Caro affitti a Parma: proteste, AirBnb e soluzioni insufficienti

La manifestazione con le tende in via Kennedy dello scorso maggio ha riportato alla cronaca l'emergenza affitti nelle città universitarie come Parma dove c'è stato un rincaro del 30% rispetto al periodo pre-pandemico. Gli studenti chiedono soluzioni ora, ma le risposte sono troppo lontane

Lo scorso 13 maggio gli studenti dell’UniPr hanno protestato contro il caro affitti che imperversa sia in città che nel resto del Paese. Le problematiche sono diverse, ma le risposte non sembrano essere abbastanza coraggiose.

Facciamo un riepilogo di quanto successo e quanto promesso da parte dell’Università e della città.

Affitti e post-Covid

Il 2019 era quattro anni fa, eppure da allora sembra essere passato un secolo intero. Tre governi, un nuovo presidente, bonus edilizi, una guerra ai confini europei che ha sconvolto accordi economici internazionali e, soprattutto, una pandemia globale.

In questi quattro anni il mondo è cambiato velocemente e ciò ha influito su molti settori, tra cui quello
immobiliare. In particolare il costo degli affitti di stanze e piccoli appartamenti (monolocali o bilocali) ha
subìto un incremento del 40% nei capoluoghi di provincia e città universitarie. Solo nel primo trimestre del
2023, l’incremento è stato del 7%.

Nel caso di Parma, la città ha visto un incremento dei prezzi delle singole stanze del +29,8% rispetto
all’epoca pre-pandemica. Tuttavia, tale incremento non è stato riscontrato nel caso di monolocali e bilocali –
come invece è successo nelle città di Milano e Torino.

Proteste in tenda. La mobilitazione studentesca in via Kennedy

Lo scorso 13 maggio un gruppo di gli studenti universitari di Parma (con la presenza di Udu, Ecologia
politica, Arci Post e Arci L’Onda) hanno protestato contro il caro affitti della città. Seguendo il metodo
utilizzato dagli studenti di Milano a inizio mese, hanno anche loro montato una serie di tende in via
Kennedy, davanti al nuovo polo di Economia e Management.

“Nonostante la narrazione dei media dipinga Parma come una realtà a misura di studente, fortemente
inclusiva e accogliente, la realtà che viviamo è ben diversa. – spiegavano gli studenti attivisti – Il mercato immobiliare è completamente inaccessibile e nelle mani della speculazione privata.” rivelano gli studenti durante la protesta.

“Viviamo una situazione paradossale: nella nostra città, infatti, ci sono circa 7mila appartamenti sfitti, che potrebbero essere utilizzati per fronteggiare almeno in un primo momento la problematica”.

Non solo l’alloggio, ma anche le spese

Il problema, inoltre, interessa anche i servizi fondamentali per il diritto allo studio, come mense o trasporto
pubblico, i cui prezzi aumentati in questi mesi escludono l’accesso all’università alle classi sociali più
svantaggiate economicamente. Tuttavia, grazie a ulteriori proteste precedenti da parte degli studenti di
Parma, il costo di un pasto più coperto nelle mense universitarie è tornato quello precedente al rincaro
energetico.

Se si sommano i costi aggiuntivi, vivere a Parma in una stanza richiede dai 380 euro al mese, prezzo che
aumenta più ci si avvicina ai poli universitari raggiungendo anche i 500 euro.

Inoltre, c’è da sottolineare che queste spese sono spesso a carico delle famiglie degli alunni e possono
mettere in difficoltà economica anche redditi di fascia media.

Nel caso di redditi più bassi, non è d’aiuto nemmeno la presenza di alloggi universitari, messi a
disposizione da Er.go, l’Azienda regionale per il diritto agli studi superiori dell’Emilia-Romagna. Su 660 totali,
solo 150 sono stati disponibili a inizio A.S. 2022/23, con oltre 29mila studenti iscritti di cui il 40% fuorisede
.

La possibilità di alloggi in queste strutture è quindi riservata solo alla piccola fascia di studenti che riesce ad
accedere ai bandi Ergo. Tuttavia, non tutti gli studenti idonei ottengono però la possibilità di risiedere nelle
strutture universitarie.

E il PNRR?

