Donne che hanno rivoluzionato la scienza nella Medicina: Montalcini, Wright e Blackwell

È un fatto scientifico: le donne nelle scienze sono state formidabili! Questa affascinante rubrica presenta i ritratti delle donne scienziate che hanno rivoluzionato la storia delle scienze. Iniziamo con la Medicina

Donne che hanno rivoluzionato la scienza, è il titolo di questa rubrica dedicata a personaggi femminili che si sono adoperate nelle materie scientifiche, rivoluzionandone la storia. Prenderemo in esame donne scienziate del passato e del presente che, a modo loro e nel loro periodo, hanno segnato punti di svolta fondamentali nella storia delle scienze.

Medicina, fisica, matematica e molte altre saranno le categorie prese in esame in questi articoli in cui si possono trovare nomi di scienziate che quasi sempre non hanno ricevuto un degno riconoscimento. Le cause sono svariate, ma se volete saperne di più vi invitiamo a leggere l’articolo dedicato al gender gap nella scienza.

Le donne che hanno rivoluzionato la medicina

Intuibile dal titolo, in questo articolo analizzeremo tre personaggi fondamentali nella storia della ricerca medica: Rita Levi Montalcini, Jane Cooke Wright ed Elizabeth Blackwell.

Rita Levi Montalcini

Rita Levi Montalcini è un simbolo mondiale della medicina. Nata nel 1909 e scomparsa pochi anni fa, nel 2012, la signora Levi Montalcini è vissuta un secolo e poco più e, per tutta la durata della sua vita è stata fonte di ammirazione e riconoscimento. Nel 1986 vinse il Nobel per la medicina, prima donna italiana a raggiungere questo traguardo.

Come per la maggior parte delle donne che saranno prese in analisi nei prossimi articoli, anche per Rita la strada verso una carriera di successo ha richiesto sacrifici, dedizione e soprattutto tantissima determinazione. Fu proprio suo padre ad opporsi alla sua decisione di iscriversi alla facoltà di medicina, ma a nulla valse il suo divieto davanti al coraggio di rompere le regole della figlia. Così, nel 1930, Rita si iscrisse alla facoltà di medicina di Torino. Molti non sanno che lei era nata da famiglia ebrea, e questo, nel 1938, a seguito dell’emanazione delle leggi raziali, la costrinse a fuggire in Belgio. All’università Rita iniziò lo studio del sistema nervoso, ma anche una volta espatriata, la sua sete di conoscenza per questo braccio della medicina non si fermerà. Infatti, nella sua camera da letto allestì una sorta di laboratorio dove scoprì il processo legato alla morte delle cellule cerebrali, successivamente chiamato lapoptosi. In quanto medico prestò servizio nelle forze alleate nel 1944, durante una forte epidemia di tifo. Fu un’esperienza difficile tanto che lei stessa dichiarò di ritenersi fortunata ad esserne uscita viva.

La sua attività di ricerca riecheggiò in tutto il mondo e, nel 1947 fu invitata in America per prendere una docenza temporanea presso la Washington University. Vi rimase oltre trent’anni durante i quali scoprì la molecola proteica “NGF” (inglese nerve growth factor, FNC in italiano: fattore di crescita nervoso). Si tratta di una proteina che lavora nello sviluppo del sistema nervoso nei vertebrati, ed è composta da due unità di 118 aminoacidi.

I riconoscimenti della scienziata non si limitarono solo al Nobel. Nel 1987 fu anche onorificata dal Presidente degli Stati Uniti (Ronald Reagan) con la National Medal of Science, l’onorificenza più alta del mondo scientifico statunitense. Rita Levi Montalcini fu una donna coraggiosa, determinata e partecipe dell’attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell’aborto.

Jane Cooke Wright

Meno nota di Rita Levi Montalcini, ma altrettanto degna di merito. Jane Cooke Wright fu una medica oncologa che cambiò le sorti della pratica clinica in oncologia ed ematologia. Quasi coetanea della Levi Montalcini, Jane nacque nel 1919 negli USA, figlia di una famiglia di medici.

