Bruce Willis: i successi e la malattia di una stella (ancora viva) di Hollywood

Dopo oltre quarant’anni di carriera, una lista interminabile di pellicole e il ritiro dalle scene il marzo scorso, la famiglia dell’attore statunitense aggiorna il grande pubblico sull’aggravarsi della sua situazione di salute e annuncia la diagnosi di demenza frontotemporale

Stella di Bruce Willis nella Walk of Fame (fonte: Encircle Photos)

L’ex moglie Demi Moore, le figlie e l’attuale moglie (Emma Heming), nel marzo dell’anno scorso avevano dato l’annuncio del ritiro dalle scene di Willis, a causa di una diagnosi di afasia: un disturbo del linguaggio che compromette le capacità comunicative e, di conseguenza, gli impedisce di recitare, il quale può essere un ‘fattore sentinella’ di una malattia neurologica.

Ed è proprio ad inizio febbraio di quest’anno che, sempre la famiglia dell’attore americano, 67 anni, ha fatto sapere ai fan in un post breve ma coinciso che le sue condizioni di salute sono peggiorate drasticamente nell’ultimo anno e, con il progredire della malattia, l’iniziale diagnosi di afasia si è trasformata in una diagnosi più specifica di demenza frontotemporale (FTD), disturbo che porta a severe conseguenze sul linguaggio, la personalità e il comportamento della persona.

La malattia e la speranza della famiglia

Il termine generico di demenza frontotemporale fa riferimento ad un gruppo di disturbi cerebrali che colpiscono principalmente (come fa intuire il nome) il lobo frontale e temporale del cervello, portando così alla difficoltà nel riconoscere le persone, i nomi di queste e di ‘ritrovare’ le parole, riconoscerne i loro significato e concetto, portando gravi lacune al linguaggio stesso. È una delle forme di demenza degenerativa più frequenti dopo l’Alzheimer, ma meno conosciuta perché meno frequente, più rara e, al momento, senza cura.

La stessa famiglia, in un comunicato stampa sul sito dell’associazione statunitense che si occupa della demenza frontotemporale (AFTD) dichiara che questa è “una malattia crudele di cui molti di noi non ne hanno mai sentito parlare, ma che può colpire chiunque. Per le persone sotto i 60 anni” – continua il comunicato – “la FTD è una delle forme più comuni di demenza e poiché ottenere la diagnosi può richiedere anni, è probabilmente molto più diffusa di quanto sappiamo”.

Proseguendo nel comunicato, però vi è anche la speranza che l’attenzione dei media possa essere focalizzata non solo sulle condizioni dell’attore, ma sul far luce su questa malattia che “necessita di molta più consapevolezza e ricerca”, poiché “se potesse oggi, lo stesso Bruce vorrebbe rispondere portando l’attenzione globale e un legame con colore che stanno affrontando questa malattia debilitante e il modo in cui ha un impatto su così tante persone e le loro famiglie”.

Da J. Fox a Nicholson: come le star affrontano la malattia

Molti altri personaggi famosi hanno deciso di utilizzare la loro popolarità per parlare della propria malattia e, in questo modo, sensibilizzare l’opinione pubblica, trovando un esempio nella testimonianza di Michael J. Fox, il quale ha parlato della sua malattia di Parkinson nel 2006, quando ha parlato al primo Congresso mondiale sul Parkinson, parlando della consapevolezza e la ricerca della sua condizione, dichiarando che “ci sono voluti sette anni tra quando mi è stata diagnosticata la malattia a quando l’ho resa pubblica”.

Caso completamente distante da quello di Fox è quello del compianto attore e comico Robin Williams, il quale è stato ritrovato privo di vita nell’agosto del 2014 nella sua abitazione. Solo in seguito alla notizia, la moglie ha reso nota la malattia della quale era affetto l’attore, la demenza da corpi di Lewy, la quale aveva una sintomatologia molto simile al morbo di Parkinson, ma dalla degenerazione molto più rapida.

Più recentemente, altri personaggi conosciuti sono spariti dalle scene, come il pluripremiato premio Oscar Jack Nicholson, il quale vive confinato nella propria casa da oltre un anno, dopo la sua ultima apparizione pubblica ad una partita di basket dei Los Angeles Lakers, nell’ottobre del 2021, senza far trapelare nessuna informazione sul suo stato di salute psicofisica.