In mano ai privati. I 660 milioni di euro destinati all’edilizia universitaria, già stanziati e sbloccati a seguito
delle pressioni degli stessi studenti, saranno destinati ai privati attraverso incentivi, sgravi fiscali e
“apertura al partenariato tra pubblico e privato” fa notare Roberto Panzera, rappresentante studentesco del
Cda dell’università. Tali operazioni, quindi, non risolverebbero il problema si traducono solo in un
risparmio del 15% per gli universitari, ampliando invece i profitti di costruttori e proprietari di immobili. Un favoreggiamento alla privatizzazione e non un vero intervento del Governo.

Inaccettabile è anche il silenzio da parte della Ministra dell’Università Anna Maria Bernini, che non ha
risposto alle richieste dell’Unione degli universitari.

Turismo e affitti brevi: effetto AirBnb

È facile dare la colpa all’inflazione, ma c’è un altro fattore che negli ultimi tempi ha sconvolto in negativo il
mercato degli immobili: il boom degli affitti brevi su piattaforme online a scopo turistico, o come cita il
Corriere, l’“effetto AirBnb”.

Secondo i darti del think tank Tortuga, citati da La Stampa, si stima che a un aumento dell’1% delle
penetrazione di Airbnb nel mercato corrisponda una crescita del 7% del costo degli affitti.
Si tratta di
numeri rigettati dalle associazioni di categoria che, come fatto notare all’inizio, puntano il dito
sull’inflazione e sulla scarsità di alloggi per studenti nelle grandi città universitarie.

Scarsità evidente, ma con un distacco troppo netto per far fronte da sola alla domanda. Per quanto riguarda Parma, in città da inizio anno ci sono stati oltre 1.000 annunci di affitti brevi sul portale AirBnb – un incremento del 100% in 5 anni – ridimensiona totalmente il mercato degli affitti.

Come fanno notare gli attivisti, ciò comporta quindi a una riduzione del numero di abitazioni disponibili per studenti e lavoratori, a favore dei turisti la cui permanenza si limita a 2 notti in media.

Proprio per questo tempo di permanenza il DDL varato dal Governo Meloni a maggio 2023 contro gli affitti
brevi
risulta, nel Paese reale, “inefficace su più punti di vista, abitativo e alberghiero”.

I punti principali del DDL Santanchè sono: l’obbligo di segnalare l’inizio dell’attività per chiunque la eserciti in forma imprenditoriale con multe fino a 10mila euro; nei centri storici delle città metropolitane, la durata minima del contratto di locazione per finalità turistiche non potrà essere inferiore a due notti.

A parlare infatti non sono solo le associazioni studentesche, che ritengono che le misure non prendano in
considerazione le problematiche maggiori dietro l’affitto di alloggi e la speculazione immobiliare.

Dall’altro lato c’è anche l’associazione alberghiera Federalberghi, il cui presidente Giuseppe Roscioli fa notare la
dubbia utilità: il ddl è “incapace di incidere concretamente sul problema della concorrenza sleale e
dell’abusivismo che inquinano il mercato”.

Si sottolinea inoltre come, nel caso di città turistiche, la permanenza nelle strutture extralberghiere sia raramente di solo una notte.

La risposta del Comune di Parma

A fine maggio 2023, il Comune di Parma ha illustrato una soluzione all’emergenza abitativa in città,
varando un nuovo Piano Casa da circa 94milioni di euro (“Fa’ la casa giusta! Parma Abitare Sociale”). Nel
giro di tre anni prevedono che accrescerà l’offerta accessibile, con oltre mille nuovi alloggi di edilizia residenziale sociale entro il 2025.

Dei 94 milioni, 28 provengono dai fondi del PNRR, 12 dall’Università e per il resto da finanziamenti della
Fondazione Cariparma, Regione e privati.

Il Piano Casa pone il focus in primis su progetti di Housing Sociale, a cui verranno destinati oltre la metà
dei fondi, seguiti da altri di edilizia pubblica e la realizzazione di nuove residenze universitarie. Inoltre, ci
sarà il restauro e riqualificazione di residenze pubbliche.

I lavori saranno distribuiti nel triennio 2023, 2024, 2025. A fine triennio le ristrutturazioni risulteranno 777.

A questi si aggiungono 148 posti letto per studenti e 84 alloggi di edilizia pubblica.

In conclusione, di tale piano si giudicherà l’efficacia nel 2025, ma per quanto sia un tentativo di
cambiamento i numeri non sarebbero sufficienti.

C’è bisogno di una risposta più decisa e immediata a livello nazionale da parte del governo, ma quello che è
stato varato attualmente è un tentativo timido e debole che non va a cambiare la realtà delle cose.

di Gloria Cantoni

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