Pier Paolo Pasolini e Parma, la mostra al museo APE

Fino al 26 marzo, al museo APE in via Farini, si tiene la Mostra "Pier Paolo Pasolini e Parma" in onore del regista bolognese e del suo vissuto nella città di Parma. Un viaggio alla scoperta di un capitolo della vita del regista, che ha segnato l'inizio della sua carriera nel mondo del cinema.

Nel 2022 è stato celebrato il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini con importanti eventi a Bologna, Casarsa e Roma, i tre centri di riferimento nella vita dello scrittore; a Parma lo si è voluto ricordare con la mostra Pier Paolo Pasolini e Parma (mostra realizzata da Fondazione Monteparma e dal Circolo del Cinema Stanley Kubrick di Parma), che si tiene presso il museo APE dall’8 dicembre dello scorso anno al 26 marzo 2023. Per approfondire meglio abbiamo intervistato il curatore della mostra: Primo Giroldini.

foto della mostra

Da dove nasce l’idea di questa mostra?

“Realizzare una mostra che ripercorresse tutta la sua vita sarebbe stato stato impensabile, pertanto abbiamo ristretto il campo di ricerca ai rapporti che Pasolini ha avuto con Parma, in particolare negli anni Cinquanta e in parte degli anni Sessanta” ha riferito Primo Giroldini. Infatti, nonostante Parma sia stata sicuramente una città importante per Pasolini, solitamente nelle biografie questo passaggio non viene approfondito. “Il fatto che fosse vissuto a Parma mi ha indotto come prima forma di ricerca a rivolgermi all’archivio comunale, ma senza risultato. Grazie al fatto che il padre, Carlo Alberto Pasolini, faceva parte dell’esercito e a Roma sono schedati tutti i militari italiani a partire dal 1861, siamo riusciti a trovare il suo fascicolo da cui è iniziata la ricerca“.

Quando è avvenuto il primo incontro con Parma?

Proprio da questo documento, ci ha spiegato Primo Giroldini, sappiamo che “il tenente Carlo Alberto Pasoli e la madre Susanna Colussi si traferiscono a Parma col piccolo Pier Paolo nel settembre del 1923, soggiornando in un’ala del palazzo di Parco Ducale”.. Ritornò poi nei primi anni Quaranta grazie all’amico Franco Farolfi, con cui intrattenne un intenso scambio epistolare. Continaundo la visita, si trovano alcuni versi di un’ode, raccolta all’interno di un’antologia della poesia italiana pubblicata nel 1949, in cui ripercorre le città d’Italia in cui ha vissuto, tra cui, subito dopo Bologna, città natia, proprio Parma. Tra gli elementi che gli fanno ricordare la città con piacere ricorda il sorriso della madre, una figura importantissima per tutta la sua vita.

foto della mostra

L’incontro con Attilio Bertolucci

Il rapporto più importante però con Parma verrà creato invece grazie all’incontro col poeta Attilio Bertolucci, più grande di lui di 11 anni. Il loro primo incontro avviene a Roma grazie allo scrittore ferrarese Giorgio Bassani, nella primavera del 1951, quando Attilio stava lavorando ai testi di alcuni documentari, realizzati per la Cittadella Film, insieme ad Antonio Marchi che si sarebbe occupato della regia. “Già il primo incontro è fondamentale, perchè Attilio riconosce nel giovane bolognese qualcuno con la stessa sensibilità e le stesse capacitò: il poeta riconosce l’altro poeta”. Sarà proprio lui a consentirgli di iniziare ad esser pubblicato. Infatti, Attilio è il responsabile della collana La Fenice della casa editrice Guanda a Parma. “Arrivato in città, Pasolini comiciò a frequentare la casa editrice, pubblicando con essa un primo libro nel ’52 e un secondo nel ’55; ma l’incontro più importante di questo periodo, reso sempre possibile da Attilio, fu quello con Garzanti che gli consentì, nel ’55, di pubblicare Ragazzi di vita, primo romanzo fondamentale nella sua carriera”.

Un altro degli intellettuali attorno alla figura di Bertolucci è Mario Colombi Guidotti, che Pasolini conoscerà nel 1953 a un convegno palermitano, organizzato da Leonardo Sciascia. Nel 1951 Colombi Guidotti crea, all’interno della gazzetta di Parma, con Francesco Squarcia, una pagina di cultura e di lettere, intitolata Il raccoglitore. “Era un unico foglio, scritto dal ’51 al ’59, in cui ogni quindici giorni venivano pubblicate opere di diversi autori. Addirittura questa pagina veniva stampata autonomamente e inviata in diversi centri culturali in modo che tutta la comunità intellettuale italiana fosse messa al corrente, anche perché questo fu il primo caso in Italia di inserto culturale all’interno di un quotidiano. Anche Pasolini ci pubblicò alcune poesie inedite, iniziando a collaborarci.”

Nel 1955 Mario Colombi Guidotti perse la vita in un incidente automobilistico. In suo onore quello stesso anno gli intellettuali parmigiani istituirono un premio letterario intitolato a lui e la sua prima edizione venne vinta proprio da Ragazzi di vita, quando il romanzo era stato già sequestrato e Pasolini e Garzanti erano ancora sotto processo, da cui saranno prosciolti e compeltamente assolti.

