(Non è) questione di chimica

IL BLOG DI MARICA MUSUMARRA

La settimana scorsa ho avuto il piacere di intervistare Giacomo Rizzolatti. Per chi non lo conoscesse, è stato a capo di un gruppo di ricerca parmigiano che negli anni ’90 ha scoperto i neuroni specchio che, presenti nel cervello di ogni essere umano, sono quelli che permettono di ‘sentire’ gli altri, comprenderli e imitarli. Alla fine dell’intervista abbiamo scherzato un po’ sul modo di dire “è tutta questione di chimica”, facendo riferimento al feeling che può crearsi tra due persone in modo più o meno naturale. Ecco, “è tutta questione di chimica” è davvero un modo di dire. Rizzolatti ha confermato che nel ‘sentire’ le persone la chimica non influisce manco alla lontana, dato che si basa tutto su uno scambio di segnali che come in ogni atto comunicativo che si rispetti partono da un mittente per arrivare ad un ricevente, perfettamente o no.

Soffermiamoci su questo ‘perfettamente o no’. Benissimo. Se mai qualcuno avesse studiato un minimo il processo di comunicazione, sarebbe a conoscenza del fatto che nel passaggio dal mittente al ricevente il messaggio può subire molestie da parte del cosiddetto ‘rumore’, per gli amici ‘interferenza’. Se il molestatore entra in gioco, col piffero che il messaggio arriva come dovrebbe arrivare. E si capiscono fave per fagioli. Ci siamo fin qui? Andiamo avanti.

Sempre Rizzolatti, poi, ha aggiunto come spesso la causa dello storpiamento del messaggio iniziale non dipenda tanto dal viaggio percorso, quanto dalla capacità del ricevente di captarne il giusto significato. Come quando (parole sue) un tipo sorride ad una tipa e la tipa pensa che il tipo sia innamorato di lei. Niente, a quel punto siamo entrati in confidenza e avrei tanto voluto dargli un bacetto in fronte. Ha ragione. Ci sono persone che recepiscono perfettamente e persone che invece non capiscono una cippa di niente (‘cippa’ ovviamente è un termine mio).

Allora giusto, funziona così: io mando dei segnali, l’altro può capire o no. Quindi se io segnalo che non voglio essere stressata non è detto che l’altro recepisca. Oppure se segnalo ad uno che non mi piace nessuno mi assicura che i suoi neuroni specchio gli bussino sulla scatola cranica urlandogli “NO!”. O ancora, se continuo a segnalare che una cosa mi da fastidio esiste la possibilità che l’altro continui a farla. Ok.

E quindi di chi è il problema? Mio che non mando correttamente il messaggio? Dell’altro che è ritardato? O di un’interferenza tra neuroni specchio che, fermi ad un semaforo, litigano su chi debba passare per primo? Questa domanda non l’ho posta al prof, ma solo perché so cos’avrebbe fatto dopo aver ascoltato il mio lungo elenco di segnali mandati e recepiti malissimo: mi avrebbe accarezzato la testa (come si fa con i cuccioli) e mi avrebbe consigliato di cambiare pianeta, probabilmente.

Tanto per consolarmi da sola, mi sono data una risposta: mi sono immedesimata in un neurone specchio e ho pensato che anche lui magari va alla ricerca del suo neurone specchio gemello. Come quando si parla di ‘altra metà della mela’, o dello ‘yin’ che cerca lo ‘yang’. Ste cose così, insomma. Come un pescatore che attacca il vermicello all’amo e lascia andare la canna in mare in attesa che qualche pesce abbocchi, ogni persona lancia il proprio mondo interiore in balia del mondo esteriore, aspettando che un essere compatibile afferri. Certo, ho appena paragonato la mia (e l’altrui) personalità ad un vermicello, però la metafora mi sembra abbastanza chiara.

E così, come il pesce viene tirato su dal pescatore attraverso la canna, l’anima compatibile viene trascinata tra le braccia della sua gemella. Solo che il pesce poi sappiamo che fine fa: viene mangiato. L’anima compatibile si spera faccia una fine diversa. Tipo iniziare un lungo scambio di segnali tra neuroni specchio, che partano in un modo e arrivino allo stesso identico modo, senza rumori e senza interferenze, senza molestie e senza fraintendimenti. Liberi di lasciarsi andare, sicuri di essere compresi.

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