Prostituzione e lavoro sessuale: dalla legge Merlin allo “stigma”

Le professoresse Selmi e Garofalo dell'Università di Parma hanno presentato il loro libro riflettendo su tutti gli aspetti della questione, passando anche dalla violenza e lo sfruttamento. Un lavoro scientifico che mette al centro i diritti delle sex worker

Are Sex Workers Becoming a Viable Political Bloc? - Rolling Stone
Crediti immagine: Rolling Stone

Il 4 aprile si è tenuto a Parma, presso l’Aula Bandiera, il terzo appuntamento della rassegna di incontri sui diritti, autodeterminazione e libertà femminili in Italia oggi.  Al seminario dal titolo “Prostituzione e lavoro sessuale in Italia: oltre la semplificazione verso i diritti”, oltre a Giulia Selmi e Veronica Valenti, curatrici degli incontri e docenti di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali sono intervenuti la sociologa dell’Università di Parma, la professoressa Giulia Garofalo Geymont, la dottoressa Maria Grazia Giammarino, ex magistrata del Foro del Tribunale di Roma e Alberto Cadoppi, professore ordinario di dritto penale nell’Università di Parma.

Si è parlato di prostituzione e di lavoro sessuale a partire dal libro curato da Giulia Selmi e Giulia Garofalo Geymont, le quali hanno condotto un’analisi in merito al lavoro sessuale, alla prostituzione e alla tratta sessuale.  

Legge Merlin

Bisogna che il discorso parta dalla legge Merlin (legge del 1958 n.75). La professoressa Valenti ricorda infatti che “siamo in una tappa fondamentale del femminismo italiano che non mira a punire in sé la Costituzione ma le condotte ‘parallele’ come l’adescamento, il reclutamento, il favoreggiamento di prostituzione”. Così inizia il seminario, guardando anche all’attualità di questa legge e della politica italiana in merito alla prostituzione. È infatti con la sentenza 141 del 2019 si è sollevata la questione riguardante i reati sopra citati. Spiega Valenti: “Molti fattori condizionano la libertà di autodeterminazione dell’individuo”. Non si tratta solo di fattori di ordine economico, “ma anche di situazioni di disagio sul piano affettivo delle relazioni familiari e sociali capaci di indebolire la naturale riluttanza verso una scelta di vita che è quella di offrire prestazioni sessuali”. Ciò a cui bisogna fare attenzione è il concetto di dignità umana, a cui viene dato un significato oggettivo. “Non si tratta di certo della dignità soggettiva quale concepisce il singolo creditore o il singolo lavoratore”. Dunque, il legislatore, facendosi interprete del comune sentimento sociale in un determinato momento storico, vede nella prostituzione anche volontaria un’attività in grado di ridurre la sfera più intima della corporeità a livello di merce a disposizione del cliente.

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Crediti immagine: openDemocracy

Il libro Prostituzione e lavoro sessuale in Italia

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Crediti immagine: ibs.it

Le autrici del volume Giulia Selmi e Giulia Garofalo affrontano questo tema presentando il loro libro dal titolo “Prostituzione e lavoro sessuale in Italia: oltre la semplificazione verso i diritti”. Giulia Garofalo chiarisce che “usiamo sia la parola prostituzione che la parola lavoro sessuale perché le persone che praticano questa attività usano entrambe.” Quindi vogliono dare spazio ad un’autorappresentazione. 

Il volume è un lavoro scientifico che mette al centro i diritti delle persone che vivono di lavoro sessuale. “Se si dovesse chiedere – dice Giulia Selmi – all’opinione di senso comune che cosa pensa di prostituzione c’è sempre una risposta che solitamente è articolata sull’asse della morale”. Domande come ‘È giusto o sbagliato prostituirsi? È giusto o sbagliato che gli Stati permettano non permettono la prostituzione?’ sono domande che non sono foriere di pensiero, ma che aiutano comunque a comprendere il reale e ad eventualmente agire e a trasformare quel reale.

Quelle che si danno sono risposte stereotipate oltre che moralistiche. Se la domanda fosse accompagnata da più elementi o da una pregressa spiegazione, o ancora meglio educazione, su cosa realmente sia il lavoro sessuale, in che contesto e in che condizioni (economiche e di vita) le persone si trovano, la risposta potrebbe essere diversa. “Sicuramente – dice Selmi – la prostituzione e il lavoro sessuale sono frutto di un ordine di genere diseguale, cioè un un’attività che fonda le sue radici in un’organizzazione mercato della società.” La speranza ricadrebbe sulla creazione di un mondo in cui gli uomini e le donne non sono in una posizione diseguale; dove quest’ultime dispongono delle proprie azioni.

