FITU ’70: in mostra la storia del festival del teatro universitario di Parma

La storia del teatro giovanile che ha reso Parma una capitale della cultura

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Inaugurata lo scorso 29 novembre la mostra per i settat’anni del FITU. Per l’occasione l’Università di Parma ha organizzato una mattinata di approfondimenti sulla storia di Parma e sul suolo che il Fitu ha giocato tra gli anni ’50 e gli anni ’70.

Gli ospiti intervenuti sono stati i professori Piergiovanni Genovesi, Roberta Gandolfi, Francesca Bortoletti, l’assegnista di Storia contemporanea Fabrizio Solieri, la dottoranda Giulia Govi Cavani, e la referente dell’Archivio storico dell’Ateneo Maria Grazia Perazzo.

Ma che cos’è il FITU?

FITU sta per Festival Internazionale del Teatro Universitario, e si tratta di una serie di rassegne teatrali che si tennero a Parma tra il 1953 e il 1973. La storia di questo festival è profondamente intrecciata con il suo periodo, che ha attraversato il secondo dopo guerra ed è arrivato fino agli anni ’70, attraversando il rocambolesco e rivoluzionario ’68.

La storia del FITU nasce appunto nell’Università di Parma, quando un gruppo di giovani studenti, rendendosi conto del mondo che li circondava, decisero di chiamare nella città le più grandi compagnie teatrali italiane del tempo; sorprendentemente infatti, agli albori del FITU, Parma era sprovvista di una vera compagnia di teatro universitario, e dovette chiedere aiuto alle compagnie italiane, tra le quali le migliori provenivano spesso dal Veneto, e poi allargarono la loro visione fuori dai confini, collaborando con compagnie anche da Germania, Spagna, Zagabria e anche dall’URSS. Fatto che destò non poco scalpore vista la sua partecipazione in pieno clima di Guerra Fredda.

Il Festival riscosse subito molto seguito, sia tra la cittadinanza che tra le istituzioni universitarie; il rettore Giorgio Canuto, in carica durante la prima edizione, la descrisse come una “manifestazione unica” che aveva riscosso un “inaspettato interesse per il teatro“. Il clima della nascita del festival era un clima delicato per l’Università, la paura era quella che l’apertura a molti più studenti potesse causare un calo della partecipazione dei giovani e soprattutto un calo del prestigio degli insegnamenti, ma il partecipato attivismo giovanile, sia in ambito sociale che culturale, diedero una nuova vita ad un’Università in costante cambiamento.

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Locandina del primo festival

Con lo sbarco della città negli anni ’60 però il clima cambia. I giovani cominciano a rendersi conto delle loro potenzialità e ad avanzare richieste, e il protagonismo giovanile diventa caratteristico di tutte le città italiane, Parma inclusa. Questo diffuso spirito di cambiamento toccò anche il FITU nei suoi rapporti con le istituzioni e nella stessa materia portata in scena negli spettacoli.

Il collegamento con l’est europa diventa molto più forte. Agli inizi di questo decennio il FITU dovette promettere di tenere fuori dal festival simboli dell blocco sovietico e non si sarebbero tenuti comportamenti contro il pudore. Nel 1962 fu famoso l’episodio in cui la costumista ed interprete della compagnia cecoslovacca Ivonna Zelenkova richiese asilo politico.

Il clima rivoluzionario ebbe effetti anche sugli stessi spettacoli. Il titolo dell’edizione del 1965 fu proprio “Un festival per rendersi conto“, e gli spettacoli cominciarono a trattate di politica. Con l’apertura del festival al mondo un tema molto trattato divenne anche quello della decolonizzazione, e arrivarono addirittura anche osservatori dagli Stati Uniti, che nonostante non mandarono mai una compagnia, vollero assistere al fenomeno da esterni, forse anche per monitorare la situazione dei loro legami con l’URSS. Si abbandonarono le vecchie tradizioni, e si cominciò a guardare avanti alle innovazioni e avanguardie.

Ballerini della Scuola di Coreografia di Leningrado, fotografia tratta dall’Avanti!

Per qualche anno il FITU ebbe anche un proprio giornale su cui raccontare la sua storia ed esprimere i valori dei ragazzi che l’avevano fondata. Il giornale voleva farsi carico del pensiero radical-socialista, ma più di tutto voleva dichiarare la sua opinione sul teatro, stampata sulla copertina dell’edizione del 1967, riprendendo l’ideale del teatro politico.

Edizione del giornale del FITU Teatro Festival

Grazie al lavoro della dottoranda Giulia Cavani in collaborazione con Maria Grazia Perazzo, l’Archivio Storico di Ateneo e la Fondazione Teatro Due di Parma, ovvero l’erede di tutto ciò che il FITU ha lasciato alla città, è possibile accedere ad una mostra online che riporta i documenti relativi ai vent’anni di attività del festival. La mostra, realizzata sulla piattaforma Omeka, sarà visitabile attraverso questo link.

di Elena Camuti Borani

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