È sbagliato reprimere le occupazioni studentesche, senza prima capirle

L'occupazione del Severi Correnti di Milano è finita in un disastro e il Ministro dell'Istruzione e del Merito Valditara chiede la bocciatura per tutti i manifestanti

Tra il 30 gennaio e il 2 febbraio scorso gli studenti dell’istituto Severi Correnti di Milano hanno occupato gli edifici scolastici per esprimere solidarietà al popolo palestinese e per denunciare le numerose problematiche che riguardano la scuola italiana. L’epilogo della protesta è stato disastroso: una trentina di studenti dal volto coperto si sono introdotti nell’istituto devastando aule, materiale didattico ed estintori, tra le altre cose, con danni stimati di circa 70 mila euro. I fatti hanno attirato l’attenzione del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che lunedì 12 febbraio ha visitato il Severi Correnti a sorpresa nell’ambito di un sopralluogo.

Valditara ha colto l’occasione per ribadire la sua posizione repressiva nei confronti delle occupazioni studentesche proponendo la bocciatura diretta per tutti i partecipanti. “Stiamo studiando una norma per far sì che chi occupa, se non dimostra di non essere coinvolto nei fatti, risponda civilmente dei danni che sono stati cagionati. È una presunzione che solo dimostrando di essere del tutto estraneo uno può vincere. […] Credo che studenti di questo tipo non possano essere promossi all’anno successivo.”

Le parole del ministro non hanno certo aiutato a calmare la situazione; nella giornata di mercoledì 14 febbraio, mentre circa 80 studenti erano a colloquio con la direzione scolastica, altri 50 manifestanti si sono riuniti sotto il Severi Correnti per denunciare la “repressione inaudita” del governo nei confronti degli occupanti. La preside dell’istituto, Gabriella Conte, ha preso immediatamente le distanze dalle parole di Valditara dichiarando che “non facciamo caccia alle streghe né processi”.

Ma oltre al tono da pugno di ferro, l’intervento del ministro ha anche un tempismo piuttosto particolare: perché visitare il Severi Correnti con 10 giorni di ritardo rispetto all’accaduto con un sopralluogo a sorpresa? La sortita di Valditara del 12 febbraio ha coinciso con la diffusione dei dati sulle iscrizioni alle scuole superiori in Italia, che certificano un enorme flop per il governo – e in particolare per il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Il tanto propagandato liceo sul Made in Italy, istituito da Valditara, ha infatti raccolto, in tutto il Paese, solo 375 iscrizioni. Un numero imbarazzante che, casualmente o meno, è stato seppellito dalle dichiarazioni del ministro stesso, che dimostra totale lontananza dagli studenti che si sentono abbandonati e mai rappresentati da questo governo.

Uno striscione dell’occupazione, foto Facebook

Le ragioni sottese all’occupazione del Severi Correnti hanno a che fare proprio con la distanza siderale che separa la scuola italiana dal mondo reale e dai dibattiti politici e sociali che quasi sempre escludono i giovani. Nel programma dell’occupazione figuravano momenti di approfondimento sulla guerra a Gaza, sul processo di Ilaria Salis a Budapest e sulle questioni di genere, oltre a laboratori di autodifesa femminile e di ciclofficina e tornei di calcio popolare. ù

Iniziative che dimostrano la volontà dei giovani di rendere la scuola un luogo di democrazia e di aggregazione in cui diventare cittadini più consapevoli della precarietà del loro presente e ancor più del loro futuro. In poche parole, un’occasione per realizzare ciò che la scuola stessa dovrebbe garantire agli studenti, ma senza quasi mai riuscirci.

I ragazzi e ragazze del Severi Correnti, però, non sono stati in grado di gestire pacificamente l’occupazione, anzi, ne hanno perso il controllo e sono finiti per devastare una scuola. E questo è un grave errore per due ragioni: anzitutto, perché distruggere un edificio scolastico non rappresenta un atto di ribellione, ma di incapacità di gestire una manifestazione con intelligenza; poi, perché un’escalation di queste dimensioni rischia di legittimare, anche se solo parzialmente, i discorsi repressivi e panpenalisti del ministro di turno. Valditara sostiene infatti che “se non si dà un segnale forte da un punto di vista disciplinare vuol dire che la scuola non risponde in modo serio”.

Al contrario, certi atti di protesta vanno considerati e ascoltati anche quando hanno risonanza minore rispetto alle grandi mobilitazioni nazionali o internazionali. Anche la contestazione degli agricoltori, prima di estendersi ad altri Paesi europei come Francia e Italia, era partita da un contesto molto circoscritto come il porto di Schluttsiel, nel nord della Germania, dove i manifestanti erano appena 300. In quel caso, una trentina di agricoltori tentarono di prendere d’assalto il traghetto su cui si trovava il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck. Un episodio che ha ispirato le proteste di un intero settore produttivo anche in Italia, dove gli agricoltori hanno manifestato per i motivi più disparati, ottenendo alla fine un ulteriore sconto fiscale nonostante la categoria fosse già ampiamente sussidiata.

Paragonare l’esperienza delle rivolte agricole all’occupazione del Severi Correnti non è possibile, ma ciò non significa che una protesta studentesca di piccole dimensioni debba essere ignorata o condannata a prescindere dai propositi che la motivano. L’atteggiamento del ministro Valditara ha invece evidenziato ancora di più il disinteresse della destra nei confronti dei ragazzi, del loro futuro e delle loro aspettative nei confronti delle istituzioni scolastiche.

di Niccolò Volpini

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