#JesuisCharlie? Studenti ed esperti a confronto su religioni, politica e satira

DIBATTITO APERTO ALL'ASSEMBLEA DEGLI E PER GLI STUDENTI

IMG_7834Siamo tutti Charlie? Sono passati ormai quasi due mesi dal 7 gennaio, quando alle 11.30 del mattino, in rue Nicolas-Appert a Parigi, i fratelli Kouachi, affiliati di Al-Qaeda nello Yemen, entravano nella redazione del giornale satirico ‘Charlie Hebdo’, e aprivano il fuoco contro i giornalisti francesi al grido “Allah Akbar” (“Allah è il più grande”) uccidendo dodici persone.

Enorme l’eco mediatico che l’attentato di Parigi ha suscitato, dai media tradizionali ai social network, senza dimenticare la solidarietà di vignettisti da ogni dove. Ma oggi che le ore di tensione si allontanano, si stanno rivedendo alcune posizioni che fino a due mesi fa sembravano ferme e inamovibili: esistono dei limiti alla libertà di satira? Tutti i terroristi sono islamici? Qual è il vero messaggio del Corano? Siamo, ancora, tutti Charlie?

Queste e altre questioni sono state affrontate nell’assemblea ‘Non c’è più religione. Satira, indignazione e rispetto: cosa ci ha insegnato Charlie Hebdo?’, tenutasi lunedì 2 marzo alle 16, in Aula Ferrari, nel plesso universitario di Via D’Azeglio. Un momento di confronto sugli interrogativi sollevati dai fatti di Parigi, organizzato dalla redazione di ParmAteneo, che ha visto la partecipazione degli studenti dell’Università di Parma che si sono confrontati con Don Umberto Cocconi, della Pastorale Universitaria della Diocesi di Parma, Riccardo Yehosua Moretti, vicepresidente della comunità ebraica di Parma, Farid Mansouri, presidente della comunità islamica di Parma, il giornalista arabo di Rai News Zouhir Louassini e il vignettista satirico Gianluca Foglia in arte Fogliazza.

È UN PROBLEMA DI RELIGIONE O DI POLITICA? – In risposta all’attentato terroristico di Parigi, nel dibattito suscitato all’interno dell’opinione pubblica, è stata più volte rispolverata la frase rilanciata dalla giornalista Oriana Fallaci: “Non tutti gli islamici sono terroristi, ma tutti i terroristi sono islamici”, sostenendo che la maggior parte degli attacchi terroristici a livello internazionale sono di matrice islamica. Diversi i dati riportati nell’assemblea che hanno dato spunto al dibattito. Tra questi, come segnalato dall’Indice globale del terrorismo 2014, pubblicato dall’Institute for Economics and Peace, quello che attesta al 66% nel 2013 la percentuale delle vittime colpite a seguito di attentati ad opera di quattro gruppi soltanto: Talebani, Boko Haram, Isis e Al-Qaeda, tutti accomunati da interpretazioni estremiste dell’islam wahabita. È lecito pensare, allora, che sia la religione islamica ad avere un problema, oppure questa viene strumentalizzata soltanto come pretesto per coprire interessi politici?

IMG_7958Secondo Farid Mansouri “la religione islamica non è la religione del terrore”. “Sarebbe come dire: non tutti gli italiani sono mafiosi, ma tutti i mafiosi sono italiani. Così si rischia di generalizzare”, sottolinea Mansouri aggiungendo poi che i terroristi non sono i portavoce di tutti gli islamici, è piuttosto l’ignoranza diffusa riguardo la religione islamica a generare confusione e, di conseguenza, facili generalizzazioni. “La società araba sta passando una fase molto difficile – interviene il giornalista Louassini – con le sconfitte e la frustrazione del mondo arabo il discorso liberale ha perso strada e ora i portavoce del messaggio islamico sono i teologi: questo è il problema. L’Isis è innanzitutto un pericolo per i musulmani”. Sul punto prende la parola il rettore Loris Borghi: “Come si combatte il terrorismo? Non ci sono forze militari in grado di affrontarlo, non basta punire il signolo che compie il reato, ma è necessario una presa di posizione decisa dalla comunità araba tutta”. Sul tema interviene anche il docente e giornalista Maurizio Chierici: “Il terrorismo nasce sempre da una crisi sociale, provocato da disagi economici e problemi politici. Il terrorismo in Vietnam era vietcong, in America Latina cattolico. È un problema politico”.

