100 anni di Franco Basaglia, l’uomo che rivoluzionò la percezione delle malattie mentali

L’11 marzo 1924 nasceva lo psichiatra e neurologo Franco Basaglia, grande innovatore nel campo della psicologia e psichiatria: con i suoi studi cambiò il concetto di salute mentale e ispirò la chiusura dei manicomi

Il centenario della nascita di Basaglia, che si celebra quest’anno, è una buona occasione per riflettere sull’importanza del suo insegnamento, su cosa è stato fatto e su cosa ancora rimane da fare nel campo della salute mentale. Era il 1978 quando entrò in vigore la celebre Legge 180, meglio nota come “Legge Basaglia”, una vera e propria riforma psichiatrica che portò alla chiusura dei manicomi.

Grande intellettuale e saggista della sua epoca, tanto da essere associato a pensatori come Michel Foucault, Jean-Paul Sartre ed Erving Goffman, il più grande merito di Franco Basaglia è stato quello di restituire dignità alla malattia mentale, considerando il paziente come una persona da accogliere, ascoltare, comprendere, da aiutare e non da recludere o da nascondere.

Lo psichiatra e neurologo più influente del XX secolo

Franco Basaglia si può definire lo psichiatra e neurologo più influente del secolo scorso in quanto principale motore del cambiamento di visione rispetto alle malattie mentali e ai metodi utilizzati per curare i pazienti, oltre che ispiratore della Legge 180 che portò alla chiusura dei manicomi.

Nato a Venezia l’11 marzo 1924, dopo gli studi classici si iscrive nel 1943 alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova, dove si unisce ad un gruppo antifascista. Nel 1949 si laurea in medicina e chirurgia e inizia a frequentare la clinica delle malattie nervose e mentali di Padova, dove lavora come assistente fino al 1961. Basaglia produce, inoltre, un grande lavoro intellettuale con un susseguirsi di scritti, di pubblicazioni scientifiche, di relazioni congressuali sulle più diverse condizioni di malattia che poteva incontrare nella sua pratica clinica: la schizofrenia, gli stati ossessivi, l’ipocondria, la depressione, l’anoressia e tanti altri. È in questo periodo che si dedica ai classici dell’esistenzialismo: Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Husserl e Heidegger.

crediti: archiviobasaglia

Nel 1952 consegue la specializzazione in malattie nervose e mentali e l’anno dopo si sposa con Franca Ongaro, con la quale avrà due figli e uno straordinario sodalizio intellettuale. Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria, tuttavia le sue idee innovative e rivoluzionarie non vengono accolte positivamente in ambito accademico e nel 1961 decide di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia per dirigere l’ospedale psichiatrico della città.

Qui, l’impatto con il manicomio è forte: Basaglia comprende che bisogna avviare una rivoluzione e, sul modello della comunità terapeutica di Maxwell Jones a Dingleton in Scozia, si iniziano ad applicare nuove regole di organizzazione e di comunicazione all’interno dell’ospedale. Vengono eliminati tutti i tipi di contenzioni fisiche e le terapie di shock e le condizioni di vita degli internati migliorano in maniera significativa. Per esempio, vengono organizzate anche feste, gite, laboratori artistici e si aprono le porte dei padiglioni e i cancelli dei reparti. Il suo approccio alla cura della malattia mentale, da lui stesso definito fenomenologico ed esistenziale, era in netta contrapposizione a quello positivistico della medicina tradizionale vigente all’epoca.

Nel 1970 lascia Gorizia e accetta di dirigere l’ospedale psichiatrico di Colorno. Qui, avvia la prima fase di un processo di trasformazione che si rivela un’esperienza difficile, in quanto Basaglia incontra numerose difficoltà di ordine amministrativo. Nell’agosto del 1971 diventa direttore del manicomio di Trieste, dove riuscì a portare avanti il progetto di chiudere il manicomio e di dare vita a un nuovo sistema di servizi di salute mentale.

crediti: archiviobasaglia

Nel 1973 Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica, favorendo la diffusione in Italia dell’antipsichiatria, corrente di pensiero nata in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera di David Cooper, psichiatra e psicanalista britannico noto per il suo pensiero critico nei confronti della psichiatria tradizionale. Nel 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio di Trieste entro l’anno e il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la Legge 180 di riforma psichiatrica. Tuttavia, la legge che verrà anche chiamata Legge Basaglia, avrà un iter difficile nella fase di realizzazione.

Nel 1979 lascia la direzione di Trieste e si trasferisce a Roma, dove assume l’incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio. In seguito ad una conferenza a Berlino, nella primavera del 1980, si manifestano i primi sintomi di un tumore al cervello, che lo condurrà alla morte il 29 agosto 1980 a Venezia. Ancora oggi, la legge 180 è in vigore e le sue teorie hanno un forte peso in ambito psichiatrico.

