Gli sceneggiatori di Hollywood sono (ancora) in sciopero: cosa comporterà in futuro e cosa ha comportato in passato

Le proteste sono iniziate i primi di maggio, alla scadenza del contratto con le case di produzione: gli autori chiedono salari più equi e il riconoscimento del loro lavoro creativo. Guardando anche al passato, non tutti gli scioperi vengono per nuocere

Il 2 maggio, a Los Angeles, è iniziato lo sciopero di migliaia di sceneggiatori di Hollywood, indetto dalla Writers Guild of America (WGA), il sindacato che rappresenta gli sceneggiatori statunitensi di trasmissioni televisive, serie tv, film e altri contenuti diffusi tramite i media internazionali, dopo la scadenza del contratto triennale collettivo e una decisione univoca degli stessi sceneggiatori: gli assensi per lo sciopero sono stati del 98% degli oltre 9mila sceneggiatori rappresentati dal sindacato.

Reso noto dalla WGA con un comunicato stampa e con un post dell’associazione stessa su Twitter, lo sciopero è stato indetto dopo settimane di trattative con l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP), ovvero i rappresentanti dei produttori cinematografici e televisivi, tra i quali Warner Bros., Universal e Sony Columbia e Disney, ma anche delle principali piattaforme streaming come Netflix e Prime video, le quali non hanno portato a nessun accordo.

Più riconoscimenti e meno intelligenza artificiale: ecco cosa chiedono gli sceneggiatori ai produttori

Primo sciopero degli autori in quindici anni (l’ultimo contratto è stato rinegoziato nel 2017 senza complicanze) non si sa quanto durerà e quali conseguenze causerà, ma ad essere certe sono le sue motivazioni: attraverso la WGA gli sceneggiatori chiedono un aumento dei salari, il quale corrisponde ad un maggior riconoscimento economico dei loro diritti d’autore, dopo che l’evoluzione del mercato in streaming delle produzioni cinematografiche e televisive ha profondamente cambiato il settore e un riconoscimento del lavoro di scrittura che precede l’effettiva produzione, spesso non retribuito.

L’avvento dello streaming e il sostanziale spostamento di gran parte del settore audiovisivo su queste piattaforme, ha inoltre portato all’attenzione degli sceneggiatori le molte modifiche che vi sono state, anche (e soprattutto) a loro discapito. Questo cambio di fruizione ha dimezzato il numero di episodi per stagione, i quali sono passati da una media di 20-22 episodi, a 8-10 episodi a stagione, portando anche a un dimezzamento delle retribuzioni e degli sceneggiatori per la scrittura di un singolo prodotto

Un altro cambiamento è avvenuto sulle royalty, ovvero le compensazioni monetarie degli autori quando una serie viene trasmessa nuovamente o un film viene noleggiato o mandato in onda in televisione. Tuttavia, oggi che la maggior parte dei prodotti vengono distribuiti in streaming, il sistema di calcolo basato sulle repliche non funziona più, poiché non devono più essere riacquistati periodicamente.

Molti sceneggiatori si sono espressi sulla questione, spiegando come sia difficile vivere in una città come Los Angeles o New York, con un lavoro precario e mal retribuito, non riuscendo nemmeno a pagarsi l’assicurazione medica. Uno degli sceneggiatori della serie The Bear, Alex O’Keefe, ha raccontato che spesso si ritrova ad avere pochi dollari sul conto corrente, e di essersi fatto regalare il completo per partecipare alla premiazione della serie. Vi è anche la testimonianza di Michael Mohan, sceneggiatore di Everythings sucks, il quale si sfoga su Twitter rivelando che rubavano il cibo dalla mensa di Netflix e che per molti mesi hanno lavorato gratuitamente.

Inoltre, gli autori chiedono delle garanzie sull’utilizzo sempre più smodato dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel produrre sceneggiature e personaggi con programmi come ChatGPT o Dall-E, sollecitando che venga inclusa nei contratti una clausola che stabilisca che ogni sceneggiatore riconosciuto nella produzione di una serie o in un film sia un ‘essere umano’, e che sceneggiature o altri materiali non possano essere scritti dalle IA, né che vengano utilizzate per generare materiale di partenza o ‘addestrate’ usando il precedente lavoro degli sceneggiatori stessi.

fonte: Pixabay

Tuttavia, gli studios hanno prontamente rigettato la proposta, offrendo in cambio degli “incontri annuali per discutere sui progressi della tecnologia”, scatenando nuovamente le critiche dei diretti interessati: Mark Harris, critico e scrittore della storia del cinema, ha dichiarato che “se l’idea di sostituirsi con un programma per computer non è fuori discussione, indica una fondamentale mancanza di rispetto e un sostanziale malinteso su cosa sia la scrittura e cosa facciano gli scrittori”.

