SOStudenti – Criptovalute, rischi e azioni di tutela da sapere

Il boom di criptovalute negli ultimi anni non è stato seguito da una legislazione adeguata e i potenziali danni possono essere ingenti. Ma cosa sono e quali rischi nascondono? Per fare un quadro della situazione risponde l’avvocata Grazia Ferdenzi di Confconsumatori Parma

Negli ultimi anni molte persone, e molti giovani, sono stati attratti dal mondo delle criptovalute. Come riporta il Sole 24 Ore, l’acquisto e la vendita di criptovalute sono cresciuti in modo sbalorditivo: erano 8.000 le diverse monete nel 2021 e si stima che saranno oltre 20.000 entro il 2023.

Ma cosa sono e quali rischi nascondono? Per fare un quadro della situazione risponde l’avvocata Grazia Ferdenzi di Confconsumatori Parma.

Exchange di criptovalute: cos’è?

Gli exchange di criptovalute sono piattaforme digitali alle quali si può accedere tramite apposito sito web o tramite App dove gli utenti interessati possono acquistare e vendere criptovalute (esempi di tipiche criptovalute sono: Bitcoin, Ether, ecc) scambiandole con altre valute digitali o con le cosiddette valute fiat (valute fiduciarie a corso legale, quali, ad esempio, euro, dollaro, sterlina ecc).

“Tali piattaforme, di fatto molto simili ad altre piattaforme di trading online, forniscono un account con cui l’investitore può effettuare varie operazioni, tra le quali ordini per acquistare, vendere e speculare nel mercato delle criptovalute. – spiega l’avvocata – Sulle piattaforme di exchange gli scambi avvengono dunque direttamente tra acquirenti e venditori”.

Perché è rischioso?

“Investire in criptovalute è particolarmente rischioso in quanto non si tratta di operare con una moneta reale, bensì con una valuta che non risulta essere controllata né gestita da alcuna Autorità centrale e pertanto, almeno fino ad oggi, scarsamente regolamentata e perciò incontrollabile” chiarisce Ferdenzi .

Da segnalare, al riguardo, “come in data 20 aprile 2023 il Parlamento Europeo ha approvato il Regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), che entrerà in vigore a partire dal prossimo luglio 2023, e che disciplinerà l’intera materia delle criptovalute ponendo particolare attenzione alla regolamentazione dell’attività di gestione nell’intero ambito delle “criptoattività” e alla tutela degli investitori, prevedendo, ad esempio, obblighi di trasparenza e informativa per l’emissione, l’offerta al pubblico e l’ammissione alla negoziazione di crypto-asset su una piattaforma di negoziazione”.

“Al momento, in ogni caso e fino a quanto il Regolamento MiCA non potrà definirsi pienamente operativo, si può senza dubbio sostenere che il mercato delle criptovalute non sia uno strumento destinato al consumatore/risparmiatore medio”.

Come ci si può tutelare in caso di fallimento di una piattaforma?

Occorre premettere che allo stato attuale, data la mancanza di normative specifiche al riguardo, “risulta molto arduo, se non addirittura impossibile, porre in essere un’efficace tutela legale e/o contrattuale degli interessi degli investitori che operano nel settore delle criptovalute, – spiega l’avvocata – che possono, pertanto, trovarsi esposti a dover subire ingenti perdite economiche in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali (i cosiddetti e-wallets)”.

È di stretta attualità quanto sta accadendo, purtroppo, “a danno di migliaia di investitori coinvolti in questi ultimi mesi nel dissesto della nota piattaforma italiana di exchange “The Rock Trading”, di cui è stata dichiarata la Liquidazione Giudiziale lo scorso mese di aprile“.

In ipotesi del genere gli investitori hanno la possibilità di procedere “al deposito della domanda di insinuazione al passivo, nei termini stabiliti nella sentenza che ha dichiarato la Liquidazione Giudiziale, allegando tutta la documentazione che dimostra il rapporto in corso con la piattaforma. Si tratta però di una procedura dai tempi presumibilmente lunghi e senza alcuna garantita possibilità di recupero effettivo delle somme investite” aggiunge Federzi.

“I risparmiatori/investitori possono, inoltre, nel caso in cui dal fallimento di una piattaforma di exchange derivi anche un procedimento penale e conseguente rinvio a giudizio delle figure coinvolte nella vicenda, procedere a tutelarsi anche per mezzo della costituzione di parte civile nel processo penale”.

“Infine, – conclude l’avvocata – ma questo solo nell’eventualità che gli investimenti in criptovalute siano stati effettuati tramite banche sulle quali le piattaforme di exchange abbiano operato, si possono valutare eventuali profili di responsabilità degli istituti di credito di appoggio”.

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