L’antipsichiatria e la Legge 180

Franco Basaglia viene ricordato soprattutto per essere stato il primo a “ribellarsi” di fronte ad un sistema sanitario che non mirava davvero a migliorare le condizioni dei pazienti, ritenuti quasi oggetti da nascondere e per la Legge 180 del 1978.

Fino a quel momento, i manicomi erano le istituzioni che si occupavano dei malati mentali, oggi sostituiti dai moderni ospedali psichiatrici. Il trattamento dei pazienti era a volte brutale e focalizzato sul contenimento e sulla moderazione del comportamento.

Dall’esperienza nei manicomi, Basaglia fondò un movimento chiamato Psichiatria Democratica, che prese spunto dalla corrente di pensiero dell’antipsichiatria, un movimento di contestazione sorto all’interno della psichiatria e della psicanalisi anglosassoni le cui origini vanno individuate nel recupero di istanze esistenzialistiche provenienti dagli studi di M. Foucault.

Il movimento ha criticato il concetto di malattia mentale, considerandola come una scelta dell’individuo in risposta a contraddizioni sociali e non risultato di disfunzioni e disturbi. Secondo l’antipsichiatria, la terapia deve prescindere dal ricorso a istituti manicomiali e da ogni forma di segregazione; il malato di mente deve essere, invece, sostenuto dal terapeuta, mentre l’istituzione psichiatrica deve presentarsi come semplice struttura sociopolitica aperta.

Il passaggio più innovativo a livello mondiale è stata, però, la chiusura dei manicomi in Italia a seguito dell’entrata in vigore della legge 180 del 13 maggio 1978, più nota come Legge Basaglia. Fu importante perché rese la psichiatria terapeutica e riabilitativa e fu ridefinita l’intera concezione di malattia e cura psichiatrica, oltre che ad imporre la chiusura dei manicomi.

crediti: antropologiamedica.it

Franco Basaglia si impegnò nel compito di riformare l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, proponendo un superamento della logica manicomiale: regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. La legge voleva anche essere un modo per modernizzare l’impostazione clinica dell’assistenza psichiatrica, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati anche da strutture territoriali.

Tale legge, però, divenne operativa solo a metà degli anni Novanta, a causa di un sistema sociale troppo radicato e difficile da poter modificare in poco tempo.

La salute mentale oggi: cosa rimane di Basaglia?

Se Franco Basaglia era riuscito a rivoluzionare il modo in cui si pensa al malato e alla malattia mentale, ad oggi questa sua lezione sembra tralasciata.

La salute mentale continua a non essere al centro dell’attenzione dell’amministrazione pubblica: “I bilanci sono disastrosi. Ci sono paesi europei che per la salute mentale spendono dal 9 al 12-15 per cento della spesa sanitaria complessiva, in Italia si arriva a stento al 4 per cento, ma più spesso meno”, spiega Mario Colucci, psichiatra del Dipartimento di salute mentale (DSM) dell’Azienda sanitaria Giuliano Isontina e autore con Pierangelo Di Vittorio del libro Franco Basaglia.

Inoltre, le malattie mentali e in generale ciò che concerne la salute mentale sono, ancora oggi, per moltissime persone un tabù: si pensi quanti soffrono di malattie mentali e vengono considerati semplicemente pazzi, mancanti di volontà, arroganti o lamentevoli o si pensi a quante volte si è sentito dire che andare da uno psicologo non serve perché “non sono pazzo” e perché, forse, ci si vergogna.

Tuttavia, i numeri parlano chiaro: negli ultimi anni e soprattutto dopo la pandemia da Covid, i problemi di salute mentale sono in aumento. Secondo le ultime stime dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), ad esempio, oltre 300 milioni di persone nel mondo soffrono di depressione, ossia il 18% in più rispetto al 2005. Il problema è che molti di questi disturbi, spesso, non vengono diagnosticati, in quanto le persone non sono consapevoli di soffrirne o perché riluttanti a cercare l’aiuto di uno specialista a causa dello stigma che ancora oggi circonda la malattia mentale.

crediti: Pixabay

Nonostante siano stati fatti numerosi passi avanti nella considerazione dei soggetti che soffrono di malattie mentali, un tempo definiti semplicemente devianti o pazzi, resta il problema che, spesso, le persone faticano a comprendere e stare vicino a persone che soffrono di disturbi mentali, e questo non fa altro che aumentare lo stigma che circonda la salute mentale.

crediti immagine iniziale: Flickr

di Martina Milanesi

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*