Una carriera costellata di generi e film cult

Nonostante abbia dovuto abbandonare la recitazione, Bruce Willis è riuscito ad imprimere il proprio nome nella storia del cinema americano (e non solo), anche nel vero senso della parola nel 2006, sulla Walk of Fame per meriti cinematografici. Con una carriera quarantennale come attore e produttore cinematografico, debutta all’inizio degli anni Ottanta nella serie televisiva Moonlighting, trovando immediatamente un riscontro positivo nel pubblico tanto che, nel 1987, vinse un Golden Globe e un Emmy come miglior attore di una serie comedy. Ritrovandosi a partecipare nuovamente in una sitcom (Friends), vince il suo secondo Emmy come miglior ospite in una serie televisiva.  

Il ruolo però che lo ha consacrato come star di Hollywood è stato quello di attore protagonista nei panni del poliziotto John McClane nel film Trappola di cristallo (1988), primo capitolo della saga cinematografica Die Hard, la quale ha dato vita ad altri cinque film nel corso degli anni: 58 minuti per morire – Die Harder (1990), Die Hard – Duri a morire (1995), Die Hard – Vivere o morire (2007) e Die Hard – Un buon giorno per morire (2013), tutti vincenti di incassi.

Trappola di cristallo (fonte: movieplayer.it)

Grazie alla sua ironia e al suo temperamento, viene scritturato anche come doppiatore nei film Senti chi parla (1989) e Senti chi parla 2 (1990) al fianco di John Travolta e Kristie Alley, prestando la voce al figlio dei due attori, Mikey; nel 2019 ha anche interpretato il suo alter ego in formato Lego nel film d’animazione The Lego Movie 2: Una nuova avventura.

Tra le sue interpretazioni più iconiche degli anni Novanta troviamo un ruolo nel film cult Pulp fiction (1994), diretto da Quentin Tarantino, nel quale impersona il pugile corrotto Butch Coolidge, con il collega già citato John Travolta e Uma Thurman, dimostrando di poter destreggiare un personaggio ambivalente, con tratti estremamente duri nel fronteggiare i suoi avversari, contrapponendosi con tratti più romantici nella vita privata con la fidanzata Fabienne (Maria de Medeiros). Nel 1998 partecipa ad Armageddon – Giudizio finale, film fantascientifico diretto dal colosso registico del genere James Cameron, portando in scena uno dei principali successi di Willis a livello di botteghino e iniziando, ritornando ai film d’azione di cui è famoso, oltre ad altre pellicole più ‘psicologiche’ alle quali prenderà parte, come in L’esercito delle scimmie (1995), nel quale si narra la storia di un futuro distopico.

Pulp fiction (fonte: movieplayer.it)

Anni 2000: sperimentazione e grandi ritorni

Dopo il successo de The Sixth Sense – Il sesto senso (1999), thriller ossessivo che tutt’ora viene considerato un cult, il quale porta la recitazione di Willis ad un livello successivo, tanto che nei primi anni del nuovo millennio dichiara di non voler più prendere parte a film d’azione, arrivando (nel 2005) a recitare i panni di un detective di polizia in un noir in bianco e nero; fuori dai canoni tradizionali, Sin City è diretto da Robert Rodriguez e tratto dalla graphic novel di Frank Miller.

Willis continua a rimanere distante dai generi action, interpretando il ruolo del capitano Sharp in Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore (2012) di Wes Anderson, pellicola romantica dedicata alla fanciullezza e alla fuga dagli adulti.

Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore (fonte: cinefilos.it)

Questo allontanamento dall’azione però viene meno nello stesso anno con Looper, fino ad arrivare ad un altro film di puro intrattenimento (tra sparatorie e sangue) come Il giustiziere della notte – Death Wish (2018), nel quale il chirurgo Paul Kersey (Bruce Willis) assiste all’omicidio di sua moglie da parte di tre malavitosi, decidendo così di compiere la sua vendetta, aiutando i cittadini in difficoltà di Chicago e indagando personalmente nella ricerca degli assassini della moglie.

Il suo ultimo progetto come attore, Assassin, ha visto la data ufficiale di uscita pochi giorni dopo l’annuncio della diagnosi di demenza; il film, che uscirà nelle sale il 31 marzo, fa parte di una serie di film fantascientifici d’azione. Nel corso della sua carriera, Willis ha recitato in più di cento film, di cui undici nell’ultimo anno prima del ritiro dalla recitazione; quest’ultimo non solo porterà nuovamente in scena l’attore, ma ne ricorderà indubbiamente l’eredità cinematografica che ci ha lasciato.

Di Beatrice Guaita

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*