Giornalisti su Marte

UNO SGUARDO DENTRO SE STESSI E UNO SUL MONDO

Luca MautoneQuesto documento, ritenuto per molto tempo un falso della propaganda giornalistica, rivive oggi nel suo originale splendore. In questi lunghi anni molte se ne son dette e nell’ore in cui i vigliacchi si proclamarono eroi, sul giornalismo che pur seppe ridare dignità a ParmAteneo si riversò una vile marea di calunnie.

Ma fulgido resta l’esempio d’un manipolo d’uomini che lontano da quelle seppero rendere ParmAteneo un giornale nuovo. Oggi la storia sta per ridare onore a questi eroi. Credano lorsignori a quel che voglino. Lo si ritenga un artefatto della dattilografia pel diletto di bimbi e donnine. Per quel che concerne noi, fortissimamente affermiamo un pio, mero, meravigliuoso eppure incontestabile fatto storico. Che per intiero s’annunzia e si rapprende in questa semplice pur trasvolante frase. Alle ore 23.59 del 2 marzo 1939, viene costituita la prima redazione giornalistica su Marte.

Marzo 1939: dopo un terribile viaggio nel Dipartimento di Italianistica dell’Università di Parma, i nostri eroi riprendono conoscenza ed atterrano sul pianeta rosso.

In primis l’ordine; su Marte non v’è l’Ordine dei Giornalisti, ed anche il giornalista più bravo annaspa nel vuoto cercando lavoro.

Un manipolo di eroi: Barbagli, primo bastione della redazione “Città”; Fecchia, devoto molto più al letto che al direttore responsabile, ed infine, Pini, disagiato che si fe’ giornalista perché non v’è al mondo peggior impiego.

Pini e Fecchia si sentono a disagio, Barbagli, campione littorio di velocità su tastiera e audace stirpe ParmAteniese ha il solo fiato per dire: “Bisogna impaginare gli articoli!

I nostri iniziano a scrivere, sotto la supervisione dei grandi capi. Arriva il mattino e il Barbagli è già in piedi a scrivere diciotto pezzi, tutti contemporaneamente.

ParmAteneo ha diritto alla sua espansione anche in verticale! Non la Luna, non quel pallido sasso di liberal-giolittiana fattura, ma Marte, per Dio! Marte che s’ha da trasformare in un pianeta informato! E’ invero questa l’ardita motivazione che soggiace all’inossidabile disciplina dei nostri eroi.

Ecco però la rivelazione: il pianeta brulica di cartacea vita. Dio, sono orrendi! Giornali pieni di gattini e poppe! C’è in essi un pacifismo colpevole e ostentato che offende l’informazione e getta cattivo odore sul giornalismo tutto.

Comincia dunque, la lunga convivenza col nemico. Di questo parlerà molto la storia, lo sappiamo, e fioccheranno dalle fogne demoplutocratiche insulti e calunnie. Sentirete sicuro che i nostri alla fine cedettero e accettarono di scrivere articoli sui gattini e sulla farfallina di Belen.

Vi furono degli eccessi? Forse.

Su Marte, ordunque, venne istituito l’ordine dei giornalisti marziani. Ed ecco nascere, all’ombra dell’O.G.M., gli enti per la formazione, FOR.MAZ e FOR.EVER (che verrà subito sciolto e rifondato come SEMP.ER, obbligando tutti a “formarsi” per sempre). Importanti misure inoltre vengono prese in merito al Dipartimento Speciale per il mantenimento dell’Ordine (DI.S.ORDINE). Viene introdotta la figura del giornalista superprezzolato (GIOR.SU) a cui si dovrà relazionare, se accetterà di esser retribuito con uno o due euro per articolo, il giornalista sottopagato (GIOR.SOTTO).

La verità alla fine è che il giornalismo non cadde perché avea fallito. Ma per opportunismo e per congiura di squallidi residuati della storia: i testacoda, i voltagabbana, coloro che da un giorno all’altro smisero di essere al servizio della verità e, abbandonati i loro sogni, tornò lesti ad indossare i vecchi e odiosi abiti borghesi, con i loro modi urbani e il “politicamente corretto”.

Quelli che gli sostennero la verità fin tanto che le lor tasche erano piene.

Ma il vero, il falso, cosa conta in fondo? E’ l’Italia al 73esimo posto nella classifica della libertà di stampa, o l’è piuttosto che gli altri 72 insieme hanno ordito un vile complotto? Sono questioni di lana caprina, di cui a nessuno veramente cale. La verità è quella che vi dicono, e poi il problema in Italia non è mai stato tanto di saperla, ma che saputala, tutto resta uguale. Perché voi italiani siete come i giornali che leggete, cui tutto passa sopra senza un fiato. Credete forse oggi voi d’essere liberi e informati; votate per dieci volte l’anno gente che a volte neanche conoscete, e che una volta eletta, fa ciò che vuole: acciuffa e si spartisce. E allora? Dov’è, povero o postero, il guadagno?

Di sicuro non è per quegli aspiranti giornalisti che sperano un giorno di poterla raccontare, la verità.

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