Il doppiaggio italiano è destinato a fallire?

I doppiatori italiani, in sciopero da una settimana, chiedono migliori condizioni di lavoro e tutele dalla minaccia dell’Intelligenza artificiale. Ne abbiamo parlato con la prof.ssa Martin

Fonte: wired.it

Da fine febbraio ormai si prolunga lo sciopero dell’Associazione Nazionale Attrici e Attori Doppiatori che, in crisi da anni, chiede un adeguamento degli orari di lavoro e il rinnovo del contratto collettivo rimasto invariato dal 2008.

Un settore che in Italia vanta un vero e proprio patrimonio culturale ed artistico unico nel suo genere, che crea una ricchezza di oltre 100 milioni di fatturato all’anno con centinaia di professionisti attivi. Ciononostante, a questa industria non viene data la giusta attenzione e le recenti polemiche ne sono una prova.

Un settore in crisi

L’associazione chiede ad Anica e ai grandi colossi delle piattaforme di streaming come Amazon e Netflix un contratto nazionale da ormai 15 anni. Da allora un doppiatore prende lo stesso stipendio in media di circa 1800€ netti al mese con condizioni di lavoro sempre più precarie. I ritmi di lavoro diventano ogni anno più insostenibili per l’aumento delle produzioni audiovisive delle grandi major dell’industria, che richiedono un doppiaggio in tempi sempre più ristretti.

“Da quel che ho letto mi sento di condividere la polemica. I doppiatori si ritrovano con una massa abnorme di contenuti da doppiare senza avere il tempo di riuscire a lavorare in maniera professionale”, spiega la prof.ssa Sara Martin, docente dell’Università di Parma di Cinema e Televisione.                                                    

“Un doppiatore è un attore, deve conoscere il copione, deve entrare nella parte, deve riuscire a calarsi all’interno del ruolo. Con i tempi del doppiaggio, soprattutto nella serialità, in cui una serie viene rilasciata negli Stati Uniti il mercoledì, si presume che in meno di una settimana debba essere in Italia la versione doppiata. È chiaro che si ritrovano con orari massacranti e con un numero limitato di personale qualificato a disposizione”.

Primi in Europa

Fonte: Lascimmiapensa.com

L’Italia è la prima in Europa nel doppiaggio a differenza di paesi come Spagna, Germania, Francia, che fanno largo uso dei sottotitoli.

Secondo la prof.ssa Martin “Nell’arte del doppiaggio l’Italia è la prima e la migliore al mondo nel doppiare film, con professionisti serissimi, alcuni dei quali sono diventati attori e doppiatori importantissimi. In Italia c’è una scuola tradizionalmente importante di doppiaggio soprattutto perché una grande parte dei registi del cinema italiano ha sempre preferito lavorare in post-produzione con doppiaggio. La presa diretta in Italia è qualcosa che ci appartiene molto poco a livello cinematografico; pertanto, da Fellini in avanti i film italiani sono tradizionalmente doppiati”.

Prosegue la Martin “Altri paesi, come la Francia che doppia pochissimo e la Germania, non hanno sviluppato una scuola di doppiaggio, perché da una parte è sempre stata prediletta la presa diretta e dall’altra -questo è stato il male dell’Italia- è stato sempre preferito il film in versione originale. In Italia invece siamo abituati ad avere il doppiaggio di tutto. Anche nel cinema ci è difficile vedere un film in lingua originale. All’estero è una ricorrenza, lo spettatore è abituato a leggere i sottotitoli”.

Meglio il doppiaggio o l’originale con sottotitolo?

Il futuro dell’audiovisivo passa per le piattaforme di streaming, che rende possibile sia la visione in lingua originale che doppiata nelle principali lingue. Tuttavia, il pubblico dello streaming on demand si divide in due categorie: i fedelissimi dei film in lingua originale e chi invece non disdegna il doppiaggio (specialmente quello italiano).

Abbiamo fatto la stessa domanda alla prof.ssa Martin, che ci dice: “Dipende dal tipo di opera. Nel senso che se parliamo di un’opera con un impianto scenografico importante io la preferisco doppiata, perché nel momento in cui leggo il sottotitolo perdo delle parti di scena. Per quanto uno sia allenato è costretto a perdere dettagli. In una commedia, con caratteristiche che hanno molto a che fare con il dialogo, preferisco in lingua originale per apprezzare la performance dell’attore. Se mi trovo di fronte a un kolossal con degli effetti speciali e una scenografia importanti lo preferisco doppiato”.

Fonte: wecanjob.it

Un futuro incerto

Alla situazione già drammatica dell’industria si aggiungono le incertezze per il futuro e la minaccia della tecnologia. L’Intelligenza artificiale è un fattore sempre più pericoloso per i lavoratori di questo settore che, per colpa della digitalizzazione dei processi produttivi, rischiano di essere disumanizzati ed entro poco tempo liquidati e sostituiti da voci prodotte digitalmente.

Secondo la prof.ssa Martin “Le nuove generazioni non preferiscono il doppiaggio. Ho la sensazione che nel tempo sarà una pratica molto meno diffusa. Se chiedo adesso in aula ai miei studenti se preferiscono vedere un episodio pilota di una serie in lingua originale o doppiata, il 75% della classe mi risponde di preferire l’originale. Anche solo cinque o sei anni fa preferivano il doppiato”.

“C’è un cambio generazionale -prosegue la professoressa- dovuto anche al fatto che la lingua inglese è conosciuta molto meglio. Una percentuale molto più alta di ragazzi giovani è in grado di guardare un audiovisivo in lingua inglese afferrando il 90% di quanto viene detto. Tra i Social e Youtube siamo completamente invasi da contenuti audiovisivi che non hanno doppiaggio e quindi siamo obbligati a riceverli in lingua inglese. Pertanto, diventa una consuetudine”.

Non dimentichiamo allora il ruolo decisivo che i doppiatori hanno nell’economia dell’audiovisivo svolgendo una funzione essenziale nell’industria.

di Laura Meligeni

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