INDIGNAZIONE O PROPAGANDA? – L’Occidente ha risposto nell’immediato all’attentato con un corteo di 3,7 milioni di francesi, scesi in piazza per respingere con decisione qualsiasi attacco alla libertà d’espressione, guidato dal capo di Stato francese François Hollande, seguìto da 44 leader europei e internazionali, tra cui il palestinese Abu Mazen e l’israeliano Netanyahu, insieme. Reporters sans Frontières, però, ha fatto notare un’ipocrisia di fondo nella manifestazione che ha visto sfilare anche Paesi come l’Egitto, al 159° posto su 180 nella classifica della libertà di stampa 2014, la Turchia (154°), la Russia (148°) e gli Emirati Arabi Uniti (118°). “Sì, nella manifestazione c’è ipocrisia perché un certo modo di fare politica in Occidente è cercare di avere consenso popolare con il minimo sforzo economico”, sostiene deciso il rettore Borghi. La solidarietà verso le vittime del giornale si è fatta sentire a gran voce anche sui social network, con l’uso dell’hashtag #JeSuisCharlie, che è stato twittato più di 5 milioni di volte nel mese di gennaio. “L’hashtag è stato una moda, la metà di coloro che l’hanno usato non sapeva nemmeno di cosa si stesse parlando, come chi ha comprato il ‘Fatto Quotidiano’ con l’inserto di Charlie Hebdo. Ci nascondiamo dietro un hashtag, per sentirci paladini dell’Occidente”, afferma una studentessa del corso di Giornalismo e cultura editoriale. “Se domani scomparisse la satira dai giornali italiani, nessuno direbbe nulla – interviene a favore della posizione Fogliazza. – In questa schiera di capi di Stato c’erano degli ipocriti. I social network ci aiutano a fare gli ipocriti. I testi sacri sono parole finché non seguono i fatti, un po’ come le parole dei governanti. Dietro ogni terrorismo c’è un assassino abilmente manovrato a monte. In una situazione confusa come quella che stiamo vivendo -aggiunge il vignettista- si alimenta il caos dell’informazione e nelle molteplici difficoltà attuali la reazione di pancia fa sterzare un paese sempre a destra: ne è un esempio la manifestazione recente di Lega Nord e Casapound a Roma”.

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“LA SATIRA NEL MONDO ISLAMICO NON ESISTE” –  Dato che non esiste la libertà d’espressione, non può esistere nemmeno la libertà di satira, almeno così sostiene Mansouri. Gli attentatori al giornale satirico francese, invece, hanno voluto rivendicare la loro violenza con l’intento di “insegnare il rispetto e i limiti della libertà di espressione”: non si offende Maometto, non si attacca la religione islamica. Ma come si rivolgono i vignettisti del mondo arabo verso le altre religioni? Diversi i casi messi in luce nell’assemblea. Tra questi quello del giovane blogger e attivista saudita Raif Badawi, che nel 2012 fu arrestato e condannato a mille frustate, 10 anni di carcere e circa 250000 euro di multa, per aver “criticato alcune figure religiose” nei suoi post e che oggi rischia la pena di morte per l’accusa di apostasia; nel 2012 in Turchia fu appiccato un incendio alla redazione della rivista ‘Penguen’ in seguito alla pubblicazione di una vignetta che recitava: “Non esiste alcun dio, la religione è una menzogna” e l’autore Bahadir Baruter è stato condannato a un anno di carcere. Questo succede quando si tocca “l’unico profeta”, ma per le altre religioni si fa fatica a mantenere lo stesso rispetto: la maggior parte delle vignette pubblicate nei Paesi arabi, infatti, sono antisemite, accusano Israele di aver usato l’Olocausto come una scusa per occupare i territori palestinesi, e in molti casi negano l’esistenza stessa dell’Olocausto. In Iran, ad esempio, l’istituto del fumetto ha lanciato un concorso internazionale di vignette sulla negazione dell’Olocausto, in risposta alle vignette di Charlie Hebdo con premi fino a 8000 dollari. Ma precisa Mansouri: “Quando critichiamo Israele critichiamo lo Stato d’Israele”. Loussini risponde: “In questo modo si fanno discorsi che vanno verso il fanatismo. È ovvio che niente può giustificare un’uccisione. L’ideologia dell’Islam, quanto arriva al fanatismo è un problema, tutti i fanatismi si nutrono tra di loro”.

