C’è ancora domani

L’esordio alla regia di Paola Cortellesi, che riporta in auge il cinema italiano degli anni ’50 con una storia dolceamara sul ruolo della donna nella nostra società.

Parte col botto la carriera da regista di Paola Cortellesi, con il suo C’è ancora domani, presentato in anteprima in apertura del Festival del Cinema di Roma che si è tenuto i giorni scorsi nella capitale. L’attrice passa dietro la macchina da presa, anche se rimane protagonista della pellicola che ha scritto a sei mani insieme a Furio Andreotti e Giulia Calenda. Ricrea un mondo potente e genuino, anche grazie ad un cast fenomenale, tra cui spiccano i nomi di Valerio Mastrandrea, Vinicio Marchioni e dell’amica Emanuela Fanelli, per non parlare della presenza dei giovani Romana Maggiora Vergano e Francesco Centorame. Il film è nelle sale ora ed è un piccolo gioiello.

Una vita fatta di resilienza, la storia di Delia

In una Roma liberata e povera a causa della guerra appena finita, Delia si sveglia e saluta il marito, che le ricambia il suo “buongiorno Ivano” con un sonoro schiaffo. Non ha neanche il tempo per riprendersi che deve preparare la colazione per il resto della famiglia, composta dai tre figli e dal suocero allettato che, immancabilmente, le fa delle avances. Poi prepara i figli, li saluta, come saluta il marito. Per ultima, si prepara e parte per la sua giornata fatta di corse e di spostamenti per le vie della città: a casa della borghesia per fare l’infermiera, al mercato dove saluta la sua amica Marisa e tra una chiacchiera e l’altra compra il necessario per la cena con i soldi che ha appena guadagnato, poi corre dalla sarta, dove porta vestiti che ha sistemato per ottenere altri soldi e, per finire in bellezza il suo turbinio di corse irrefrenabili, entra in un’altra casa come domestica per lavare e pulire i panni. La sua giornata però non è ancora giunta a termine: deve tornare a casa e preparare la cena e solo dopo un’altra dose di botte può andare a dormire. Così è la sua vita, dalla mattina alla sera, improntata sulla resilienza, senza troppi intoppi: piccolo quadro di una quotidianità romana del dopoguerra italiano.

Una foto dal set, crediti Movieplayer

Finalmente una ripartenza per il cinema italiano?

La potenza della pellicola e della sua scrittura risiede nelle relazioni che si intrecciano tra i vari personaggi e le caratterizzazioni di questi. Ed è così che le litigate e le botte diventano dei balli in cui Ivano e Delia si intrecciano, si prendono, lei cerca di scappare dalle grinfie di lui, ma ancora una volta quest’ultimo la riacchiappa, la ferma e la inchioda al muro: i segni della violenza rimangono invisibili, o meglio, scompaiono come se non fossero mai esistiti. Abuso che rimane nascosto, o che, anche per omertà, non viene visto da chi è vicino alla famiglia. Ma la dolcezza arriva, nei modi più disparati: come la ripresa del bacio-nonbacio tra Delia e Nino (vecchio amico), realizzata con una carrellata circolare, in cui il piacere deriva dalla condivisione di un pezzo di cioccolata americana che termina con un momento ilare, o ancora negli attimi fugaci in cui la protagonista si incontra con l’amica Marisa al mercato.

Interessante è anche e soprattutto il rapporto tra Delia e la figlia Marcella. Quest’ultima, infatti, non vuole fare la fine della madre, cui rinfaccia la sua sottomissione al marito come debolezza; fa ciò con rabbia, senza rendersi conto di quanto, invece, Delia si sacrifichi anche e soprattutto per lei, per garantirle un futuro che non si è mai potuta permettere anche a causa del matrimonio in cui è costretta. Un rapporto difficile, quello classico di un’adolescente che vuole decidere da sé il proprio destino, in modo caparbio, senza rendersi conto di quanto, in realtà, si stia intrappolando da sola in un rapporto malsano che non va molto lontano da quello che ha scelto sua madre.

Marisa (Emanuela Fanelli) e Delia (Paola Cortellesi) sul set di C’è ancora domani (crediti: Wired Italia)

Ma il film è anche il luogo in cui viene girato: la Roma della povera gente e delle borgate in cui si lotta e si vive di quel che si può. Ma è anche e soprattutto più di questo: è la Roma della quotidianità di una donna, di tutte le donne, delle nostre bis-nonne, delle nonne che hanno vissuto quello che la stessa Delia vive nel film, ma anche di ciò che molte donne, troppe, ancora al giorno d’oggi devono vivere e sopportare nel silenzio.

Ma per fortuna c’è ancora domani, il momento della libertà di espressione; per fortuna c’è ancora un giorno in cui Delia può davvero trovare una fuga dalla sua vita, facendo valere i propri diritti tramite il voto.

Il cinema italiano necessita di storie come questa: potenti, dirompenti, tragicomiche che portano sullo schermo situazioni ostiche, difficili da presentare, ma di cui è necessario parlare.

di Erika V. Lanthaler

crediti foto iniziale: Wikipedia

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