Cittadella Film

Negli anni Cinquanta Pasolini iniziò a dedicarsi anche al cinema, collaborando con diversi autori del periodo. In questo fu sicuramente importante il rapporto che ebbe con la Cittadella Film, un’associazione di produzione cinematografica, nata a Parma nell’immediato dopo guerra con l’intento di creare documentari a cui collaborarono vari autori e sceneggiatori. Anche Pasolini collaborò con loro proponendo alcuni soggetti ambientati in Friuli nel dopoguerra. Tra il 1955 e il 1956 realizzò con Bassani e Marchi alcuni soggetti che però non verranno sviluppati. Realizzeranno anche la sceneggiatura di Fuoco di paglia (sabato sera), ma anche questa non diventerà mai un film. In seguito Bassani e Pasolini mostreranno l’intento di realizzare alcuni progetti, ma non riusciranno mai a dargli vita.

foto della mostra

Spettacolo teatrale Uccellacci e uccellini

Nel 1967 già esisteva a Parma il Centro Universitario Teatrale, formato da un gruppo di giovani che decide di portare in teatro Uccellacci e uccellini di Pasolini. “Il film era uscito l’anno precedente e decidono di mettere in scena la trasposizione teatrale di un film cinematografico; è forse una delle prime volte in cui viene fatta una cosa del genere. Recuperano la sceneggiatura integrale, decidendo di rappresentarla per intero; infatti, il testo originale prevedeva delle parti che nella versione cinematografica non erano state inserite.” Lo spettacolo venne recitato in due repliche e lo stesso Pasolini ne fu molto entusiasta. Nell’85 lo spettacolo fu poi ripreso con molti degli attori principali delle prime repliche teatrali e con l’inserimento di diversi attori che avevano partecipato alla realizzazione del film originale.

In mostra sono presenti anche tre disegni realizzati dallo stesso Pasolini per il suo film che originariamente erano destinati a Bernardo Bertolucci, ma non furono mai inviati.

Film La rabbia

Nel 1963 Pasolini partecipò alla realizzazione del film La rabbia, voluto dal produttore Gastone Ferranti che chiese di realizzare un documentario di montaggio, prendendo i materiali da un fondo di sua proprietà che comprendeva video dal secondo dopo guerra al 1962/’63. Pasolini realizzò un filmato di un’ottantina di minuti, aiutato da Giorgio Bassani e Renato Guttuso, che venne giudicato da Ferranti con una visione troppo di sinistra. Per bilanciare questa visione, commissionò allora a Giovannino Guareschi un altro filmato. Alla fine venne realizzato un documentario in due parti: 50 minuti di un regista, 50 minuti dell’altro.

Il film fu poi presentato a Genova nell’aprile del 1963, rimase in cartellone tre giorni e venne ritirato dopo tre giorni dalla Warner Bros., casa di produzione del film, perché, nonostante la notevole differenza di visione dei due, entrambi riproducevano una visione totalmente antiamericana di ciò che era accaduto.

foto della mostra

Il rapporto con Bernardo Bertolucci

Un altro fondamentale rapporto nella vita di Pasolini fu quello che strinse con il più giovane Bernardo Bertolucci. Il loro primo incontro importante avviene nel 1959, quando Pasolini gli propone di essere aiuto regista di Accattone, film del suo debutto cinematografico. Finito nel ‘61, Pasolini vorrebbe realizzare già un altro film La commare secca, ma preferisce dedicarsi alla realizzazione di Mamma Roma, con Anna Magnani, e cede il progetto a Bernardo, che lo dirigerà a Roma, facendolo uscire l’anno dopo. Questo fu il suo debutto come regista cinematografico, ma sarebbe stato anche il suo ultimo film pasoliniano, perché nonostante l’importanza che per lui ebbe il regista bolognese, i suoi veri maestri furono i rappresentanti della Nouvelle Vague, e in particolare Jan Luc Godard. E infatti, il suo vero film d’esordio fu Prima della rivoluzione, girato a Parma nel ’63 e uscito l’anno successivo, in cui evidenzia una notevole influenza di questo movimento nel suo linguaggio cinematografico. “La loro amicizia continua, anche se intraprendono due carriere parallele, però c’è l’impegno politico di fondo in comune, finchè nel 1973 esce Ultimo tango a Parigi“. Il film renderà Bernado famoso a livello internazionale, ma Pasolini non lo apprezzò molto, e questo portò fondamentalmente alla fine dei loro rapporti.

foto della mostra

“Finchè Laura Betti, amica di entrambi, organizzò a marzo del 1975 una partita di calcio, perchè il calcio è una passione di Pasolini, pensando fosse l’occasione perfetta per farli riavvicinare. La sede è il campo centrale della cittadella. Il 16 marzo del ’75 ci sono due squadre che si affrontano: una è la troupe di Novecento di Bernardo, che stava girando in questi luoghi, l’altra è la troupe di Salò, ultimo film di Pasolini che stava girando a Mantova.” Secondo gli accordi le due squadre dovevano essere composte soltanto dai membri tecnici dei due set; in realtà Bernardo, volendo vincere la partita a tutti i costi, fece ingaggiare quattro giocatori semi professionisti. Inizialmente la squadra di Pasolini arrivò in vantaggio 2-0, poi lui fu costretto ad abbandonare il campo prima, e la situazione si ribaltò; infatti, Bernardo vinse con tre punti di vantaggio e a fare la differenza fu in particolare Enrico Catuzzi, che allora giocava nel Fiorenzuola. Nelle fotografie in mostra i rapporti sembrano apparentemente amichevoli, in realtà Pasolini capì l’inganno e questo portò alla definitiva conclusione dei loro rapporti. Invece continuò ad essere fortissimo il legame con Attilio.

di Nicola Sabatelli

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