“Piacere di conoscerti!” è un evento necessario, non accessorio

Piacere di conoscerti! Il piacere è tutto mio”. Questo il titolo sotto cui è stata organizzata una giornata di studi su “disuguaglianze, emancipazione femminile e norme sociali“, come viene riportato dal sottotitolo che si può leggere sulla locandina dell’evento. Il titolo diventa uno statement coraggioso da parte dell’Università di Parma che ha organizzato la giornata studio all’interno del proprio Ateneo. Un gesto coraggioso nonostante – e anche per – le polemiche che successivamente sono scaturite, in particolare da parte dei portavoce dell’organizzazione studentesca Azione Universitaria.

La giornata di studi si è tenuta il 20 febbraio 2024, in una delle aule interne al Polo didattico di Via del Prato. All’evento sono intervenuti il professor Roberto Paolo Malaspina dell’Università di Milano, la professoressa Chiara Bonetti dell’Università di Modena e Reggio Emilia e un team di professori e ricercatori interni all’ateneo: Luca Caricati, Martina Giuffré, Jennifer Malvezzi, Sofia Panza e Francesca Rossi. L’ospite esterna di particolare rilievo è stata invece Norma Rossetti, CEO dell’azienda produttrice di sex toys, MySecretCase. Riprendendo direttamente l’abstract della giornata studio – reperibile sul sito di Capas – il fulcro di questa lezione collettiva era la sessualità, intesa come metodo con cui le donne possono riappropriarsi del proprio corpo e autodeterminarsi. La tematica è stata affrontata in ottica multidisciplinare, con particolare riferimento all’utilizzo dei sex toys.

Nel contesto odierno – che si tratti della società globalizzata tutta o delle piccole e grandi realtà che la compongono – la sessualità e l’emancipazione e autodeterminazione di sé attraverso di essa, sono tematiche considerate estremamente delicate, divisive e polarizzanti. Non sono infatti mancate le polemiche, tra cui in particolare quella da parte di Azione Universitaria.

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La polemica interna: le parole di Azione Universitaria

La polemica riguardo a questa giornata studio, in realtà, è scaturita nel particolare a causa di alcune “incriminanti” immagini: all’interno di una presentazione si potevano vedere foto di vibratori. Annalisa Maggi, dirigente nazionale di Azione Universitaria, ha descritto dunque l’organizzazione di questa lezione come scandalosa.

Ma diamo un po’ di contesto: che cos’è Azione Universitaria? Come si può leggere dal loro sito web, si tratta di un’associazione studentesca “ascrivibile all’area di centro-destra politica. L’associazione nacque nel 1996 come movimento giovanile di Alleanza Nazionale. Basandosi su questa descrizione, dunque, non è motivo di stupore che un gruppo legato a istanze portate avanti dal centro-destra sia in contrasto con questo genere di manifestazioni.

Leggendo la dichiarazione di Maggi, la dirigente parla di confusione tra “la conoscenza collettiva e la conoscenza individuale e intima della persona. Successivamente, continua con l’affermare che l’Università non sia certo il luogo adatto per parlare di sex toys, dato che questi sarebbero legati esclusivamente alla sfera intima e personale degli individui. Ma non si tratta tanto della tematica, quanto deimodi” considerati poco “opportuni e appropriati”.

La giornata di studi non ha avuto risonanza solo nel contesto universitario, ma le polemiche non sono mancate nemmeno al di fuori, sempre da parte dell’area politica di destra. Questo il caso del consigliere regionale piacentino Giancarlo Tagliaferri di Forza Italia. Intervistato dalla testata cittadina Piacenza24, il consigliere ha fatto affermazioni che rimangono sulla medesima linea di quelle di Annalisa Maggi. Tagliaferri ha anche aggiunto che la partecipazione della CEO di un noto brand di sex toys sarebbe da considerare al pari di pura pubblicità, in un tentativo dell’Ateneo di far parlare di sé.

Il bias e l’errore di fondo di Azione Universitaria: perché sbaglia?

Nonostante non ci sia da stupirsi di tali affermazioni e nonostante sia giusto poter esprimere ognuno le proprie opinioni, per quanto controverse, le dichiarazioni sopra riportate sono di per sé non corrette. Andiamo a vedere dove Azione Universitaria sbaglia nel portare avanti il proprio discorso e in particolare le critiche alla giornata studio.

