Social network: uno strumento per connettersi con gli altri o una vera e propria dipendenza?

Secondo il Common-Sense Media, quasi la metà dei teenager americani è affetta da dipendenza da social network e ha bisogno di riabilitazione e in Italia sono 99 i centri che si occupano della dipendenza da internet

Immagine da Psicoterapia funzionale

Quante volte scorrendo la home di Instagram o guardando le cosiddette “Insta Stories” ci siamo sentiti indietro rispetto agli altri? Come se la nostra vita non fosse abbastanza interessante, il nostro lavoro tutto sommato niente di eccezionale e le nostre attività nel tempo libero estremamente noiose. L’unità di misura per valutare tutti questi aspetti? Quello che fanno gli altri e che decidono di pubblicare. Avvertiamo preoccupazione nel sapere che chi abbiamo intorno, virtualmente o meno, sta vivendo situazioni più interessanti o soddisfacenti. Nonostante questo, continuiamo a navigare sul web e trascorriamo tantissimo tempo a controllare i vari social. Funzionano esattamente in questo modo le dipendenze: una cosa ci fa male, ma non possiamo farne a meno.

La psicologa Cecilie Schou Andreassen, nel suo studio del 2015 intitolato Online Social Network Site Addiction, ha definito la dipendenza da social network come “l’essere oltremodo preoccupati dai social network, l’essere spinti da una motivazione forte a connettersi o a utilizzare i social network”. Ha aggiunto, inoltre, che l’attività svolta sui social network arriva generalmente a compromettere ogni altra attività sociale. Come riporta il Centro Medico Santagostino, il primo caso ufficiale mai documentato di dipendenza da internet è datato 1996, anno in cui la psicologa Kimberly S. Young ha scritto la storia di una donna americana di 43 anni che era in grado di trascorrere fino a 60 ore a settimana in rete.

La dipendenza dai social è strettamente collegata alla FOMO (fear of missing out), ossia quella forma di ansia sociale che impone, a chi ne soffre, il vero e proprio bisogno di aggiornamenti continui sulle attività svolte dagli altri utenti, proprio per la paura di finire tagliati fuori da alcuni contesti sociali. Ma quali sono i sintomi di questa dipendenza?

Sempre secondo la dottoressa Andreassen, la dipendenza da social assomiglia molto alle dipendenze chimiche e a quelle comportamentali. La FOMO può creare una sensazione di urgenza nel rimanere connessi sempre più a lungo e quando questo non è possibile si possono manifestare i sintomi tipici dell’astinenza: l’impazienza, lo stress e l’irritabilità. Col passare del tempo si creano, inoltre, dei conflitti tra abuso dei social e altre attività che vengono messe da parte, come il lavoro o lo studio.

Curare la dipendenza da social è sempre possibile: il primo passo sicuramente è riconoscere di avere un problema. Enrique Echeburua e Paz de Corral, in uno studio pubblicato nel 2010, hanno dimostrato che può essere controproducente optare per l’astinenza totale. Al contrario, è utile darsi dei limiti ed utilizzare alcune strategie, come navigare nella rete solo per un tempo determinato o tenere il telefono lontano da sé durante le attività come studio, lavoro e sport.

Tra i soggetti maggiormente colpiti dalla FOMO, e più in generale dalla dipendenza dai social, ci sono gli adolescenti. È fondamentale, quindi, cercare di prevenire e monitorare i giovani. I genitori devono mettere a conoscenza i figli dei rischi e i pericoli connessi all’uso della rete, preparandoli ad un uso consapevole e lasciando aperta la strada del dialogo e della comunicazione. Ad ogni età è indispensabile la costruzione di regole condivise, quindi orari e tempi di utilizzo.

L’abuso dei social può portare anche a perdere la concezione della realtà e, dietro uno schermo, risulta molto più semplice attaccare le persone, approfittando dell’anonimato che la rete offre e del senso di protezione che chi scrive avverte: attraverso un profilo fake si può scrivere qualsiasi cosa e risalire alla reale identità dell’utente diventa molto complesso. È il fenomeno degli hater: utenti che approfittano dell’anonimato per insultare personaggi solitamente famosi. Ai primi di marzo Clio Zammatteo, meglio conosciuta come ClioMakeUp, ha caricato un video sul suo canale Instagram denunciando questo mondo tossico, in cui ogni cosa viene usata per fare hype o qualche click in più.

“Quello che ho visto negli ultimi anni – ha dichiarato l’imprenditrice – è che non posso più essere quella di prima, perché il mondo del beauty sul web è diventato un mondo di paura. Soprattutto per persone con il mio carattere e il mio modo di fare”.

 
 
 
 
 
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I social network hanno indubbiamente diversi aspetti positivi: permettono di mettere in contatto numerose persone e rendono più facile la diffusione di messaggi positivi. D’altra parte, il loro utilizzo può avere anche conseguenze negative. Negli ultimi anni si è verificato un vertiginoso aumento del tempo trascorso su queste piattaforme, arrivando a parlare di una vera e propria dipendenza. L’abuso dei social può portare anche a perdere di vista il senso delle relazioni: tutti hanno tantissimi amici su Facebook o follower su Instagram, ma siamo molto lontani dalla reale condivisione.

È importante tenere sempre a mente che i social mascherano alcune emozioni come ansie, preoccupazioni e senso di solitudine. Solitamente ci imbattiamo in profili patinati e noi in primis preferiamo condividere una bella serata con amici, un successo in ambito lavorativo o un momento del nostro tempo libero. Solo in pochi mostrano i problemi della vita reale. Questo può essere un buon promemoria da tenere a mente quando sminuiamo noi stessi dopo aver visto ciò che condividono gli altri.

Come sostiene Edward Tufte “ci sono solo due industrie che chiamano i loro clienti user: quella delle droghe illegali e quella dei software”.

di Laura Ruggiero

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