Nel libro chiamano “occhio di bue” la capacità che ha la società di illuminare l’attore del palco, che si sceglie essere lo scambio di sesso per denaro, rendendo completamente buio tutto il resto della sala, le condizioni materiali in cui questo avviene. Resta cioè il fenomeno non tenendo conto delle complessità entro cui questo mercato è implicato. Questo libro invece non ne esclude nessuna. Giulia Selmi, tornando alla legge Merlin, sottolinea che “è una legge con una storia nobile che affonda la sue radici dell’abolizione femminista della fine dell’Ottocento e che nasceva dall’abolire quelli che allora erano i bordelli, una dimensione di profonda iniquità per le donne che vi lavoravano che non avevano diritto di voto, che non avevano diritto di veder riconosciuti i propri figli, che non avevano diritto di controlli sanitari”. Quindi la legge nasce dal desiderio di non limitare la libertà e di tutelare i diritti delle donne.

“C’è una forma di violenza maschile contro le donne inaccettabile nella sua totalità” spiegano. Riguardo al cliente, egli è ancora oggi inteso come soggetto da punire per reato di favoreggiamento. Se solo si regolamentasse e si identificasse il lavoro sessuale come un vero e proprio lavoro non ci sarebbe crimine se non in caso di determinate condizioni quali lo sfruttamento, la tratta e le varie forme di violenza che possono essere messe in atto.

La tratta sessuale

Il lavoro sessuale dovrebbe invece essere una pratica consensuale non un lavoro forzato, ma un lavoro che implica attenzione. Questo libro, che ha uno sguardo particolare rivolto alle politiche, è un tipo di ricerca che si occupa di costituzione del lavoro sessuale in Italia, ma soprattutto chiarisce situazioni quali la prostituzione praticata da persone che lo fanno per scelta oppure per costrizione quindi tratta.

Le giovani sono le più numerose in questo settore, ma ci sono anche le persone trans, i ragazzi non eterosessuali in particolare migranti, ma anche italiani. Il fenomeno della migrazione, e le relative politiche italiane, è legato a quello della prostituzione perché “le donne in particolare che arrivano nel nostro Paese non hanno alternative di reddito se non quelle percepite col lavoro della prostituzione o domestico/di cura o agricolo, perché la nostra società e le politiche migratorie previste non permettono loro di fare altro”.

Questi gruppi di persone non hanno l’accesso alla salute né l’accesso al lavoro regolare e quindi è facile immaginare che si arrivi a situazioni di sfruttamento e che si parli appunto di lavoro forzato e di tratta che sappiamo non si trova solo nel lavoro sessuale ma si trova anche in altri ambiti lavorativi. Il lavoro sessuale è quindi praticato dalle donne migranti ma anche da “donne italiane che sono spesso madri che decidono di ricorrere a questa risorsa spesso mantenendo anche altri lavori e magari solo per un periodo limitato di tempo contattando clienti online e questo permette loro di affrontare difficoltà economiche, imprevisti legati a divorzi, malattie, licenziamenti, ma anche progetti quali quelli di studiare all’università”.

Difficile è identificare quali sono gli obiettivi di queste politiche, “perché – ci ricorda Giulia Garofalo – spesso i nostri amministratori e le nostre amministratrici si preoccupano di una questione di ordine pubblico nella gestione del lavoro di strada rispetto alla dinamica con i residenti, con i negozianti”, ma la priorità dell’ordine pubblico non deve andare a discapito di altre priorità, quali la lotta allo sfruttamento e l’abuso. Bisogna invece sostenere le donne in situazioni di vulnerabilità, permettere loro l’accesso ai servizi sanitari, essenziale per la prevenzione e per la loro salute, – “ma anche di tutta la comunità come ovvio perché entrano in contatto sessuale con una parte importante della nostra comunità” -, e legali per trovare alloggio. Si tratta di difficili percorsi di emancipazione e protezione sociale.

Crediti immagine: Il Riformista

Stigma, esclusione, vulnerabilità, violenza

Oltre al problema dello sfruttamento esiste il problema della discriminazione, “lo stigma” dice Giulia Garofalo. Allontanando il giudizio degli altri segretando l’essere o l’essere stati clienti si allontanano anche le donne che vendono sesso dalla società, dalle istituzioni, dalle autorità. Le si allontana anche dai figli, i quali vengono tolti in caso di divorzio. Allontana dalla possibilità di avere un altro lavoro. Interessante, secondo Giulia Garofalo, che il dibattito si sia spostato anche sui clienti. Le ricerche condotte in Italia rivelano che la maggior parte di chi compra sono uomini, e sono di varie appartenenze socioeconomiche, appartengono a tutte le età e a tutte le posizioni (sposati e non), a tutte le nazionalità e orientamenti sessuali.

Le autrici hanno condotto anche una ricerca sulla violenza nella prostituzione. Giulia Garofolo spiega che ci sono veri e propri stupratori, cioè “quello che ricercano non è sicuramente sesso a pagamento anzi si rifiutano di pagare ma sono stupratori che approfittano delle vulnerabilità di chi fa prostituzione”. Esistono altre forme di violenza: diffusa la richiesta di sesso non protetto. Chi vende sesso ha un aumento dei rapporti a rischio. La rimozione del preservativo assolutamente non richiesto è un abuso di potere e conferma l’impossibilità di negoziazione delle donne nei confronti dei clienti. Aumenta lo sfruttamento.

di Fabiola Veca

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