentato all’inizio di individuare qual è stata la platea di spettatori così emotivamente coinvolti da risultare depressi di seguito alla visione del film. E dai risultati delle varie interviste – alcune di queste riportate anche su un sito di fan, Avatar Forums – sembra che le vittime nel 2009 siano stati principalmente giovani e giovanissimi, dai 15 ai 30 anni, che si sentivano insoddisfatti della propria vita dopo essere entrati per la prima volta in contatto con leatmosfera di Pandora, l’ambientazione del franchise.

Il thread social che fece però conoscere la PADS a livello globale, tanto da indurre i telegiornali americani ad interessarsene, non furono le interviste ma la condivisione di massa di un Tweet scritto nel Gennaio del 2010, da parte di un giovane studente universitario americano. Tweet che di seguito fu cancellato ma che divenne fondamentale affinché se ne parlasse sui forum. Messaggi simili vengono oggi ripresi da alcune testate americane e tra questi c’è un nuovo tweet, che tradotto sarebbe così: «Da quando sono andato a vedere Avatar sono stato depresso. Guardare il meraviglioso mondo di Pandora, con tutti i suoi animali e i Na’vi, mi ha fatto desiderare di essere uno di loro. Voglio rinascere in un mondo simile a quello del film».

Dalle informazioni incrociate ottenute dalle diverse interviste e dagli studi – comunque non considerati definitivi – si è giunti così alla conclusione che la popolazione interessata da tale fenomeno fosse per gran parte quella già emotivamente entrata in contatto con i problemi ambientali e la salvaguardia delle specie animali. Questo avrebbe incentivato la loro mente a sviluppare un confronto fra il nostro mondo e gli scenari immaginati da Cameron per Pandora, soprattutto per quanto riguarda il conflitto realmente esistente fra i movimenti atti alla protezione della flora e della fauna, il valore spirituale che alcuni danno alla Natura e il capitalismo. Argomento che ha permesso a molti spettatori di immedesimarsi e ad alcuni autori persino di scrivere un libro.

Avatar del 2009 uscì però in un momento storico peculiare. Di seguito ad una crisi economica che sconvolse il mondo nel 2008 e all’inizio del rinnovato interesse verso l’ambiente da parte delle giovani generazioni, il film riscosse molto successo nel pubblico proprio perché sembrava immaginare un prossimo futuro, simile a quello che le persone si aspettavano di vivere. La mente e la cultura di chi sarebbe caduto vittima della PADS potevano inoltre anche essere considerati predisposti a una leggera forma di depressione, secondo alcuni critici. Tanto da poter essere paragonati a quelli di alcuni credenti, vittime di crisi mistiche di matrice religiosa.

Oggi però, nel 2022, con l’uscita del nuovo film nuove generazioni di pubblico sembrano star cadendo di nuovo nella stessa malinconia presente nelle persone del 2009. Alcuni in una forma anche più acuta. E considerando che sono passati anni dalle manifestazioni di piazza globali di FridaysforFuture, dalla COP di Parigi e dalla prima proiezione di Avatar, ci si sarebbe quasi aspettati che il pubblico dimostrasse di essere ormai abituato allo shock di vedere su schermo le scene crude che mettono in scena la morte di un’animale o la distruzione di un habitat selvaggio. Così però non è stato, nei primi giorni immediatamente successivi alla release del secondo film. Deve esserci dunque qualche altra ragione che sta spingendo le persone a deprimersi per colpa di Avatar.

Le intelligenze multiple di Gardner e la sensibilità emotiva di Goleman

Fortunatamente anche in questo 2022 la psicologia può darci una mano per comprendere il fenomeno e già negli scorsi anni erano state sollevate alcune proposte che ci permettono di chiarire quello che sta avvenendo. Per conoscere meglio la mente di coloro che cambiano il proprio umore per colpa del sequel, dobbiamo tuttavia conoscere meglio le differenti tipologie di intelligenze che sono presenti all’interno della nostra specie.

Secondo Howard Gardner, noto psicologo e docente statunitense, ogni persona dispone di una mente che presenta almeno nove tipologie di intelligenze diverse. E queste intelligenze sono presenti in ognuno di noi a livelli anch’essi diversi, a secondo delle personalità, della preparazione, della genetica e della predisposizione culturale dell’individuo. La sua teoria, quella delle intelligenze multiple, è stata pubblicata per la prima volta in “Frames of mind” nel 1983 ed è ormai stata universalmente riconosciuta come uno dei migliori modelli che permette di comprendere la struttura e lo sviluppo della mente umana, tanto da divenire uno strumento molto utile per gli educatori e i pedagogisti. Inoltre ci permette anche di capire perché una fetta degli spettatori di Avatar è così sensibile alla sua visione e ai suoi temi trattati, al di là del contesto storico di riferimento.

