Il lato oscuro del calcio: il caso Marsiglia – Lione è solo l’ultima goccia

Domenica 29 ottobre la partita viene sospesa per condotta violenta dei tifosi della squadra di casa che si 'dilettano' a lanciare sassi contro il pullman della squadra avversaria, ferendone l'allenatore: l'ennesima dimostrazione di violenza nel mondo del calcio

Calci, pugni, sassi, polizia, sirene, feriti e morti…

No, non è una scena di guerra, ma è la manifestazione di ‘potenza’ di quella minoranza rumorosa che si reca allo stadio non per guardare la partita, ma per sfogare la loro rabbia. 

Domenica 29 ottobre si è giocato Marsiglia – Lione, anzi, si sarebbe dovuto giocare…Un gruppetto di tifosi della squadra di casa, infatti, attende l’arrivo degli avversari – il Lione appunto – per tirare sassi e bottiglie di vetro che vanno a impattare e rompere i finestrini del pullman della squadra. Ad avere la peggio è l’allenatore, una nostra vecchia gloria: Fabio Grosso viene ferito vistosamente all’altezza dell’occhio; qualche centimetro più in basso e avremmo avuto il Nick Fury del campionato francese.

Senza che ci sia bisogno di dirlo, la partita è stata rimandata, ma il dolore nel vedere queste scene rimane. Purtroppo, questo tifo delirante non si limita ai soli confini francesi, ma è diffuso in tutta Europa.

Con estremo dispiacere ricordiamo quel maledetto Catania – Palermo del 2007, derby siciliano da sempre definito ‘caldo’. L’ispettore capo Filippo Raciti non ha quasi perso l’occhio, ha perso la vita. La moglie e i due figli, all’epoca ancora piccolini, non hanno perso il derby, ma un marito, un padre.

Infatti, poco prima che iniziasse la partita, le tifoserie di Palermo e Catania si sono affrontate fisicamente all’esterno dello stadio costringendo la polizia ad intervenire.

Non solo il derby siciliano, la violenza all’interno ed esterno degli stadi ha strappato diverse vite nel corso degli anni: Matteo Bagnaresi tifoso del Parma travolto e ucciso dal pullman dei tifosi della Juventus nell’ormai lontano 2008, le 74 vittime in Egitto nel 2012 sempre in seguito a scontri tra tifoserie e, infine, la morte nel 2018 del tifoso interista Daniele Belardinelli, sono solo alcuni – tragici – esempi.

Il calcio non è un semplice sport ma è riconosciuto come lo sport più popolare al mondo; sicuramente il più popolare in Italia, di gran lunga. Non parliamo di “22 uomini che rincorrono un pallone” – quante volte avete sentito questa frase? Diffidate da quelle persone che pensano che il calcio sia solo questo perché non sanno di cosa stanno parlando (un po’ come quando si discute di risultati elettorali con chi non sa cosa sia un partito, avete presente?).

Il giuoco del calcio ha implicazioni su tante sfere dell’uomo: è un movimento culturale, è uno sport di squadra che forma corpo e mente, è anche una macchina da soldi perfetta certo e, in positivo e negativo, quasi due ore di puro sfogo durante le quali puoi lasciare fuori tutti i problemi quotidiani e far spazio solo al pallone.

Questo sport non è perfetto, soffre di tanti problemi – il calcio scommesse, il doping… – ma di uno in particolare ultimamente: la violenza. È sbagliato pensare che i 20-40 mila appassionati allo stadio siano persone che per due ore si trasformano in animali; infatti, ci sono tifosi di tutte le età, dai bambini con le maglie dei loro idoli fino ai più anziani legati alla squadra con cui sono cresciuti e poi invecchiati. 

Il problema deriva da quella fetta di tifo che è in netta minoranza, anzi, potremmo parlare di gruppi di uomini, che con le loro azioni sono più rumorosi della maggioranza della tifoseria.

Questi soggetti non hanno interesse per il calcio, per la propria squadra e per godersi lo spettacolo; sono il lato oscuro dello sport che deriva dalla volontà primeggiare.

Come affrontare questo problema? La soluzione, ad oggi, non esiste. Non bastano delle sanzioni ai Club o la chiusura di settori all’interno degli stadi perché è una problematica radicata nella nostra società; è, cioè, un problema culturale e, di conseguenza, non va affrontato con soluzioni che hanno effetto all’indomani della manifestazione del problema.

Bisognerebbe, e in Italia è quasi impossibile, anticipare il problema andando a lavorare sulla cultura sportiva dall’età infantile. Dobbiamo dare una maggiore importanza alle scuole calcio che, oltre a insegnare a giocare, dovrebbero fare un lavoro meticoloso sulla cultura sportiva facendo capire al bambino che la voglia di primeggiare sull’avversario è giusta, ma deve essere confinata all’interno del campo da calcio e, possibilmente, con sportività.

Contestualmente si dovrebbe lavorare sui genitori che assistono alle partite dei bambini ed educarli a fare il tifo per i loro figli e la squadra in cui giocano, senza danneggiare e insultare sul personale l’avversario.

Ovviamente nessuno vuole il mulino bianco su un campo da calcio, anzi, la cattiveria agonistica dei giocatori, la rabbia con cui esultano dopo un gol e lo sfottò sono puro intrattenimento e grande manifestazione di voler raggiungere il gradino più alto del podio. 

Marsiglia – Lione si giocherà il prossimo 6 dicembre e le persone dimenticheranno l’accaduto fino a quando non ci sarà un nuovo episodio di violenza. Forse, il vero problema è che in fondo finché non si vive una situazione violenta non si ha interesse nell’agire…tanto succede sempre agli altri. 

di Andrea Tessicini

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