“La città delle donne”: vi portiamo alla scoperta di quattro storie femminili della città con il Centro Studi Movimenti Parma

Un giro per la città nel tentativo di ricordare come le donne nel corso degli anni abbiano reso molto più alta quella montagna dalla quale noi oggi possiamo guardare lontano. Ci spingono con il loro esempio a renderla ancora più alta

Dieci tappe, dieci totem in giro per la città per raccontare in un percorso urbano storie di donne che hanno fatto la storia: dopo il recente restyling è stato presentata sabato 18 marzo “La città delle donne”: una passeggiata lungo la storia femminile italiana contemporanea a cura del Centro Studi Movimenti Parma in collaborazione con il Comune di Parma.

In sei anni il progetto è stato la base per moltissimi percorsi didattici con le scuole, cacce al tesoro, occasione di visita guidata e autonoma per molte persone ed è stato presentato in diversi convegni di storia e di public history. Oggi rinnovato, continua a divulgare le storie femminili locali ben oltre Parma.

In ciascuno dei dieci totem, segnanti i luoghi, è presente un testo contenente brevi storie. In alto a destra si può trovare un QR-code attraverso cui viene riprodotta la mappa cartacea, e per ogni luogo ci sono contenuti extra, testi, fotografie, e soprattutto brevi video di quelle storie che sono state prese dai documenti d’archivio. La storia “l’abbiamo fatta leggere a degli attori, abbiamo chiesto a registi di montarli” dice Ilaria La Fata. “La città delle donne” è un percorso nella città di Parma, in centro, nella Parma Nuova e anche nel quartiere Oltretorrente. Un percorso di storie di persone e di luoghi da poter fare in assoluta autonomia perché appunto vi è il rimando al sito che fornisce anche tutti i contenuti e gli approfondimenti.

Abbiamo seguito quattro tappe del percorso, partendo da via Petrarca 15. A guidare circa un’ottantina di persone c’erano Margherita Becchetti, Ilaria La Fata e Tifany Bernuzzi del Centro Studi Movimenti Parma. Le mappe distribuite ci aiutano ad orientarci sull’itinerario urbano. Le si può ritrovare negli uffici turistici e nelle biblioteche. “L’idea – spiega Becchetti – è quella di spingere le persone a curiosare nella propria città, cercare negli anfratti, nelle vie, nelle piazze, cercare i luoghi che hanno segnato la storia di questa città.”

Prima di intraprendere il viaggio Caterina Bonetti, assessora alle Pari opportunità del Comune di Parma, ricorda come si stia portando avanti un percorso di lunga data per Parma, di memoria storica e di memoria delle donne. “In questi angoli ritroviamo quella che è un po’ l’identità della nostra città, l’identità più autentica, un’identità di resistenza, di solidarietà, di lotta per i diritti e che ha nelle figure femminili degli emblemi che spesso sono stati dalla storia messi in secondo piano rispetto ai colleghi uomini. Quindi, non solo un recupero del passato recente, ma anche un momento di rivendicazione del ruolo che le donne hanno svolto per la libertà e la democrazia nel nostro paese”.

Le tappe su cui ci si ferma diventano quindi occasioni di riflessione da un punto di vista storico, culturale e identitario sul ruolo che le donne hanno avuto per la città di Parma. La città contiene il suo passato e lo racconta a chi lo vuole ascoltare. E il Centro Studi Movimenti Parma racconta la storia della città, soprattutto le storie delle donne che hanno saputo incarnare un protagonismo in un’epoca in cui non era facile, “ci pare un buon modo per proporre dei modelli femminili non subalterni”, aggiunge Becchetti.

L’Udi, Unione donne italiane

Tra le tante tappe si parte dal totem dell’Udi (Unione donne italiane). Nel palazzo al civico 15 di via Petrarca aveva sede l’associazione di donne nata verso la fine della seconda guerra mondiale. Si parte da qui perché, spiega Becchetti, “questa passeggiata è nel mese dell’8 marzo e le donne dell’Unione donne italiane hanno avuto molto a che fare con il rilancio nel nostro paese della giornata internazionale delle Donne.” È stato molto attivo nel 1945 – 1946 periodo in cui si stava ottenendo il diritto di votare e di essere elette. Questo ha portato l’esigenza di formazione politica: nascono dei luoghi in cui si insegna alle donne la politica, a pensare politicamente, nascono le associazioni. La donna non vuole essere più associata alla cura. Le donne hanno voglia di uscire di casa, hanno voglia di fare. La donna comincia a preoccuparsi anche dei problemi del mondo. Inizialmente l’Udi ha un giornale che si chiama “Noi donne” dove gli articoli discutono della differenza salariale che c’è tra uomini e donne, il diritto al lavoro.

