Laurea ad honorem per Carlo Ancelotti: “Se mi chiamate Dottore, mi fa piacere”

Il mister emozionato e orgoglioso di ricevere il prestigioso riconoscimento assegnatoli dall'UNIPR per la sua straordinaria carriera calcistica e per i valori umani che lo contraddistinguono

In un Auditorium Paganini gremito di pubblico si è svolta la cerimonia di conferimento della Laurea Magistrale ad honorem in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate a Carlo Ancelotti, uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio, nato a Reggiolo e che ha con Parma un legame speciale.

Il clima di festa che si respirava nella suggestiva location scelta per la cerimonia è stato reso ancora più suggestivo dalle due arpiste del Conservatorio Arrigo Boito di Parma che, tra gli altri brani, hanno suonano l’inno del Real Madrid di cui Ancelotti è ora allenatore. E “Re Carlo” si emoziona.

Dopo la performance musicale prende la parola il Rettore dell’Università di Parma Paolo Andrei che all’inizio del suo discorso esprime tutta l’apprensione e la preoccupazione della situazione di conflitto tra Israele e Hamas.

Il Rettore prosegue poi nel racconto di un episodio accaduto nel 1979 in cui l’appena vent’enne Ancelotti, da giocatore del Parma, si è reso protagonista della vittoria della squadra crociata nello spareggio promozione di Serie C contro la Triestina. Quel giorno Ancelotti è entrato, da giocatore, a far parte del calcio che conta, e oggi, dopo 44 anni, è ancora lì come allenatore.

In conclusione, il Rettore Andrei elogia le caratteristiche principali con cui Ancelotti si distingue in un mondo del calcio sempre più urlato: “Ancelotti ha scelto una strada tutta sua e tutta diversa. Quella del lavoro fatto in silenzio e senza alzare la voce, sempre con i piedi per terra, del fair play, del rispetto delle persone e del loro lavoro, della correttezza e dell’umiltà e dello studio”.

La cerimonia prosegue con le motivazioni del conferimento della laurea esposte da Prisco Mirandola, Presidente del corso di laurea magistrale in Scienze e tecniche delle attività motorie preventive e adattate, in cui vengono sottolineati ancora una volta i valori umani che contraddistinguono l’allenatore di Reggiolo.

La Laudatio viene invece affidata a Marco Vitale, delegato del Rettore allo sport e presidente del Comitato per lo sport universitario, e a Luigi Garlando, giornalista editorialista de La Gazzetta dello Sport. Si ricordano ancora i successi raggiunti sia da giocatore che da allenatore ed il legame con la città di Parma, tappa importante in entrambe le carriere di Ancelotti.

Viene inoltre sottolineato un aspetto fondamentale che fa emergere ancora meglio la personalità del dottorando. “Carlo ha conosciuto il dolore” afferma Luigi Garlando riferendosi ai due infortuni del 1981 e del 1983 che, da giocatore, hanno tenuto lontano dal campo Ancelotti per due anni interi. Ma “dall’accettazione e dalla lotta alle avversità e dagli insegnamenti delle sconfitte è nata la forza di Ancelotti“.

Al termine delle Laudatio anche dalla platea si riesce a vedere l’emozione che cresce nel mister mentre viene vestito della toga accademica. Poi tutti i presenti all’Auditorium Paganini si alzano in piedi, come se volessero stare vicini a “Carletto”, come in un abbraccio di una squadra dopo aver segnato un gol in finale di Champions: il Rettore Andrei proclama Dottore Carlo Ancelotti. D’ora in poi, fino alla fine della sua lectio magistralis le lacrime di gioia continuano a solcare il viso del neo Dottore.

Tra i scroscianti applausi Ancelotti si appresta a tenere la sua lectio dottoralis “Il calcio: una scuola di vita”. in apertura ringrazia l’Università di Parma per il prestigioso riconoscimento, il suo maestro Arrigo Sacchi, presente alla cerimonia e la sua famiglia. Poi, con il solito sopracciglio alzato e con tono compiaciuto ed ironico afferma “qualcuno dirà il contrario ma di esami ne ho fatti tanti e continuo a farne uno ogni tre giorni. Perciò quando mi chiamano Dottore…mi piace! Ai mie giocatori dirò: mi potete chiamare Dottore”.

Nella Lectio non parla né di tecnica né di tattica del gioco, accenna al talento innato nei giocatori che lui ha dimostrato di avere da giocatore e di saper scovare da quando allena. Tutto il suo discorso, spesso interrotto dalla commozione, si concentra sugli aspetti che lo distinguono nel panorama calcistico: la calma, il “rispetto verso la persona, non il giocatore”, l’importanza di perdere ed imparare dalla sconfitta, e soprattutto parla dell’importanza della passione, per lui quella per il calcio è nata da bambino, nella sua Reggiolo in cui “non vi erano le possibilità di socializzazione che ci sono oggi, c’era solo il calcio, dalla mattina alla sera”.

Una carriera inenarrabile con una serie infinita di trofei nazionali, come gli scudetti dei cinque maggiori campionati europei conquistati con Milan, PSG, Real, Bayern e Chelsea, unico a riuscirci, e le quattro Champions League vinte con Milan e Real e le due Coppe dei Campioni vinte da giocatore. E così tanti altri trofei in bacheca, e una domanda sorge quasi spontanea: avrà ancora un piccolo spazio per appendere la pergamena di laurea dell’Università di Parma?

di Matteo Obinu

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