Ci tiene inoltre a specificare, sul sito della WGA, un’altra questione: “Sappiamo dove stanno andando le cose. La tecnologia sta giocando un ruolo più importante che mai e non se ne andrà, e quello che stiamo facendo in questo momento è assicurarci che il nostro settore sia ancora in grado di darci da vivere e lavorare”.

Le conseguenze dello sciopero nel breve e nel lungo periodo

La protesta è iniziata da due settimane, ma i primi effetti dello sciopero sono già visibili nei talk show serali statunitensi (come il Jimmy Kimmel Live! condotto dall’omonimo Jimmy Kimmel o il The Tonight Show condotto da Jimmy Fellon), i quali hanno anticipato la chiusura di stagione degli show; al loro posto vengono mandate in onda delle repliche. Trattandosi di programmi scritti giorno per giorno, questo arresto repentino è stato necessario dopo l’inizio degli scioperi degli sceneggiatori, ma i presentatori appoggiano questa scelta, come lo stesso Jimmy Kimmel, il quale ha spiegato la sua posizione rispetto alle proteste: “Non avrei un programma, se non fosse per i miei autori. Sono con loro fino in fondo”.

Molti altri personaggi del settore hanno espresso la loro solidarietà agli sceneggiatori, e tra gli esempi più lampanti vi è l’ultima edizione degli Mtv Tv & Movie Awards, i quali si sono svolti in differita tramite uno show preregistrato, senza la presenza dell’attrice e conduttrice Drew Barrymore, la quale ha deciso di non presentare la cerimonia in sostegno alla WGA.

Tutt’altra sorte avranno le serie tv e i film internazionali, per i quali le conseguenze si vedranno solo più avanti, nel caso lo sciopero continui. Le piattaforme di streaming, infatti, hanno già pronte molte sceneggiature, anche per l’appena passata pandemia, nella quale si è scritto molto e girato molto poco.

Per quanto riguarda le serie in onda sui canali generalisti, come Grey’s Anatomy, Ncis o The Good Doctor, la stagione di messa in onda si è già conclusa, senza provocare nessun danno sugli episodi previsti per quest’anno. Nonostante questo, tutto è ancora da vedere; infatti, in questi mesi gli sceneggiatori scrivono le puntate in previsione dell’inizio delle riprese nel mese di luglio, per poi mandare in onda il prodotto girato nel mese di settembre. Di conseguenza, se lo sciopero continua, tutta la filiera entrerà in crisi.

La seconda stagione dello spinoff del Trono di Spade, House of the Dragon, non avrà ripercussioni, poiché i copioni sono pronti da mesi e attualmente sono in atto le riprese nel Regno Unito, tuttavia rimane il problema di non avere gli sceneggiatori sul set, i quali apportano le modifiche allo script in modo istantaneo, se necessario.

Per la tanto attesa seconda parte della quinta stagione di Strager Things, le cui riprese erano appena iniziate, invece non ci sono ancora state alcune dichiarazioni ufficiali. I fratelli Duffer, autori e creatori della serie, hanno già consegnato gli sceneggiati, per questo motivo non dovrebbero esserci ripercussioni; tuttavia, hanno spiegato sui loro profili Twitter che non sarà possibile girare durante lo sciopero.

Per quanto riguarda i film, l’impatto dello sciopero è meno evidente poiché la produzione necessaria è più lunga. Alcuni film che usciranno quest’anno, come Aquaman 2, non subiranno nessune ripercussioni, mentre per quelli che stanno iniziando in questi mesi le loro produzioni non vale lo stesso, come per il nuovo Superman, le cui riprese dovevano cominciare a gennaio per poi lanciare il film nel 2025.

Ciononostante, l’effetto è molto evidente sulle produzioni più piccole, le quali hanno bisogno di poca post-produzione, riuscendo ad essere completate in pochi mesi; per questa motivazione, non vengono organizzati con largo anticipo, di conseguenza su queste pellicole rischiano di farsi sentire già sulle nuove uscite nei primi mesi del prossimo anno.

