Mary Poppins e non solo: i film e cartoni Disney vietati

Di recente la British Board of Film Classification inglese ha inasprito la classificazione per età della celebre pellicola Mary Poppins, vietandola ai minori di 12 anni. Perché questa decisione e quali altri film Disney sono stati coinvolti in situazioni simili?

La decisione presa dalla BBCF inglese riguardo Mary Poppins è l’ultima di una lunga serie di azioni riferite ad alcuni film e cartoni Disney ritenuti non più adeguati a tutti ma vietati ai minori di 7 o 12 anni e, nel peggiore dei casi, censurati. Tra i film ritenuti offensivi per qualche motivo ci sono vere e proprie pietre miliari dell’azienda californiana: scopriamoli e, soprattutto, analizziamo i motivi che hanno portato a queste decisioni.

Mary Poppins e il linguaggio discriminatorio

Questa settimana la BBCF inglese, l’organizzazione legalmente responsabile della classificazione dei film nel Regno Unito, ha dichiarato il film Mary Poppins (1964), vincitore di cinque Oscar, non più adatto a tutti, ma vietato ai minori di 12 anni a causa di linguaggio discriminatorio. La celebre pellicola ambientata a Londra nel 1910 che segue una tata magica mentre si prende cura dei bambini di una famiglia con l’aiuto di uno spazzacamino ambulante interpretato da Dick Van Dyke non è più adatto ai bambini in quanto compare un particolare termine che, ad oggi, risulterebbe offensivo.

Nella pellicola, infatti, viene utilizzato il termine “Ottentotti” in modo dispregiativo dall’ammiraglio Boom. Il termine era utilizzato a inizio secolo dagli europei per indicare i popoli nomadi del Sud dell’Africa e, nella fiaba cinematografica, viene utilizzato per chiamare gli spazzacamini neri in volto a causa della fuliggine. Incriminata, quindi, la figura dell’ammiraglio Boom che utilizza questo termine ben due volte.

Una scena del film Mary Poppins

A 60 anni dalla sua uscita, quindi, il film è passato da essere classificato U (Universal, per tutti) ad essere sotto la categoria PG (Parental Guidance, sotto la guida di un adulto), ovvero la visione del film per un minore di 12 anni è consentita con la presenza di un adulto. Dalle dichiarazioni della BBCF inglese, “We understand from our racism and discrimination research… that a key concern for… parents is the potential to expose children to discriminatory language or behavior which they may find distressing or repeat without realizing the potential offense(Dalle nostre ricerche sul razzismo e sulla discriminazione comprendiamo che una preoccupazione fondamentale per i genitori è la possibilità di esporre i bambini a un linguaggio o a un comportamento discriminatorio che potrebbero trovare angosciante o ripetere senza rendersi conto del potenziale reato) e, ancora, Content with immediate and clear condemnation is more likely to receive a lower rating(I contenuti con una condanna immediata e chiara hanno maggiori probabilità di ricevere una valutazione inferiore).

Tuttavia, viene spontaneo chiedersi se sia davvero necessaria questa classificazione di Mary Poppins alla luce del fatto che esistono casi di cartoni in cui il razzismo o le battute discriminatorie sono ben più evidenti. Forse la BBCF ha esagerato in questo caso, soprattutto se si pensa che un bambino, probabilmente, non darebbe neanche peso al termine dato che, presumibilmente, non conosce nemmeno il significato della parola.

5 cartoni Disney non più in linea con il presente

Mary Poppins non è il primo caso di prodotti cinematografici e televisivi Disney vietati o censurati ai minori: esistono, infatti, cinque cartoni Disney degli anni Quaranta che hanno in particolar modo contenuti offensivi e, al giorno d’oggi, è davvero impossibile pensare di mandarli in onda.

Il primo è La Faccia del Fuehrer (1943), risalente ai tempi della Seconda Guerra Mondiale in cui la Disney si impegnò nella produzione di diversi cortometraggi e cartoni propagandistici. Il più famoso è proprio La Faccia del Fuehrer, mai uscito in Italia e vincitore di un Premio Oscar per il miglior film d’animazione. Il cortometraggio vede Paperino nelle vesti di recluta dell’esercito tedesco tra passi del Mein Kampf e slogan nazisti. Alla fine, in un’esaltazione degli Stati Uniti, Paperino si sveglia in America abbracciando la Statua della Libertà.

Paperino in una scena de La Faccia del Fuehrer

In Ti sogno California (1945) vediamo Pippo impegnato nella conquista del West. Qui c’è, tuttavia, una rappresentazione offensiva dei nativi americani, in quanto la rappresentazione dei nativi americani e quello che fu in realtà un genocidio viene affrontato in modo quasi giocoso e superficiale. Un regalo per Paperina (1946) sarebbe oggi impensabile viste le numerose campagne animaliste: nel cortometraggio Paperino vuole regalare una pelliccia alla sua amata e per farlo uccide un cucciolo di orso. Sicuramente immorale e non politicamente corretto. Nell’episodio Domani a dieta! (1951), invece, viene mostrato l’alter ego di Pippo chiamato George Geef in una “lotta” con una bilancia parlante che lo definisce “grasso come un porcello”. Anche in questo caso, sarebbe un errore far sentire ai bambini determinate parole che, se usate in modo sbagliato come in questo episodio, potrebbero portare a gravi conseguenze. Infine, il corto Vietato fumare (1951) è considerato altamente diseducativo a causa delle numerosissime rappresentazioni di tabacco, sicuramente non adatto ai bambini. Protagonista è Pippo (George Geef), il quale, attraverso varie situazioni, prova a smettere di fumare senza successo.