Anna Menoni

In Borgo Sant’Anna 22 è invece raccontata da Bernuzzi la storia di Anna Menoni, una donna che in quegli anni si apre alla politica, un mondo solo maschile. “Nasce nel 1924 e nel ’43 il fratello Renzo sale in montagna e Anna si avvicina alla resistenza. Durante questo periodo matura una coscienza politica. La resistenza per le donne fu una scelta più importante che rompeva i tabù che c’erano e ci sono ancora e riguardano la vita e le scelte individuali. Ebbe la necessità di partecipare alla politica e alla ricostruzione di questo paese. Infatti, nel ’45 Anna Menoni divenne dirigente del Partito comunista italiano che si proponeva come forza di cambiamento, contro un periodo di dittatura dove i ruoli di genere erano ben definiti e funzionali al partito fascista che aveva bisogno delle donne come fattrici di figli. Il ruolo femminile stereotipato classico con il quale era cresciuto tutta la sua generazione non era più sufficiente. Menoni portava avanti un attivismo politico negli anni della resistenza, che voleva coinvolgere tantissime donne e farle pensare che la politica era qualcosa che doveva essere condiviso”.

La biblioteca delle donne

Siamo in via XX Settembre 31 e al piano terra c’era la biblioteca delle donne. Con la stagione dei movimenti, il movimento femminista trova nuova linfa. Nel 1979 nasce l’idea della biblioteca delle donne, uno spazio fatto di donne, liberato dalle logiche maschili e patriarcali che avevano innervato tutta la società fino a quel momento. Si sposta in Borgo Riccio e rimane viva fino al 1987. Il materiale viene donato alla Biblioteca Civica e poi, dal 2017, depositato al Centro Studi Movimenti che cerca di rianimare quell’esperienza. Nell’ultima sua fase la biblioteca si apre agli uomini, perché spiega La Fata, “ragionare contro la differenza significa coinvolgere anche gli uomini”. Fino a quel momento le donne avevano un ruolo subalterno. Con la biblioteca prendono parola, fanno uscire la propria voce per farsi riconoscere. Queste donne iniziano a rispettarsi e a stimarsi. Questo è il senso della biblioteca: “Raccogliere libri che sono presi in prestito e permettere di studiarli e analizzarli, perché fino agli anni ’70 parlano sempre di una storia femminile come di una storia taciuta che non è mai stata raccontata di cui si sono perse le tracce, di cui si fa fatica a rintracciare i fili rossi e nel 1976 esce un libro, significativamente in quegli anni lì, che si intitola ‘La Resistenza taciuta’”.

Le autrici dei libri raccolti nella biblioteca “sono anche le madri simboliche di tutta la nostra storia. Allora ci potremmo trovare Virginia Woolf, Simone de Beauvoir o Betty Friedan, tutti i libri che venivano letti e studiati in quel periodo lì ma che sono anche proprio un po’ i capisaldi di tutte le donne che chiedono uno spazio tutto per sé. E dare spazio alle madri simboliche vuol dire appunto riconoscere in loro tutta quella autorevolezza di cui abbiamo bisogno per riconoscerci le une alle altre”.

Il primo centro antiviolenza di Parma

L’ultima tappa di questo nostro giro è stato il Torrione visconteo che esiste a Parma circa dal  ‘300, “una specie di relitto – dice La Fata -, isolato quando nel 1900 abbattono il Ponte Verdi che collegava il Torrione all’altra Rocchetta.” L’edificio viene occupato dal 1985 dal primo centro antiviolenza di Parma. Il centro antiviolenza “aiuta le donne vittime di violenza di qualsiasi tipo di violenza, non solo fisica ma anche psicologica, fornisce supporto e ascolto, non solo aiuto materiale ma molto aiuto morale”.  Interessante secondo Ilaria la Fata è che questo in particolare “è un centro nato da femministe ed è un centro che fin dalle origini si percepisce come un luogo femminista dove non solo vengono aiutate le donne che chiedono aiuto ma è anche un luogo dove tutte queste donne possono iniziare un percorso autonomo di consapevolezza di libertà e di autonomia e un percorso dove tutte possono scegliere di autodeterminarsi“.

Il filo conduttore di questo giro è cercare di riflettere e di tenere presente tutte queste esperienze di queste donne che nel corso degli anni hanno reso molto più alta quella montagna dalla quale noi oggi possiamo guardare lontano e ci danno il compito di renderla sempre più alta. Conclude Becchetti ringraziando le “compagne di battaglia”, La casa delle donne di Parma.

di Fabiola Veca

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