Una ‘lunga tradizione’ di scioperi della WGA

Sebbene questo sciopero stia avendo un impatto significativo sull’industria cinematografica e televisiva degli Stati Uniti, non è la prima grande interruzione delle produzioni americane, le quali si sono fermate svariate volte dal 1960, quando ci fu il primo sciopero, fino ad arrivare alla protesta durata 100 giorni nel 2007, per uno dei più lunghi scioperi degli sceneggiatori, secondo solo a quello del 1988, duratone 158.

La prima disputa tra la Writers Guild of America e l’Alliance of Motion Picture and Television Producers è avvenuta nel 1960 e durò quasi 22 settimane, vedendo scioperare anche degli attori, concludendosi con migliori diritti e pensioni per gli sceneggiatori, colpendo fortemente diversi studi cinematografici, tra i quali Paramount Pictures, Twentieth-Century Fox, Walt Disney Pictures e la Warner Brothers.

Successivamente, fu indetto uno sciopero nel 1981, per stabilire dei nuovi contratti dopo l’avvento della pay TV e dell’home video, per poi protestare nuovamente sette anni dopo, nel 1988, in uno degli scioperi più lunghi di tutta la storia delle proteste degli sceneggiatori.

Azione intrapresa sempre dalla WGA contro l’AMPTP e durato dal 7 marzo al 7 agosto 1988, gli autori chiedevano un nuovo aumento di stipendio, un aumento delle royalty e un’estensione dei diritti creativi, potendo così avere voce anche sulla scelta di attori e registi per alcuni progetti. Anche in questo caso, i membri del WGA furono coesi nell’attuazione dello sciopero, con un 96% di voti a favore.

Gli effetti di questa interruzione hollywoodiana furono molteplici, ritardando l’inizio del palinsesto autunnale dello stesso anno, posticipandolo ai mesi di ottobre e novembre, riducendo notevolmente il pubblico televisivo medio.

Non tutti gli scioperi però vengono per nuocere, difatti nel film Batman dell’89, diretto da Tim Burton, lo sceneggiatore Sam Hamm viene sostituito dai due co-sceneggiatori britannici di Beetlejuice: Warren Skaaren e Charles McKeown per il lavoro di riscrittura dello script (dopo che Hamm ha preso parte agli scioperi). Voluto fin dall’inizio da Burton e rifiutato da Hamm, nella loro bozza è stato introdotto uno dei più importanti snodi narrativi delle pellicole: Joker è l’assassino dei genitori di Bruce Wayne.

fonte: Pixabay

Si arriva così allo sciopero del 2007, iniziato il 5 novembre e terminato il 12 febbraio del 2008, nel quale hanno preso parte 12.000 sceneggiatori cinematografici e televisivi, stimando una perdita di 2,1 miliardi di dollari, ovvero circa 20 milioni di dollari al giorno.

Gli autori hanno chiesto stipendi più equi, in un periodo in cui i profitti delle case produttrici erano molto alti, e un’ulteriore regolamentazione nei contratti rispetto alle royalty rispetto ai DVD, i quali iniziavano ad essere scaricati e trasmessi in streaming online, e un compenso in linea con l’avvento dei nuovi media e Internet.

Una delle conseguenze, analogamente a quello che stiamo vivendo in questo momento, è stato un immediato blocco dei talk show serali: uno dei momenti più iconici fu quando il conduttore Conan O’Brien fece girare sul tavolo la sua fede nuziale il più a lungo possibile, in solidarietà agli sceneggiatori in sciopero.

Molte produzioni di serie tv si interruppero, dovendo dimezzare i propri episodi, come nel caso di Scrubs, passato dai diciotto episodi previsti a undici, la prima stagione di Breaking Bad, composta da sette episodi invece che tredici e anche Lost, serie del momento, subì un impatto negativo, insieme a un’altra ventina di serie, tra le quali Ugly Betty, The Big Bang Theory e The Office USA.

Tuttavia, a questi scioperi del 2007 si può attribuire il merito di aver aumentato la proliferazione dei reality, portando sotto ai riflettori spettacoli come Project Runway e i Kardashian e avendo un pubblico di 31 milioni di spettatori alla finale del 2008 di American Idol, la quale ha portato Fox ad essere per la prima volta il canale più visto negli Stati Uniti.

di Beatrice Guaita

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