Le Otto montagne di Paolo Cognetti al cinema

Il racconto di come la montagna unisce i cuori degli uomini

Alessandro Borghi e Luca Marinelli sul set di Le Otto montagne (fonte: cinemaserietv.it)

Tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti (vincitore del Premio Strega 2017), Le Otto montagne racconta la storia dell’amicizia tra Pietro (Luca Marinelli) e Bruno (Alessandro Borghi), diversissimi tra loro ma uniti dall’amore per la montagna e per gli spazi aperti. Si conoscono a Grana, in un paesino di montagna del Piemonte, e lì passano le estati insieme. Tuttavia, l’idillio dell’amicizia va incontro alla crescita dei due ragazzi e, in particolare, l’allontanamento avviene a seguito della decisione del padre di Bruno di portarlo con sé nei cantieri in Svizzera piuttosto che farlo andare a scuola. Così i due amici si separano e si rincontreranno di lì a dieci anni dal loro primo incontro e sarà proprio la montagna a riunirli.

Una storia vera e umana di un’amicizia che non ha confini

La visione del film, girata in 4:3 (formato quadrato) colpisce per poetica e per forza. Il rapporto tra Pietro e Bruno è intenso, fatto di poche parole e basato su sguardi d’intesa, sulla fiducia che si ha nella persona che si ha di fronte, un po’ come quando si è in cordata e ci si fida dei passi che il proprio compagno fa davanti a noi.

Così i due personaggi entrano nel cuore dello spettatore, che si commuove dinnanzi al forte legame che li unisce e che viene reso sacro dalla montagna stessa.

Tutta la storia è giocata sul rapporto dei due amici che non è mai semplice, ma è difficile come scalare una montagna: ciò che viene portato sullo schermo è una storia umana, fatta di errori e di scelte, di pensieri e paure, di accettazione e di fiducia… ma a dispetto di quando ci si aspetterebbe i dialoghi sono pochi, ben studiati e molto potenti. In montagna non si parla molto, si cammina e si pensa, ed è così come si presenta il film di Felix van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, i coniugi che hanno curato la regia di quest’opera cinematografica.

Non c’è solo la storia dell’amicizia tra i due protagonisti, anche se la montagna è posta sullo sfondo, essa è onnipresente nel film (entra in netto contrasto con le riprese di Torino dove abitano Pietro ed i suoi genitori) e ne rappresenta l’epicentro di tutto.

Le montagne immobili ed immutabili, silenziose e possenti che catturano lo sguardo sia dei protagonisti che degli spettatori fanno da padrone in questa magnifica pellicola. La montagna che non perdona, che mette a dura prova chiunque, non solo con le scalate sui suoi pendii, ma anche mettendo alla prova lo stesso umano che si avventura sui sentieri: la scalata non è solo su di essa, ma è anche e soprattutto all’interno del nostro io.

Luca Marinelli sul set (fonte: moviemeter.nl)

Tutta la storia non è solo una riflessione sulla difficoltà delle relazioni umane, ma anche un acuto e profondo pensiero relativo al rapporto uomo-naturaNatura che è definita così da noi uomini di città perchè, un po’ come dice Bruno “È così astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perché non serve a niente”. Bruno vive e vede la montagna come fonte di vita, non la vede come puro svago dove si può sfruttare il terreno per la costruzione di impianti. Essa, per lui, rappresenta il suo luogo di vita, dove è nato e cresciuto. È la madre che non ha mai avuto e il padre che gli ha insegnato a crescere: è la fonte della sua felicità, la sua casa.

Uscito dalla sala, il pubblico è silenzioso, è perso nella storia che ha appena concluso di vedere e la malinconia verso la montagna prende il sopravvento, richiamando alla mente i posti cari: un sentiero, un pascolo che sa di giovinezza e di libertà. Leggete Le Otto montagne, perdetevi sui sentieri di montagna per potervi ritrovare, non ve ne pentirete.

di Erika V. Lanthaler

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*