Donne che hanno rivoluzionato l’astrofisica: Payne-Gaposchkin, Tereshkova, Bell Burnell

Con questo articolo dedicato alle donne che hanno rivoluzionato la scienza si vola oltre i confini della terra. Si parla di tre donne che hanno lasciato un impronta indelebile nel mondo dell'astrofisica

“Niente è statico, niente è definitivo, tutto è provvisorio.”
Joecelyn Bell Burnell

Con questa frase della celebre astrofisica Joecelyn Bell Brunell si apre il sesto capitolo di questa rubrica dedicata alle donne che hanno rivoluzionato la scienza. Stavolta si tratterà di astrofisica. Si conosceranno donne che, nonostante i pregiudizi di genere, sono riuscite a lasciare un’impronta indelebile in questa disciplina che arriva fin dove l’uomo è riuscito a spingersi al massimo, oltre i confini del mondo, nello spazio.

Cecilia Payne Gaposchkin nacque nel 1900 in Inghilterra. Fin da bambina aveva mostrato un particolare interesse particolare per le scienze. Studiò presso la Cambridge University e si laureò in astronomia nel 1925 ad Harvard, in America. Era particolarmente affascinata dalla teoria della relatività di Einsteinin e della sua correlazione con l’eclissi solare. Il cosmo era la sua passione maggiore. A quei tempi si riteneva che il sole fosse costituito di ferro, ma lei, nella sua tesi dichiarò che secondo i suoi calcoli e le sue ricerche, l’immensa sfera di luce fosse invece formata in maggioranza dall’idrogeno. Un noto scienziato dell’epoca H. N. Russell negò la sua teoria definendola impossibile e insensata, tanto che la Payne, quando pubblicò la tesi, inserì all’interno una parentesi in cui affermava che molto probabilmente i suoi risultati erano sbagliati. Lo stesso H. N. Russell pochi anni dopo si appropriò del lavoro della Payne e pubblicò la teoria secondo cui appunto il sole si compone di ioni ed idrogeno prendendosi tutto il merito della scoperta fatta dalla scienziata. A lei è stata dedicata una patera su Venere e un’asteroide: 2039 Payne-Gaposchkin.

Cecilia fu anche la prima persona a “misurare” la temperatura di una stella. Considerato il suo livello di preparazione e di cultura fu nominata rappresentante dell’Astronomy Department ad Harward.

Valentina Tereshkova è un nome molto conosciuto all’interno del panorama astronomico. Fu infatti la prima donna a viaggiare nello spazio nella missione Vostok 6 del 1963. Nata in Russia nel 1937, da bambina il suo sogno era diventare una macchinista ferroviaria. Lavorò come operaia per vari anni frequentando cosi serali per diventare tecnico. Amava lanciarsi col paracadute e, quando la Russia decise di arruolare una donna nell’equipaggio di cosmonauti lei non esitò a candidarsi. Fu selezionata assieme ad altre quattro ragazze, ma fu l’unica ad essere scelta e l’unica tra loro ad aver viaggiato nello spazio.

Le fu attribuito il sopranome di “Caika” (gabbiano), con questo nome le fu anche dedicato uno dei crateri della luna. Il suo primo volo orbitò attorno alla terra per circa tre giorni (48 orbite in totale). Quel suo viaggio nello spazio si ricorda anche perché fu lei a dover risolvere un grave problema di programmazione nella navicella che aveva messo a repentaglio il viaggio di ritorno sulla terra. Mentre rientrava infatti soffrì pesantemente di mal di spazio, svenne e si ferì il naso. Il rientro fu un vero disastro, tanto che subito dopo l’atterraggio non le fu permesso parlarne con la stampa. Ancora oggi Valentina contribuisce a portare avanti la formazione dei cosmonauti ed il suo sogno è quello di partecipare alla missione su Marte.

Joecelyn Bell Burnell è nata in Irlanda nel 1943 ed è tutt’ora un’appassionata studiosa di stelle e buchi neri. Nella sua famiglia l’educazione era fondamentale ed i suoi genitori fecero di tutto per farla accettare nelle classi di scienze dove, all’epoca, meno di un secolo fa, le ragazze non erano le benvenute. Si diplomò col massimo dei voti e si laureò con onore nel 1965. Fu anche ammessa alla Cambridge University dove nel 1969 portò a termine il suo dottorato. Sempre a Cambridge si uní al gruppo di ricerca dello scienziato Antony Hewish col quale costruirono un grande radio telescopio.

Fu eletta come responsabile del team nel codificare suoni provenienti dallo spazio e, nel bel mezzo di una notte, mentre era di turno, captò dei segnali che inizialmente vennero attribuiti a forme extra terrestri. Fu lei a capire che non si trattava di forme di vita aliene, bensì dei segnali provenienti dalle pulsar: stelle di neutroni. In breve: fu Joecelyn a scoprire le pulsar. Una scoperta del genere non poteva non vincere il premio Nobel per la fisica e di fatti il suo relatore, assieme al collega maschio Martin Ryle ricevettero il premio Nobel per la scoperta delle pulsar nel 1974. Le polemiche non sono mancate, dopotutto quel premio era senza alcun dubbio da attribuire a Bell. Di recente lei ha lasciato una dichiarazione affermando che in quegli anni le persone ritenevano che i risultati scientifici appartenessero al capo laboratorio, sempre un uomo anziano, e che i giovani ricercatori eseguivano semplicemente gli ordini di quest’ultimo. Indubbiamente, come per la maggior parte delle donne di cui si parla in questa rubrica, si tratta di un ennesimo effetto Matilda.

Tra le curiosità della sua vita, c’è il fatto che quando era bambina chiamò il suo gatto Vostok in onore del primo satellite lanciato nello spazio. Inoltre, prima che si riconoscessero in quanto stelle, i segnali delle pulsar furono chiamati col nickname “LGM” (little green men ossia omino verde) poiché, erroneamente, erano stati ritenuti segnali provenienti da forme extra terrestri.

di Fabiola Cacciatore

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