“Una vita come tante” di Hanya Yanagihara

Analisi fuori dal coro del fenomeno del booktok Una vita come tante: merita davvero la fama ha guadagnato o è solo un romanzo come tanti?

hanya_yanagihara_Stylist.com.uk

La trama

Una vita come tante narra le vicende di quattro amici, che si conoscono all college e crescono insieme a New York. Questi quattro ragazzi sono: JB, ragazzo viziato che non ha paura di dire apertamente quello che pensa e che vorrebbe diventare un artista; Malcom, ragazzo proveniente da una ricca famiglia di New York, il cui sogno è fare l’architetto; Willelm, un ragazzo molto gentile e premuroso, il cui obiettivo è diventare un attore; infine c’è Jude, che potrebbe essere definito il vero protagonista della storia: si tratta di un ragazzo con una grave disabilità alle gambe causata da un incidente avuto da ragazzino, e fin dall’inizio si sa che ha avuto un passato difficile ed è proprio questo ad essere al centro della narrazione: un passato pesante, che i suoi stessi amici cercano di scoprire per poterlo aiutare e conoscere meglio.

Foto di Alessia Imbrici

Si tratta di un libro che tutti dovrebbero/potrebbero leggere?

La risposta è assolutamente no! Si tratta di una storia ricca di eventi traumatici e di scene esplicite che potrebbero far star male alcune persone più o meno sensibili.

prima di leggere questo libro, infatti, si dovrebbe valutare bene il proprio stato d’animo e se si è pronti o meno ad affrontare certe tematiche; ragione per cui la trama scritta sul libro andrebbe cambiata: non narra solo di quattro ragazzi e della loro amicizia, ma si parla di un ragazzo in particolare, Jude, e del suo passato ricco di dolore; la sua vita infatti è stata tragica fin dall’inizio: abbandonato dai genitori è finito in un convento in cui i monaci lo mal menavano e abusavano di lui, e gli anni dopo il convento certo non sono migliori (ma non dirò altro, altrimenti farei troppi spoiler). Importante però è sapere che la maggior parte delle scene di violenza sono descritte esplicitamente e di conseguenza potrebbero suscitare disagio o dolore.

Foto di Alessia Imbrici

Scrittura e personaggi

Lo stile di scrittura di Yanagihara è sicuramente molto fluido e scorrevole, ragione per cui un libro di oltre 1000 pagine potrebbe essere letto anche in brevissimo tempo. L’autrice è molto brava a narrare e sicuramente riesce a rendere scorrevole la lettura di un testo che per tematiche risulterebbe invece molto pesante.

Per quanto riguarda i personaggi, sono sicuramente descritti bene, almeno i principali: il passato di tutti i co-protagonisti è ben dettagliato e permette di capire quelli che sono i loro caratteri e atteggiamenti nel presente della narrazione; detto questo però ci sono alcuni punti in cui sembra che l’autrice si dimentichi di alcuni di loro, soprattutto JB e Malcom, tanto che la loro presenza sembra del tutto secondaria alla narrazione.

Jude è ovviamente il personaggio descritto meglio: l’autrice entra nel profondo della sua anima e ne indaga il passato, ma anche il presente, nei minimi dettagli. Nonostante questo ci sono alcuni aspetti che avrebbe potuto indagare meglio, come la sua remissività: è possibile che dopo tutto quello che ha subito non provi neanche il più piccolo desiderio di vendetta?

Foto di Alessia Imbrici

Note dolenti

La maggior parte delle recensioni che si possono leggere online riguardo a Una vita come tante sono estremamente positive: parlano di un libro scritto benissimo, che dovrebbe strappare l’anima per ridurla in tanti pezzettini e di una narrazione, nonché descrizione, del dolore fatta nei minimi dettagli. Purtroppo non è proprio così: il tutto è allo stesso tempo troppo esagerato e troppo riduttivo: l’autrice mette sulla pagina talmente talmente tante scene di dolore che alla fine il lettore si assuefà fino a non provare più niente; allo stesso tempo ci si aspetta della scene dolorose (proprio fisicamente) descritte nei minimi dettagli e si rimane delusi nel non trovarle (o meglio ci sono, ma non sono scritte così bene).

Altra nota dolente è l’evoluzione della storia.
La trama è di per sé molto approssimativa: i personaggi all’inizio hanno dei sogni e nel giro di vent’anni questi si sono realizzati, esattamente come volevano loro! Sembra infatti che il destino di ciascuno fosse già scritto nelle prime pagine e che si sia realizzato senza nessun intoppo. Inoltre, Yanagihara si concentra talmente tanto sul voler far soffrire il lettore da trascurare la trama stessa, che aveva in origine un ottimo potenziale.

Molto deludente è anche il fatto che l’autrice, che ha cercato di analizzare così nel profondo la psiche di una persona con un passato traumatico, non abbia preso in considerazione anche il suo evolversi (così come quello degli altri personaggi). Per essere più precisi: nel corso della vita i pensieri, i sentimenti, le opinioni e i desideri di una persona cambiano, mentre in questo caso restano sempre uguali e non si evolvono, e come è possibile che una persona invecchiando non cambi minimamente? Questa pecca si riscontra più volte nel corso della storia, tanto che in certi momenti si fa persino fatica a capire quale sia la vera età dei personaggi messi in scena.

Anche lo scorrere del tempo è deludente: ci sono dei salti temporali veramente ampi, con cui si tralasciano degli aspetti della vita magari anche molto significativi. Inoltre, si fa fatica a capire in che anni sia ambientata la vicenda, perché non ci sono riferimenti ad avvenimenti reali (si capisce che è ambientata in tempi recenti per alcuni aspetti, ma mancano proprio alcuni elementi di contatto con la realtà).

Arriviamo infine all’aspetto centrale di tutto il romanzo: il dolore.
Quello che scrive l’autrice è un testo che si basa proprio sul piacere che si prova leggendo della sofferenza altrui.
Ecco, questa cosa è talmente esagerata da offuscare altri aspetti che avrebbero reso la storia molto più avvincente.
É veramente troppo! É veramente irrealistico quello che viene raccontato! Sembra quasi che l’autrice abbia esagerato così tanto il dolore solo per creare dipendenza dalla sua storia.

Questa non è una totale stroncatura: il testo si fa leggere senza problemi ed è molto scorrevole, ma ci sono comunque molti aspetti, come la trama del tutto trascurata a un certo punto, che potevano essere resi meglio. Diciamo che se l’autrice si fosse concentrata un po’ di più sull’evoluzione della trama e di meno sulle scene di dolore, il risultato sarebbe stato molto più convincente.

In generale Una vita come tante aveva un ottimo potenziale che purtroppo è stato mal sviluppato.

Di Alessia Imbrici

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*