Sostituzione etnica: basta chiamare le dichiarazioni della destra ‘scivoloni’

Ha senso temere la ‘sostituzione’ in un mondo globalizzato a prova di click? Il ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida ha lasciato il web (e non solo) a bocca aperta dopo le sue recenti dichiarazioni ritenute suprematiste

Il discorso del ministro Lollobrigida durante la riunione del sindacato Cisal, tenutosi lo scorso 18 aprile, era stato accompagnato da applausi mentre rivendicava la necessità di assistenza alle giovani famiglie e alla tutela del lavoro, manifestando la sua preoccupazione per la natalità in Italia; il discorso precipita pochi secondi dopo schiantandosi sul suolo di internet, dove l’eco della paternalistica tutela della famiglia per “non arrendersi alla sostituzione etnica” ha fatto alzare le antenne al mondo del web.

Dopo un primo momento di stupore arriva l’intervento della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein che, durante la manifestazione contro il decreto Cutro, specifica che le dichiarazioni del ministro sono “parole che hanno il sapore del suprematismo bianco” pretendendo dal partito di maggioranza una presa di posizione su queste parole ormai diventate uno ‘schema’ nella comunicazione della destra, oltre che ideologia predominante in questi ultimi anni in Europa.

Dall’altro lato, provoca profonda indignazione la vignetta accusata di misoginia pubblicata da Il Fatto Quotidiano, che porta la firma di Natangelo, raffigurante la moglie di Lollobrigida (nonché sorella della presidente del Consiglio) a letto con un uomo di colore ironizzando sull’assenza del marito intento a non arrendersi alla sostituzione etnica.

Giorgia Meloni interviene sui suoi canali social dichiarando sdegno per l’utilizzo della figura della sorella per scopi politici aggiungendo, “più sono circondata da questa ferocia, più so di fare bene il mio lavoro”.

Il punto di questa ennesima problematica vicenda è che non si accetti che la multiculturalità e la collettività nel nostro paese vanno a braccetto in un mondo che muta e si muove. La comunicazione che vede le persone come armi da usare contro gli altri e diffondere timore fa parte di un ben più ampio spettro legato alla ideologia di estrema destra.

Dichiarazioni come queste ci fanno capire che il razzismo interiorizzato fa parte delle nostre radici profonde. Sta nei discorsi a tavola, in televisione e per le strade, una paura strumentalizzata nel linguaggio politico e nei media volto a creare una visione spesso distorta della realtà sociale che ci circonda.

La paura del ‘diverso’ è un virus che tocca ognuno di noi e l’unico modo per combattere questo veleno è partire da noi stessi. Chiedersi il perché, domandarsi come mai il pregiudizio è così forte da invalidare le nostre azioni e i nostri pensieri rispetto a intere collettività o gruppi etnici.

Serve consapevolezza nelle parole che usiamo, nel rapportarci con gli altri e questo non sta a significare che ‘non si può più dire niente’, ma per renderci conto che intorno a noi esistono persone. E come tali è necessario rispettarle perché se non sarà così saremo noi sbagliati, con una visione dei rapporti sociali completamente offuscata da idee che non danno un vero contributo al nostro paese.

Sta nella responsabilità comune non permettere che queste dichiarazioni vengano catalogate come ‘scivoloni’ perché non si tratta di aver sbagliato a pronunciare una parola: in questa dichiarazione c’è l’intenzione di un’ideologia volta a tenere ben lontani gli uni dagli altri per il terrore di essere sopraffatti da una ‘entità malvagia’ arrivata nel continente bianco e cristiano per sostituire noi e le tradizioni che ci identificano.

Sta nella decisione degli elettori scegliere che queste persone non abbiano poteri che un giorno potranno vincolare noi o i nostri prossimi.

Quello che probabilmente serve per crescere come Stato forse sta proprio nella possibilità di includere per poter riconoscere tanti lavoratori e lavoratrici come parte integrante del nostro sistema economico, garantendo dignità come individui e pari possibilità di progresso e autodeterminazione.

Il problema qui non risiede nel volto di un ministro, un solo uomo da incolpare per avere detto una cosa politicamente scorretta, del quale si è scusato dichiarandosi “ignorante e non razzista”, ma un intero sistema di comunicazione volto a diffondere incertezza invece di fornire strumenti paritari per poter capire (e da un lato sostenere) la multiculturalità che non ha mai voluto accanirsi su nessuno.

di Nicole Bonori

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