Perché ci piacciono i film horror? Ce lo spiega la scienza del “neurocinema”

Da sempre esistono film con uccisioni, lupi mannari o creature paurose, e da sempre noi li guardiamo con coinvolgimento e un brivido di piacere: come mai? Ci risponde anche la professoressa Martin

Fin dall’invenzione del cinema, nel 1800, sono stati adottati riferimenti e caratteristiche horror; il capostipite di questo genere fu il visionario Georges Méliès, il quale ha messo in scena il primo film horror di sempre, Le manoir du diable, iniziando così la storia di uno dei generi più longevi e travolgenti dell’audiovisivo.

Méliès è stato il punto di partenza e di ispirazione di moltissimi registi che hanno indagato il terrore, creato e portato sul grande schermo moltissimi classici ‘da paura’ nel corso dei decenni. Ma da dove deriva questa intramontabile passione per tutto ciò che ci provoca spavento? Per rispondere a questa annosa domanda abbiamo interpellato anche la professoressa Sara Martin, docente di Teorie del cinema e Storia e critica del cinema all’Università di Parma.

L’evoluzione dell’horror: cosa ci fa veramente paura?

L’horror si è evoluto molto notevolmente: quello che consideriamo un film horror nell’espressionismo tedesco è qualcosa che a uno spettatore del 2023 non lo fa saltare sulla sedia; quindi, è chiaro che molte cose siano cambiate. Ci sono però” – prosegue la docente – “degli elementi che continuano a essere importanti e molto seguiti, come i licantropi, i vampiri e il disturbo mentale (come il sonnambulismo o il commettere degli omicidi in uno stato di patologia), che è qualcosa che possiamo ritrovare nella contemporaneità”.

Dai tempi di Méliès le componenti degli effetti speciali e sonore sono cambiate, ma “dopodiché, a livello di tecniche, se pensiamo a Lo Squalo (1975) e al modo in cui Spielberg utilizza lo zoom per creare un senso di angoscia nello spettatore, non è che siano cambiate molto le cose”.

Fotogramma de Le manoir du diable di Méliès (fonte: L’occhio del cineasta)

Ma è dall’avvento di Internet e della fruizione massiva di qualsiasi tipo di video che le cose cominciano a cambiare radicalmente, sia per il cinema che per lo spettatore, facendoci diventare degli spettatori molto più allenati, educati e consapevoli. Abbiamo così iniziato ad apprezzare un film horror per motivi diversi, che non ci fanno più solo ‘saltare sulla sedia’, ma che ci instillano un senso di turbamento più profondo, molto più simile a quello che proviamo nella realtà, “ricercando un effetto sorpresa che è sempre più raffinato, dovuto anche alle capacità delle nuove tecnologie“.

Anche per questo motivo, in una classifica stilata nel 2020 da un team di esperti dell’Università di Turku, in Finlandia, per decretare il film più pauroso, nelle prime dieci posizioni il film più ‘vecchio’ risale al 2005, proprio perché “in qualche modo abbiamo sviluppato una ‘corazza’, ed è naturale che i film horror in questa top 10 siano tutti film contemporanei, perché l’horror, per ottenere quell’effetto, deve agganciarsi alla contemporaneità“, afferma la docente, trovando film dello spessore di Non aprite quella porta (1974) al diciottesimo posto.

La scienza della paura: uno studio finlandese

Questa classifica si trova all’interno di una ricerca molto più ampia, nella quale si è scoperto che i film horror sono apprezzati perché creano un ‘brivido’ e aumentano lo stato di eccitazione nello spettatore. Lo studio, creato da BroadbandChoices.co.uk, consiste in un test che prende in esame il battito cardiaco e l’impatto che i jumpscare – i cosiddetti ‘salti dalla sedia’ – hanno sul corpo umano, facendo uso della risonanza magnetica e dei cardiofrequenzimetri sui volontari, mentre sono intenti nella visione di film selezionati da critici, scelte personali del team e dai film più apprezzati dalle comunità online come Reddit.

I test hanno utilizzato come parametro quello del battito cardiaco (misurato in BPM), calcolando una media tra le fasi di quiete e quelle dove la frequenza cardiaca aumentava, in corrispondenza ai risultati della risonanza magnetica.

Il progetto viene chiamato “Science of Scare“, ovvero la Scienza della paura e, vista l’inarrestabile produzione cinematografica delle pellicole del terrore, lo studio viene aggiornato ogni anno, pubblicando i risultati della ricerca nel mese di ottobre, “giusto in tempo per Halloween”, come ci tiene a specificare il sito internet nel quale vengono riportate le classifiche. Per evitare l’affaticamento degli spettatori volontari, le proiezioni sono svolte nel corso di diverse settimane durante tutto l’anno.

202220212020
1Host Host Sinister
2Sinister Sinister Insidious
3Insidious Insidious The Conjuring
4The Conjuring The Conjuring Hereditary
5Hereditary Hereditary Paranormal Activity
6Terrified Terrified It follow
7It follow It follow The Conjuring II
8DASHCAM A Quiet Place II The Babadook
9A Quiet Place II Paranormal Activity The Descent
10Paranormal Activity The Conjuring IIThe Visit
Classifica Science of Scare Project

La scienza del ‘neurocinema’ e del perché amiamo il terrore

Il Science of Scary Project ha investito in questa ricerca per poter analizzare le modalità attraverso le quali il cervello affronta la paura durante la visione dei film horror, i quali provocano un effetto talmente potente nella psiche umana, sia di intrattenimento che di stimolazione, da aver indotto gli studiosi a creare una nuova scienza chiamata neurocinema, la quale si dedica nello studio dell’influenza dei film sul nostro cervello, in particolare quelli dell’orrore.