Pippo (George Geef) in una scena di Vietato fumare

Questi sono cartoni Disney che oggi non si possono più vedere ed è ragionevole, tuttavia c’è una puntualizzazione da fare: bisogna considerare il contesto e il periodo di questi cartoni, quello degli anni Quaranta, in cui i temi affrontati dagli stessi cartoni erano ritenuti assolutamente normali all’epoca e lo sono stati per diversi anni.

I film Disney con disclaimer

Ci sono anche molti film Disney visibili ma che recentemente hanno ricevuto l’etichetta «rappresentazioni culturali obsolete». La piattaforma Disney+ ha, infatti, deciso di vietare ai minori di 7 anni film celebri come Dumbo, Peter Pan e gli Aristogatti e di mettere un disclaimer che avvisa il pubblico restante in quanto i film potrebbero contenere rappresentazioni stereotipate di popoli ed etnie. Il testo del citato disclaimer è il seguente: “Questo programma include rappresentazioni negative e/o trattamenti errati nei confronti di persone o culture. Questi stereotipi e comportamenti erano sbagliati allora e lo sono oggi. La rimozione di questo contenuto negherebbe l’esistenza di questi pregiudizi e il loro impatto dannoso sulla società. Scegliamo invece di trarne insegnamento per stimolare il dialogo e creare insieme un futuro più inclusivo”.

A Dumbo (1941) vengono contestate le parole di una canzone presente nel film che sarebbero irrispettose nei confronti degli schiavi afroamericani che lavoravano nelle piantagioni negli Stati Uniti. La canzone recita: “E quando poi veniamo pagati buttiamo via tutti i nostri soldi”.

Negli Aristogatti (1970) la ragione risiede nella figura del gatto siamese Shun Gon, ritenuta offensiva poiché le caratteristiche del personaggio sarebbero irrispettose verso i popoli orientali. Il gatto è disegnato con tratti orientaleggianti e caricaturiali: dalla colorazione gialla al taglio degli occhi, dai denti sporgenti fino al dettaglio delle bacchette che utilizza per suonare il pianoforte, le caratteristiche di Shun Gon rappresenterebbero una mancanza di rispetto verso i popoli orientali. Anche in Lilli e il Vagabondo (1955) compaiono due gatti simili a quelli degli Aristogatti che rappresentano una versione stereotipata della cultura asiatica.

Infine, Peter Pan (1953) sarebbe offensivo nei confronti dei nativi americani. Il protagonista Peter Pan, infatti, definisce i membri della tribù di Giglio Tigrato con l’appellativo offensivo di “pellirosse”. Il termine pellerossa è denigrante perché fa riferimento al colore della carnagione, mentre il termine corretto da utilizzare sarebbe nativi americani.

Stereotipi razzisti sarebbero presenti anche ne Il Libro della Giungla (1967): gli oranghi verrebbero qui rappresentati come una caricatura di afroamericani.

Crediti: Il Faro Online

Cambiamenti necessari? L’opinione pubblica è divisa

Negli ultimi anni la sensibilità rispetto a certi temi, legati ad esempio a sessismo e razzismo, si è decisamente alzata, portando una maggiore attenzione al linguaggio e ai messaggi proposti; in questa situazione, molte persone hanno visto un “eccesso di politically correct, mentre per molti quella di rimuovere o etichettare certi film è stata una scelta volta a garantire il rispetto di comunità diverse. È il caso, ad esempio, di Jessica Rabbit, personaggio considerato da molti eccessivamente sensuale e che necessiterebbe di una qualche revisione.

Recentemente, inoltre, sono stati fatti i remake in live action di alcuni classici film Disney e le polemiche non sono di certo mancate. Ci sono stati casi esemplari in cui, secondo una parte dell’opinione pubblica, si è arrivati a stravolgere troppo le fiabe originali ed “esagerare” con il politically correct. Ci sono stati commenti negativi sulla decisione di vedere la fata madrina di Cenerentola genderless nel live action del 2021 interpretata da Billy Porter, oppure di affidare ad Halle Bailey, attrice dalle origini afroamericane, la parte di Ariel nel live action del 2023 de La Sirenetta. Ancora, le polemiche più recenti sono rivolte al live action di Biancaneve, non ancora uscito ma già accusato di stravolgere la storia originale e di essere troppo inclusivo e femminista.

La Sirenetta nel film animato del 1989 e l’attrice Halle Bailey nel live action del 2023

In generale, si può affermare che il pubblico sia sostanzialmente diviso tra chi ritiene inaccettabile qualsiasi cambiamento venga fatto agli originali Disney e tra chi accetta il cambiamento, lo apprezza e sottolinea lo sforzo che viene fatto al fine di rappresentare il più verosimilmente possibile la società odierna.
Quello che la Disney sta facendo è incentivare la riflessione e contribuire alla formazione delle nuove generazioni con messaggi d’inclusione molto forti imparando dagli errori del passato. È giusto da un lato condannare i messaggi sbagliati come quelli de La Faccia del Fuehrer, ma è altrettanto esagerato in certi casi in cui le parole definite denigratorie non sono così importanti per lo svolgimento della storia e soprattutto non sono così importanti per un bambino che vede per la prima volta un film senza fare caso a una parola piuttosto che al taglio degli occhi di un gatto. È giusto, in ogni caso, da parte della Disney dare un taglio più inclusivo e alzare la sensibilità su certi temi, ma senza stravolgere completamente le storie o esagerare facendolo in casi in cui non è davvero necessario.

Crediti foto iniziale: Pinterest

Crediti seconda foto: Flicks

Crediti terza foto: Dagospia

Crediti quarta foto: Disney Film Project

Crediti quinta foto: Il Faro Online

di Martina Milanesi

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