Donne che hanno rivoluzionato la biologia: Blakburn, Nusslein-Volhard, Lederberg

Ultimo appuntamento di questa rubrica dedicata alle donne che sono state e sono tuttora parte integrante della storia delle scienze

Si è giunti all’ultimo articolo della rubrica dedicata alle donne che hanno rivoluzionato la scienza. Durante queste settimane abbiamo analizzato 30 profili di donne che grazie al loro lavoro hanno lasciato un’ impronta indelebile in varie discipline delle scienze. Le donne che si sono occupate e si occupano di scienza sono molte di più e saranno sempre più numerose.

Per concludere questo viaggio nella cultura scientifica di stampo prettamente femminile, analizzeremo tre figure importanti nelle scienze: Elizabeth Blakburn, biologa molecolare, Christiane Nusslein-Volhard, biologa ed Esther Lederberg, microbiologa.

Elizabeth Blakburn è nata nel 1948 in Tasmania, Australia. La sua passione per la biologia deriva dal fatto che da bambina era solita giocare con molti animali i quali venivano considerati come migliori compagni di gioco.

Dopo aver concluso l’università in Australia, si è trasferita in Inghilterra per svolgere il suo dottorato ed è stato lì che ha messo in pratica la sua passione per lo studio del DNA. Dopo l’Inghilterra si è trasferita in America per continuare a fare le sue ricerche riguardo il DNA. Ha scoperto la struttura molecolare dei telomeri e ha co-scoperto l’enzima telomerasi, tasselli essenziali nel puzzle della divisione cellulare e della replicazione del DNA. La sua ricerca offre speranza per il trattamento del cancro, indizi sul mistero dell’invecchiamento e persino legami biologici tra le circostanze della vita e la durata della vita. Nel 2009 le fu conferito il Premio Nobel per la medicina in merito allo studio svolto riguardo a come i cromosomi sono protetti dai telomeri e dall’enzima telomerasi.

Christiane Nusslein-Volhard è nata nel 1942 in Germania in una famiglia di artisti. Nonostante l’ambiente creativo che la circondava, Christiane ha sempre desiderato diventare una biologa. I tempi in cui studiò erano piuttosto difficili per le donne che volevano perseguire una carriera e non badare alla casa come veniva richiesto loro.

Sapeva che avrebbe incontrato ostacoli dovuti alla denigrazione di genere, ma nonostante questo non è mai arresa e dopo anni di studio intenso ha vinto il Nobel per la fisiologia e medicina nel 1995. A farle guadagnare il tanto ambito premio fu il suo lavoro di ricerca sul controllo genetico dello sviluppo embrionale.

Le ricerche che condussero la Nüsslein-Volhard ed i suoi collaboratori a vincere il Nobel avevano lo scopo di identificare i geni coinvolti nello sviluppo degli embrioni della Drosophila melanogaster, organismo già da molto tempo utilizzato come modello negli studi genetici sia per il breve ciclo vitale sia per le dimensioni ridotte adatte per gli studi in laboratorio. (fonte wikipedia)

Tra le curiosità di Christiane c’è che i giornali la chiamavano “lady of  flies” e “dame drosophila”.

Esther Lederberg è nata nel 1922 nel Bronx da una famiglia molto povera. Da bambina alle volte rubava le zampe delle rane che vivisezionavano a scuola per poterle mangiare. Inizialmente Esther si era iscritta alla facoltà di letteratura francese, ma ben presto cambiò opinione e si laureò in biochimica.

La sua scoperta più famosa è il batteriofago lambda, un virus che infetta i batteri, da lei isolato nel 1951, mentre lavorava all’Università del Wisconsin assieme a suo marito J. Ledemberg il quale nel 1958 vinse il Premio Nobel per lo studio appena menzionato. In questo caso si è trattato di un palese e ingiustificabile effetto Matilda. Addirittura lui non la ringraziò durante il discorso di premiazione. La coppia divorziò pochi anni dopo l’ attribuzione di quel premio. Nel 2006, durante il suo funerale, il collega in pensione Falkow disse che la Lederberg fu anche discriminata all’Università: “Ha dovuto combattere anche solo per essere nominata professore associato, mentre meritava sicuramente il posto di ordinario. Ma il suo non era certo l’unico caso: a quell’epoca le donne erano trattate molto male nel mondo accademico”.

Il concetto della scienza come disciplina esclusivamente maschile è ancora recondito in molte culture, anche quelle più all’avanguardia. Esistono molte organizzazioni che si occupano di outreach nelle scienze e che dedicano alle studentesse giornate speciali per dimostrare loro che il pregiudizio nei loro confronti è mera bugia e che se desiderano avere una carriera come scienziate, nulla e nessuno deve impedire loro di inseguire questo obiettivo. La sensibilizzazione anche dei maschi deve avvenire tra i banchi di scuola. Solo così le generazioni future potranno essere libere di lavorare negli ambiti che ciascun individuo desidera per se stesso, a prescindere dal sesso, dal colore della pelle e, possibilmente, dallo strato sociale di provenienza. La scienza non ha confini, non giudica e non ostacola le menti brillanti ecco perché non ci dovrebbe essere alcun tipo di discriminazione in questa materia che porta l’umanità oltre i limiti della conoscenza.

di Fabiola Cacciatore

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