Si è così scoperto che, pur stimolando aree del cervello che si ricollegano alle emozioni di paura e repulsione, i film horror provocano un ‘piacere cognitivo’ nel confrontarsi (in tutta sicurezza) con l’ignoto senza affrontarlo, che esercita un certo fascino poiché viene depotenziato dalla sua pericolosità. Difatti, quando guardiamo un film sappiamo che quello che stiamo vedendo non è reale, benché le scene siano così realistiche (nella loro improbabilità) da farci impersonare nel protagonista.

Una condizione necessaria, questa distanza che si crea tra ‘loro’ e ‘noi’, che serve per poter estendere le ‘vere’ motivazioni per le quali guardiamo con tanto piacere questi film. Molte di queste si incentrano sulla volontà di affrontare le proprie paure e i propri traumi della vita reale, ad esempio attraverso l’esperienza di paura controllata. Quest’ultima, detta anche terapia di esposizione, serve per ‘mettersi alla prova’ e poter conoscere la propria reazione alla paura e a controllare le emozioni scaturite da questa.

fonte: Pixabay

La Teoria del trasferimento dell’eccitazione potrebbe essere un’altra ragione del perché affrontiamo le nostre paure guardando questi film: i sentimenti negativi che creano intensificano i sentimenti positivi che si provano quando il ‘cattivo’ muore o viene smascherato. In altre parole, il piacere non deriva dalla paura, ma dalla sensazione di rilassamento che si ha subito dopo le situazioni di alta tensione, in seguito alle quali c’è un rilascio di dopamina che produce un senso di benessere.

Queste reazioni alla paura si sono rivelate particolarmente utili per il trattamento dei disturbi dell’ansia, poiché alcune parti del cervello e, di conseguenza, il corpo, reagiscono come farebbero in una situazione di pericolo reale. Per ora, i film horror non sono un trattamento scientificamente provato per questi disturbi, ma sempre più ricercatori ne stanno riconoscendo il potenziale terapeutico.

Per confermare questo trend in salita, nell’aprile del 2022 è stata rilasciata la prima puntata del podcast Psychoanalysis: A Horror Therapy Podcast (Psicoanalisi: un podcast di terapia horror), cogestito da un terapeuta, per indagare la connessione fra film horror e ansia.

Per citare un’altra ragione, che si discosta da quello dell’affrontare le proprie paure, è l’utilizzo del film horror come mezzo di distrazione dalla vita quotidiana, portando la nostra attenzione sulle emozioni più intense, come la paura e l’orrore. Si va così alla ricerca di due stimoli differenti, pur di ‘scappare dalla realtà’: alcuni ricercano stimoli tangibili sui quali focalizzarsi per non pensare al resto, concentrandosi su qualcosa che non è legato alla propria vita; altri invece, cercano stimoli ‘forti’, al pari di chi pratica sport estremi, ricercando (inconsapevolmente) nei film dell’orrore il rilascio di endorfina e adrenalina, da parte del nostro cervello autosuggestionato.

L’horror è intorno a noi

Come ultima (ma non meno importante) ragione, c’è il vero e proprio bisogno di soddisfare la nostra curiosità per quello che non vorremmo mai fare né (in teoria) vedere. Veniamo attratti da questo genere di violenza, la quale viene ‘attivata’ dalla nostra parte più istintiva e primordiale, la quale è messa a tacere (la maggior parte del tempo) dalle norme sociali, ma che con i film dell’orrore risveglia gli istinti inconsci più violenti e crudeli. La stessa professoressa Martin afferma che “ci appassioniamo ai serial killer perché abbiamo una ‘prurigine’, una perversione, nel vedere fino a dove questo personaggio può commettere delle atrocità. Non ci appassioniamo al serial killer e continuiamo a non giustificarlo, però abbiamo un desiderio recondito di vedere fino a dove si spingerà”.

fonte: Unsplash

L’irrealismo dei film horror vuole costantemente ricordarci che quello che stiamo guardando non è reale, e ci affascina come se fosse un film di fantascienza; non è un caso che lo stesso Méliès, che produsse il primo film dell’orrore, solo sei anni dopo diede vita anche al primo film fantascientifico. Difatti, “il fantasy e l’horror sono generi che basano le loro storie su qualcosa che, almeno da un punto di vista del racconto, prende le distanze dal mondo in cui viviamo, volendoci comunicare qualcosa di assolutamente reale, ma utilizzando una narrazione e un’ambientazione che fanno parte dell’immaginario e dell’inconscio collettivo, trovandosi così in un contesto che è quello onirico“.

“Nella più stringente contemporaneità” – continua la docente – “abbiamo tante proposte di audiovisivo dell’orrore, questo perché oggi siamo in grado di digerire questo genere di narrazione. Non è che non ci fosse in passato, ma non era una proposta fattibile per un canale tv o per una piattaforma, non venivano scritti degli articoli a riguardo, oggi invece sì”.

La professoressa prosegue facendo riferimento al fatto che siamo una società globalizzata e, per questo motivo, troviamo informazioni su qualunque cosa: basta aprire una qualsiasi testata giornalistica e leggere la quantità di cronaca nera nel dettaglio che ci arriva e in maniera continua. Conclude affermando che tutto ciò “è una spettacolarizzazione del male che appartiene alla nostra epoca, non è che il male non ci fosse“.

Perciò, pur essendo i processi biochimici alla base della psicologia della paura, l’interesse per l’intrattenimento horror sembra avere un fondamento in ciò che gli esseri umani sono come specie, rispecchiando quelle che sono le nostre paure, e mostrandoci anche quello che inconsciamente ci affascina e ci incuriosisce, senza però mancare della ricerca del ‘vecchio e semplice’ intrattenimento.

Di Beatrice Guaita

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