Alcuni di noi possiedono livelli molto alti in tutte o quasi tutte le intelligenze, mentre altri hanno sviluppato in modo più evidente solo alcune di esse. Questo forse è il dato più importante che bisogna assimilare per comprendere le differenze all’interno di una popolazione. Le intelligenze proposte da Gardner sono: intelligenza logico-matematica, quella linguistica, intelligenza musicale, corporea ed astratta/spaziale, intelligenza intrapersonale, interpersonale e infine – forse le più importanti per la PADS – l’intelligenza ambientale o naturalistica e l’intelligenza spirituale o esistenziale. Queste ultime forme di intelligenza possono essere molto collegate fra di loro, qualora il soggetto esprime una sensibilità notevole nei confronti dell’ambiente o del creato, tanto da spingere secondo alcuni studiosia credere che abbiano permesso ai nostri antenati di maturare una coscienza e a creare il concetto di spirito e di Dio.

Tra le persone che dunque stanno soffrendo di depressione post visione di Avatar potrebbero essere quelli dotati di una intelligenza naturalistica e esistenziale maggiormente sviluppata, che li costringe ad immedesimarsi e a creare paragoni – tra l’altro voluti da Cameron – con i problemi realmente esistenti sul pianeta Terra.

Tra l’altro non è una novità che il regista canadese si sia ispirato al disboscamento massivo della foresta amazonica, alla storia dei nativi americani, alla caccia selvaggia alle balene, allo sterminio dei bisonti e alla sesta estinzione di massa. Argomenti che esistevano già tredici anni fa, ma che ora risaltano ancora maggiormente nella trama del film, in quanto il mondo ormai non può più considerarsi inconsapevole di questi problemi e ci sono ancora un maggior numero di persone preoccupate per il futuro dell’ambiente, degli esseri umani e delle altre specie.

Daniel Goleman inoltre con la sua teorizzazione dell’intelligenza emotiva ci permette di comprendere anche perché persone dotate di capacità empatiche notevoli siano anch’essi predisposti a subire di riflesso ore di tristezza, andando al cinema per vedere Avatar la via dell’acqua. Tutto sarebbe da imputare alla loro sensibilità, che li spingerebbe a comprendere meglio degli altri le sensazioni, i pensieri e le emozioni espressi dai volti digitalizzati degli attori, per quanto estranianti e distanti dal loro contesto quotidiano.

Forse, a seguito di queste riflessioni, il pubblico che è preoccupato per la PADS non dovrebbe porsi il problema se sia il caso o meno di andare a vedere il film al cinema o del perché questi avvenimenti avvengono. Sarebbe forse opportuno domandarsi quale insegnamento si possa trarre da questa storia. Ribadendo che la PADS non è una condizione clinicamente riconosciuta, sembra infatti che – per quanto disturbante per chi ne soffre – tale fenomeno non abbia una vera connotazione negativa.

Gli spettatori più sensibili e attenti ai cambiamenti climatici sembrano solo essersi immedesimati così tanto nei popoli Na’vi da rimanere turbati da quello che sta realmente avvenendo nel nostro mondo. Questo potrebbe perfino spingere qualche spettatore a migliorare il proprio comportamento o ad effettuare delle scelte diverse, nel proprio piccolo contesto quotidiano. Il turbamento offerto dunque dai due Avatar potrebbe essere visto come parte di un processo educativo, che sta inducendo alcuni degli spettatori a preoccuparsi o a volersi prendere maggiore cura della Terra.

Bisogna infatti anche ricordare che dal 2009 al 2022 la situazione sembra essere anche peggiorata. Molte specie ancora viventi nel 2009 oggi sono estinte. I mari sono più inquinati. Il mondo più povero di risorse. Che Avatar: la via dell’acqua possa dunque far scaturire un malessere etico nei confronti dei danni che ogni giorno la nostra specie reca al mondo, all’interno di una piccola fetta della popolazione, forse potrebbe essere considerato allora un altro punto a favore della pellicola.

di Aurelio Sanguinetti

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