“LA SATIRA NON HA MODERAZIONE”- Fogliazza, commentando alcune vignette di Charlie Hebdo particolarmente spinte che prendono di mira il mistero della Trinità, coglie di sorpresa la platea: “Questi disegni si facevano nei bagni della scuola a 16 anni. E a dirla tutta, potrebbero essere fatti meglio”. Poi precisa: “Quando hai i contenuti non offendi, questa è solo una scorciatoia. È un ignorante che gioca a fare la guerra con la matita”. Ma ci sono dei limiti alla libertà di satira? Don Cocconi sostiene che debba esistere “un’etica nel mondo dell’informazione”, e si chiede a questo proposito: “Che mondo vogliamo costruire?”. Spesso il problema è posto come una questione di rispetto reciproco, senza tener conto dello scopo primo della satira: colpire il potere quindi le istituzioni e non i sentimenti e l’individuo singolo. Una differenza non colta da coloro che ritengono la bestemmia un’offesa personale. “Il credente che offende il suo Dio è un idiota. Stessa cosa vale per chi non crede, perché insulta un qualcosa di cui nega l’esistenza”, interviene Don Cocconi.

Inutile nascondersi dietro a dogmi religiosi e consuetudini. La satira si deve difendere, dirlo è pressoché scontato. Tuttavia, bisogna anche ammettere che esiste una deontologia professionale sia per giornalisti che per vignettisti chiamati ad esprimere e veicolare messaggi in un’ottica di libertà d’espressione che sia però responsabile. Cosa ci ha insegnato Charlie Hebdo? Tutti sono liberi di esprimere la propria opinione, ma con dignità.

 

di Silvia Moranduzzo e Francesca Matta

3 Commenti su #JesuisCharlie? Studenti ed esperti a confronto su religioni, politica e satira

  1. annamaria cavalli // 4 marzo 2015 a 18:38 // Rispondi

    Dibattito molto interessante e ‘genuino’. Sempre la parola dovrebbe essere sovrana nella soluzione delle contraddizioni e dei grovigli del mondo. Finché ci saranno giovani volonterosi che credono ancora nella forza del confronto fattivo, senza pregiudizi, frasi fatte, aggressività verbale e falsi moralismi, questo nostro inquietante presente potrà sperare di tener testa all’assurda violenza che vorrebbe travolgerlo.

  2. Gabriella // 6 marzo 2015 a 15:40 // Rispondi

    Ogni lesione alla dignità-sensibilità dell’uomo è condannabile. Gesù condanna anche chi dice semplicemente “STUPIDO” ad un fratello, non solo chi uccide materialmente…

  3. Dal dibatto emerge con chiarezza che tutto nasce dall’ignoranza; la nostra ignoranza della cultura Islamica, l’ignoranza di chi usa la satira come strumento di offesa e non di riflessione e l’ignoranza di chi decide di avvalersi della violenza al posto della parola.

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