L’eccidio di Buggerru e il primo sciopero generale in Italia

Il diritto allo sciopero è oggi sancito dall’articolo 40 della Costituzione, ma la strada per ottenere questo importante riconoscimento è stata lunga e tortuosa ed è partita da un piccolo paese della Sardegna

Storicamente lo sciopero è stato il principale strumento utilizzato dalle persone per ribellarsi a delle condizioni di vita opprimenti o per conquistare i diritti rinnegati. Nella maggior parte dei casi consiste in un’astensione concentrata dal lavoro, posta in essere dai lavoratori al fine di ottenere una maggiore tutela dei loro diritti e interessi. Solo nel mese di aprile del 2023, in Italia, ci sono stati diversi scioperi nei trasporti, la Francia è scossa da numerose manifestazioni contro la riforma delle pensioni di Emmanuel Macron e in Germania il personale di volo sta rivendicando migliori retribuzioni di straordinari, weekend e lavoro notturno. Ma non è sempre stato così facile astenersi dall’attività lavorativa, in segno di protesta.

Le tappe fondamentali del diritto di sciopero

Originariamente, sotto la vigenza del codice penale sardo del 1859, lo sciopero veniva considerato un vero e proprio reato e, come tale, era soggetto a pene detentive e pecuniarie. In seguito all’entrata in vigore del codice Zanardelli nel 1889, tale concezione venne superata grazie all’affermarsi di un nuovo atteggiamento tollerante dello Stato nei confronti degli scioperi. Al contempo, si affermò anche una legislazione finalizzata a limitare fortemente la libertà di sciopero dei dipendenti pubblici e dei lavoratori nei servizi pubblici essenziali.

L’avvento del regime fascista e la contestuale emanazione del codice Rocco nel 1930 segnò il ritorno a una politica repressiva. L’entrata in vigore della Carta costituzionale sancì espressamente il riconoscimento dello sciopero come diritto. Nel 1970 lo Statuto dei lavoratori stabilì il divieto degli atti discriminatori del datore di lavoro verso dipendenti partecipanti a scioperi.

L’eccidio di Buggerru

Il primo sciopero generale in Italia è stato proclamato in seguito agli avvenimenti accaduti in un piccolo paese della Sardegna: Buggerru. Il 4 settembre 1904 tre o quattro minatori rimasero uccisi dai colpi di fucile dei soldati che sedarono col sangue uno dei primi scioperi dell’Italia unita.

Buggerru era un grosso borgo minerario che contava, nei suoi periodi più floridi, fino a novemila abitanti. Situato nella costa occidentale della Sardegna, il paese era in mano alla Societé anonime des mines de Malfidano, la società proprietaria della miniera costituita a Parigi nel 1866, che possedeva ogni cosa: dal suolo alle scuole, dalla chiesa al cimitero.

I dirigenti e gli impiegati di grado elevato abitavano da un lato del paese, quello più lontano dalle miniere. Tutti gli altri vivevano in misere catapecchie o in case scavate nella roccia. Al borgo minerario veniva dato il nome di Petit Paris e ancora oggi il paese è diviso da alte mura.

Il direttore della società mineraria era l’ingegnere Achille Georgiades, che governava su oltre 2.500 minatori. Ad essi si aggiungevano i lavoratori della cernita, che erano in maggioranza donne, adolescenti e, molto spesso bambini. I salari andavano da un massimo di due lire e settantacinque centesimi al giorno per gli operai nelle miniere e circa ottanta centesimi per le cerniti.

Nel paese, la società possedeva anche i negozi di generi alimentari e imponeva i prezzi, per cui quello che i minatori guadagnavano lo dovevano restituire se volevano vivere. I lavoratori vivevano una condizione di vera e propria schiavitù: non vi erano contratti di garanzia, i turni di lavoro erano di almeno otto ore e non era previsto neanche un giorno di riposo settimanale. Il direttore decise, inoltre, di ridurre di un’ora la pausa di lavoro concessa ai lavoratori.

Pozzi, officine, laveria e magazzini rimasero deserti e gli operai circondarono il villino del direttore, interrompendo il lavoro in ogni impianto.

Eccidio di Buggerru, da Consiglio regionale della Sardegna

Il direttore trattò con la commissione operaia, ma in realtà cercò di prendere tempo in attesa dell’arrivo da Cagliari dell’esercito. All’arrivo delle truppe si scatenò la protesta e dalla folla partirono le prime sassate. I militari risposero con il fuoco che provocò la morte di due minatori. Un terzo morì dopo quindici giorni in ospedale e un quarto minatore dell’Oristanese perse la vita dopo venti giorni, ma non si riuscì mai a collegare quella morte alla sparatoria.

Le conseguenze

Da subito, la vicenda, passata alla storia come l’eccidio di Buggerru, ebbe un’incredibile risonanza in Sardegna e in tutta la penisola. La Camera del lavoro di Milano indette il primo sciopero generale d’Italia e da quello sciopero nacque poi l’idea della prima centrale sindacale. Lo sciopero nazionale venne proclamato dalle organizzazioni dei lavoratori per il giorno 16 settembre e si richiedeva che le truppe non intervenissero più nel conflitto fra capitale e lavoro. Lo sciopero continuò fino al 21 settembre 1904, espandendosi a macchia d’olio in tutta la penisola. Anche se non portò i risultati che i promotori si erano prefissati, ebbe un significato molto importante. Giolitti, allora capo del governo, fu costretto a rassegnare le dimissioni.

Ad oggi, il paese di Buggerru conserva un simbolo di questa epopea mineraria: la Galleria Henry. La visita alla galleria Henry, messa in sicurezza e visitabile su prenotazione, è un viaggio nel tempo all’interno della miniera di Pranu Sartu, la più celebre e produttiva di Buggerru.

Situazione attuale

Nell’ordinamento attuale lo sciopero non solo non è considerato un reato, ma nemmeno un inadempimento del contratto. I lavoratori subordinati, quindi, hanno il diritto di astenersi dalla prestazione lavorativa quando lo ritengono necessario per tutelare i propri interessi collettivi, senza subire nessuna delle conseguenze tipiche dell’inadempimento contrattuale.

Esistono diverse tipologie di sciopero: dallo sciopero a singhiozzo, con momenti di sciopero alternati a brevi riprese di lavoro, allo sciopero a scacchiera. In quest’ultimo caso diversi comparti di una stessa azienda si alternano nelle fasi dello sciopero: prima si ferma un comparto e successivamente alla ripresa di questo se ne ferma un altro. Si parla, invece, di sciopero bianco quando i lavoratori si recano sul posto di lavoro, ma non effettuano alcuna prestazione lavorativa.

La storia degli scioperi è costellata di vittorie e di sconfitte. A distanza di quasi 120 anni dall’eccidio di Buggerru, l’improduttività, così come l’interruzione della produzione, rimane l’arma più fruttuosa usata dai lavoratori per la negoziazione. Proprio la storia dimostra che l’efficacia delle lotte è molto più alta laddove queste vengano collegate tra loro. Nella maggior parte dei casi, uno sciopero è realmente proficuo se si inserisce in un contesto più ampio di agitazione coordinata.

di Laura Ruggiero

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