Diventare adulti: la guida che ancora non esiste

Breve excursus sul processo casuale del diventare grandi (ed essere consapevoli di esserlo)

Qualcuno tempo fa mi disse che quando si vuol scrivere, non bisogna mai iniziare dal titolo. Il titolo dovresti partorirlo dopo aver detto quello che hai da raccontare, quasi fosse una conseguenza. E, se posso dire, mi sono sempre affidata volentieri a questa ‘regola’. Oggi, però, non voglio farlo. Oggi voglio partire proprio da due strane parole per raccontarvi, affidandomi al mio flusso di coscienza – senza censure ( o quasi) e senza remore – il diventare adulti.

Che poi, se devo iniziare dicendovi per me cosa significa, vi dico che significa imparare, inconsciamente, a dare valore al tempo, perché quello che hai a disposizione è poco, pochissimo, sempre meno di quanto vorresti. E per questo diventi adulto e – quasi in parallelo – diventi fan della qualità: del tempo, delle persone, delle cose.

C’è chi poi, come me, si improvvisa adulto. Lo diventa per caso, da un giorno all’altro, e finge di sapere come si fa. Eccoti lì che dici il tuo primo vero e sentito “No” ai tuoi genitori, forte delle tue scelte e convinzioni. Eccoti lì che esci di casa, vai a lavorare, rientri, porti fuori il cane, rientri, apri il frigo: poca roba, non hai tempo, non hai idee, vuoi dormire, sei esausto, ma ce l’hai fatta. Sei lì.

Il tempo scorre e tu impari ogni giorno a fingere sempre un po’ meglio di saperlo fare, l’adulto. E fingi talmente bene, che anche tu stesso non capisci più, guardandoti allo specchio, se effettivamente stai ancora fingendo o lo sei diventato veramente.

Ecco, forse sì, ad un certo punto lo diventi veramente, mentre i tuoi “No” veri e sentiti aumentano, esci di casa, vai a lavorare, rientri, porti fuori il cane, rientri, apri il frigo, eccetera eccetera eccetera…

Quando diventi adulto, ti rendi conto del fatto che non sono sempre e solo gli altri il problema e che non sei sempre e solo tu la vittima. Realizzi che, più o meno, ci destreggiamo tutti sulla stessa enorme, barcollante barca. E allora diventi più comprensivo, più flessibile, sicuramente meno stronzo.

E proprio perché impari che, più o meno, siamo tutti uguali, capisci anche che chiedere aiuto non è poi così male. Anzi, che è bello, bellissimo. E impari talmente bene a conoscere e apprezzare la sensazione che il ricevere aiuto può trasmettere, che diventi addirittura più elastico nell’offrirlo agli altri, senza bisogno di troppe parole; perché ti ricordi che tanto, più o meno, siamo tutti uguali.

Qualche giorno fa, su questo proposito, discutevo con un’amica, presa dalle paturnie relazionali davanti cui solo l’essere adulto sa metterti di fronte:

Chiaramente, tenendo come premessa il fatto che, oggettivamente, siamo completamente ed assolutamente capaci di badare a noi stesse, di risolvere i nostri drammi e di auto consolarci, ti dico:
Il punto non è cercare o accettare aiuto perché incapaci, ma perché l’altro dovrebbe servire a dirci :‘aspetta, so che lo sai portare da sola sto fardello, ma dai l’altro manico a me così è più leggero e si arriva prima’
È come portare la spesa in due, è meglio, no?
Cioè, saresti in grado di portarla da sola. Ci saresti comunque andata, perché mangiare avresti dovuto mangiare. Ma quando sei lì, in salita, e l’altro ti guarda e prende il secondo manico della busta, lì, ringrazi.

Quando diventi adulto, e capisci di esserlo diventato, impari anche a capire per cosa soffrire.

Di cose che sono lì, pronte a farci del male, ce ne saranno a migliaia e non vorrei dire che non avremo il tempo per soffrire per tutte quante, ma davvero, non ne avremo il tempo.

Ne va anche (e soprattutto) della qualità del nostro tempo, che abbiamo detto essere poco e, quindi, prezioso. Per questo, arrivi ad un punto in cui devi scegliere perché, per chi e per cosa stare male. Mark Manson, nel suo libro La sottile arte di fare quello che cazzo ti pare, descrive proprio questo aspetto della vita, avvalorandolo con validissimi studi accademici ed episodi di vita reali. Dice che, migliorare la nostra vita, non dipende dall’affrontare con falsa positività le ostilità che ci si presentano davanti, o nel girare loro le spalle. Bisogna riconoscerle, capire quali siano effettivamente degne di recarci dolore. E poi, di seguito, affrontarle. Solo così avremo il controllo del nostro tempo e della nostra vita.

Arrivati a questo punto, chi sarà arrivato a leggere fin qui si starà chiedendo quale sia il punto. Perché – ammettilo – stavi anche tu cercando delle risposte sul come si faccia a diventare adulti…La verità è, dal basso della mia goffa e appena conquistata adultità che bisogna improvvisare, lasciarsi andare ai tentativi, senza farsi fermare dalla paura di sbagliare, finché un giorno, poi, non arriva il tentativo giusto, in grado di restituirti quell’equilibrio per cui hai annaspato per tanto tempo.

di Gianna Maria La Greca

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