Nel 1948 suo padre fondò la Harlem Hospital Cancer Research Foundation il cui scopo era quello di incoraggiare ulteriori studi sulla chemioterapia, una terapia che all’epoca era piuttosto nuova. Jane affiancò suo padre nella ricerca fino alla fine dei giorni di quest’ultimo, scomparso nel 1952, quando Jane aveva solo 33 anni. Fu a quell’età che lei si ritrovò ad essere direttrice del centro di ricerca e fu chiamata ad entrare nel corpo docente del Medical Center della New York University come direttore per la ricerca sul cancro. Non solo si trattava di una donna eletta ad un titolo di tale prestigio, ma quello che potrebbe stupire ancor di più – vista l’epoca – è che Jane era una donna afroamericana figlia di un afro-americano e nipote di un uomo nato schiavo e che fu tra i primi a riuscire ad entrare nella prima scuola di medicina per studenti afroamericani.

Nel 1967, Jane divenne docente di chirurgia e direttrice del Dipartimento di chemioterapia nonché vicepresidente del New York Medical College. Nel 1971 fu promossa a prima donna presidentessa della New York Cancer Society.

Uno dei traguardi che la rese davvero fiera e che segna la storia della medicina oncologica fu la fondazione dell’ American Society of Clinical Oncology (1964) assieme ad altri sei oncologi al fine di portare le esigenze dei pazienti nella pratica clinica in oncologia. Si trattava di uno scenario fuori dal comune per il periodo storico. Di fatto, quando fu fondata l’American Society of Clinical Oncology, i Civil Rights Act non erano stati ancora approvati. Jane Cooke Wright dichiarò nel 1967: “So di far parte di due minoranze, ma non penso a me stessa in quel modo. Certo, una donna deve faticare il doppio. Ma pregiudizio razziale? Ne ho incontrato pochissimo”. Jane si spense nel 2013, all’età di 93 anni. A lei si devono non solo l’ammirazione per il coraggio dimostrato nel sapere lottare il doppio rispetto ai suoi colleghi uomini, ma dal punto di vista puramente scientifico, l’importanza di Jane Cooke Wright per l’oncologia è innegabile. Fu anche grazie a lei che la chemioterapia è diventata un’opzione quasi di prassi in molti casi di cura nei tumori.

Elizabeth Blackwell

Concludiamo questo primo “capitolo” della rubrica donne che hanno rivoluzionato la scienza con una scienziata di non meno importanza rispetto alle prime due citate, ma della quale, probabilmente avrete sentito parlare meno. Con Elizabeth Blackwell (1821 – 1910) facciamo un passo indietro nel tempo spostandoci tra America e Inghilterra. Elisabeth visse nel diciannovesimo secolo e, diversamente dalle prime due scienziate di cui abbiamo parlato pocanzi, non fu affatto interessata ne influenzata a studiare medicina.

L’evento che le fece cambiare idea fu la morte di una sua amica dovuta a quello che si penserebbe essere un cancro all’utero. Questa persona le confessò che molto probabilmente le sue sofferenze sarebbero state meno dolorose se al suo fianco ci fosse stata un medico donna. Poco dopo Elisabeth fu la prima donna in America a conseguire la laurea in medicina. La sua ammissione all’università si deve alla votazione del corpo studentesco del Geneva Medica College che votò “sì” per scherzo, ma Elisabeth si presentò davvero alle lezioni, dopotutto, seppur per deriderla, il risultato della votazione era legalmente a suo favore.

La sua presenza nelle aule universitarie metteva in imbarazzo non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti. Per citare un espisodio rappresentativo, durante una lezione di anatomia la Blackwell fu invitata ad uscire dalla stanza per non urtare la sua “delicata sensibilità”, ovviamente lei protestò e restò.

Nel 1857, insieme alla dottoressa Marie Zakrzewska, Elisabeth aprì il New York Infirmary for Indigent Woman and Children. Fu lei a fondare la National Health Society a Londra nel 1871. Visse sempre dalla parte delle minoranze e si schierò sempre al fianco delle donne e della loro possibilità di avere accesso agli studi in medicina.

Grazie a lei molte donne ebbero la possibilità di studiare medicina attraverso il Women’s Medical College of New York e la London School of Medicine for Women fondate dalla scienziata rispettivamente nel 1868 e 1874.

I suoi contributi sono ancora celebrati con la medaglia Elizabeth Blackwell, assegnata ogni anno a una donna che ha dato un contributo significativo alla promozione delle donne nella medicina.

“If society will not admit of woman’s free development,
then society must be remodeled”
Elisabeth Blackwell

di Fabiola Cacciatore

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