Innanzitutto, come si può dire se un’affermazione e una posizione siano corrette o meno? Se si prova a prescindere dalle opinioni personali, che possono risultare relative e parziali, rimangono gli elementi che possono aiutarci a riconoscere un’affermazione sbagliata, ossia le fonti da cui l’informazione proviene e la loro autorevolezza. Maggi, in particolare, dimostra di non aver fatto un’approfondita ricerca, concentrandosi poi più sulla forma che sulla sostanza e sull’obiettivo dell’evento. La dirigente dell’associazione fa riferimento al fatto che l’Università sia un’“istituzione che ha il dovere di erogare conoscenze e competenze […] e ciò non implica l’insegnamento di come funziona un sex toys“. Maggi dimostra però di non aver letto – o di non aver pienamente compreso – l’abstract della giornata di studi, che parla sì di sex toys ma che lo fa attraverso le discipline accademiche, le quali vanno dall’antropologia alle scienze della comunicazione. Dunque, discipline con uno status accademico oggettivo e, in alcuni casi, vere e proprie discipline scientifiche.

Un altro errore compiuto all’interno della dichiarazione è il punto focale su cui si costruisce tutto il ragionamento fatto da Azione Universitaria, cioè il fatto che la sessualità sia pertinente solo ed unicamente alla sfera intima e personale dell’individuo. La sessualità, al contrario, come del resto gli altri comportamenti umani, non vive e non si sviluppa in una bolla asettica e fuori da qualsiasi contesto. Il sesso e tutto ciò che lo riguarda, oltre ad essere legato a sfere del sapere “accademiche”, non è qualcosa che ha lo status di eccezione e può quindi prescindere dal contesto sociale in cui è inserito. Il rapporto tra partner sessuali, in particolare quello uomo-donna in cui è necessario tenere in considerazione i costrutti sociali legati ai ruoli di genere, è influenzato e influenza la sfera sociale.

Le fonti: cosa dicono i dati?

Nonostante l’idea di portare la sessualità all’interno dei contesti educativi sia attualmente oggetto di scontri e controversie, ci sono diversi e numerosi studi a suo favore. Questi studi possono essere considerati fonti autorevoli in base alla composizione del team di ricercatori e alle loro esperienze e conoscenze approfondite nell’ambito. Uno dei più recenti e accreditati è Three Decades of Research: The Case fo Comprehensive Sex Education, pubblicato nel 2020, il cui abstract è reperibile sul sito della National Library of Medicine. I ricercatori a capo dello studio sono Eva S. Goldfarb e Lisa D. Lieberman, entrambe professoresse specializzate in Salute Pubblica presso la Montclair State University.

Questa ricerca mira a sostenere l’importanza dell’educazione sessuale all’interno del contesto scolastico ed è stata portata avanti tramite una revisione della letteratura esistente sull’argomento, risalente agli ultimi trent’anni. I risultati ottenuti sembrano coincidere perfettamente con l’obiettivo: secondo lo studio l’educazione sessuale aiuta gli studenti – soprattutto in età adolescenziale – a comprendere meglio le questioni di genere. Di conseguenza si misura anche una diminuzione di atteggiamenti discriminatori nei confronti di persone gender non-conforming e dei diversi orientamenti sessuali. In generale, si sviluppa un approccio più sano alle relazioni e un’attenzione particolare a ciò che concerne la prevenzione.

Conoscere la sessualità: non solo una questione teorica

Se vogliamo vederla anche da un punto di vista pratico, conoscere il sesso e tutte le sue sfumature può essere un aiuto per viverlo al meglio, soprattutto educando al rispetto dei desideri e dei limiti di ogni persona. Si comprendono così che le dinamiche di “obbligo” legate all’atto sessuale sono sbagliate, tossiche e dannose, per fare un esempio. Oppure ancora, l’educazione all’uso dei contraccettivi e delle protezioni, fino ad arrivare ad eliminare il bias e il pregiudizio nei confronti dei test per le malattie sessualmente trasmissibili.

Tutto questo non può essere considerato fuori contesto e poco consono. Tali iniziative, al contrario, dovrebbero essere appoggiate e promosse il più possibile. Più si normalizza la sessualità – e l’uso dei sex toys – più non solo le persone singole vivranno meglio la propria vita intima ma questo avrà anche ripercussioni su come vediamo i rapporti interpersonali e su come li viviamo. Questo non può che portare alla costruzione di un ambiente maggiormente sano e privo di paure e pregiudizi. Da studenti bisognerebbe essere orgogliosi di questo passo fatto dal nostro Ateneo che speriamo sia solo il primo di un lungo cammino per dare dignità alla sessualità, anche come oggetto di studi.

di Martina Leva

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