Griselda, la Donna che spaventava Pablo Escobar

Arriva la miniserie ispirata a eventi realmente accaduti che racconta la vicenda di Griselda Blanco, la narcotrafficante che si fece strada partendo da Medellín e arrivando a Miami.

Il 25 gennaio è approdata su Netflix Griselda, miniserie drammatica con sfumature noir dagli stessi creatori della celebre Narcos: Andrés Baiz ed Eric Newman. L’attrice colombiana Sofía Vergara, famosa per aver interpretato Gloria in Modern Family, abbandona il ruolo comico per calarsi magistralmente nei panni della Madrina della Cocaina, Griselda Blanco, in sei episodi dell’omonimo show.

La vera e tragica storia della più famosa narcotrafficante donna

“L’unico uomo di cui ho mai avuto paura è stata una donna di nome Griselda Blanco” è questa l’affermazione di Pablo Escobar che appare negli opening credits dello show. La miniserie percorre, in modo fedele e con qualche aspetto romanzato, la storia di Griselda Blanco, a partire da uno degli episodi che ne hanno segnato irrimediabilmente la vita: la fuga da Medellín verso Miami dopo un litigio per affari con il suo secondo marito.

Da questo momento in poi, la serie racconta il tentativo (che presto sarà fallito) di costruire una nuova vita grazie ad un lavoro come agente di viaggio a Miami e la successiva lenta, ma proficua, ascesa di Griselda Blanco tra il narcotraffico nella nuova città, in grado di offrire una larga rete di clienti e la possibilità di essere al comando di sé stessa.

A Miami, e successivamente in altre città statunitensi, tra gli anni ’70 e ‘80 Griselda Blanco inizia a costruire il proprio impero facendosi strada in un mondo che è sempre appartenuto agli uomini, diventando una di loro e sedendo allo stesso tavolo dei più importanti boss del narcotraffico. Tuttavia, sarà proprio questo grande potere ottenuto con la violenza e con la capacità di incutere paura e la sete di ricchezza della protagonista che la porterà al declino ed arresto, con cui si conclude il sesto ed ultimo episodio della miniserie.

Il momento decisivo che porta alla discesa della Madrina ha a che fare con la morte di un bambino, ucciso dal suo fedele sicario Rivi: da qui in poi è quasi impossibile empatizzare con la protagonista e la serie mostra la fine autodistruttiva in cui cadrà Griselda a causa delle sue stesse ossessioni, insicurezze e mancanze di fiducia perfino nelle persone a lei più vicine.

crediti: The Hollywood Reporter Roma

Una donna tanto spietata quanto fragile

Punto di forza dello show è sicuramente la capacità di dipingere tutte le sfaccettature della psicologia di Griselda, mostrando, certamente, il lato crudele e spietato di narcoboss che riesce a conquistarsi, ma anche il lato umano di donna spesso umiliata e vessata e di madre. Sono proprio i figli ad essere, per Griselda, la forza per andare avanti, ma anche la sua fragile debolezza.

Se all’inizio si può fare il tifo per lei, alla fine della serie è chiaro che quella di Griselda non è una storia puramente femminista e a lieto fine. Per quanto si possa ammirare una donna che è emersa in un ambiente dominato da potenti uomini e padroni, bisogna ricordare il mondo in cui Griselda è riuscita ad avere successo, quello del narcotraffico, e soprattutto le modalità: violenze, criminalità e minacce facevano parte della quotidianità della Madrina della Cocaina.

Se Pablo Escobar è stato il più famoso narcotrafficante di tutti i tempi, Griselda Blanco è stata il suo corrispettivo femminile ed entrambi sono stati il motivo principale della creazione della DEA (Drug Enforcement Administration) negli Stati Uniti. La serie è relativa al mondo di Narcos poiché ideata dagli stessi produttori e registi, ma si differenzia nell’intento. Lo stesso produttore Eric Newman ha messo a confronto le due figure durante la conferenza stampa della serie, affermando che in Griselda la sua womanhood e il suo ruolo di madre come motivo che l’ha spinta nel mondo criminale sono al centro di tutto, mentre rappresentando la figura di Escobar ci si è concentrati di più sulle sue conquiste e su tutto ciò che ha fatto solo per gloria personale. Il racconto di Griselda fa luce, quindi, su una storia molto più intima ma, citando Newman, si arriva ad un punto in cui Griselda si è “spinta troppo oltre”, con le relative conseguenze devastanti che impediscono qualsiasi tipo di glorificazione del personaggio.

L’equilibrio tra mitizzazione di una criminale e narrazione di fatti di cronaca

Tanto cruda quanto reale, questa miniserie è lo specchio verosimile di un periodo storico altrettanto drammatico e complesso in cui una donna feroce come Griselda Blanco è riuscita, senza nessuno scrupolo, ad affermarsi nel mondo del narcotraffico internazionale accanto a figure maschili di spicco come Pablo Escobar.

Sicuramente imperdibile per gli amanti del genere gangster, attraverso una sceneggiatura ricca di azione e colpi di scena, la miniserie riesce a riportare e a rappresentare gli eventi della vita privata e non di Griselda Blanco, riuscendo a mantenere un certo equilibrio tra quello che è puro racconto e tra l’idealizzazione o, addirittura, esaltazione di una vera e propria criminale che si è macchiata di oltre 200 omicidi.

Empatia e disprezzo, speranza e delusione sono tutte condensate in questi sei episodi che fanno provare emozioni contrastanti tra loro e, alla fine, sta a noi spettatori valutare il personaggio di Griselda consapevoli, però, della vita tormentosa che l’ha portata ad essere ciò che è stata e che per alcuni potrebbe addirittura giustificare i numerosi crimini commessi.

crediti: Cosmopolitan

crediti immagine iniziale: Netflix

di Martina Milanesi

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