Chico Forti torna in Italia dopo 24 anni: vicenda e prospettive

Condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per un omicidio avvenuto a Miami nel 1998, Chico Forti è recentemente tornato in Italia, nel carcere Montorio di Verona. Ma chi è Chico Forti e perché la sua condanna ha suscitato grande interesse?

Nelle ultime settimane si sono riaccesi i riflettori sulla vicenda di Chico Forti, protagonista di un caso per il quale si è sempre dichiarato innocente e sulla cui vicenda giudiziaria sono presenti molti dubbi. E proprio su questi dubbi Le Iene hanno posto attenzione durante questi anni – e nelle ultime settimane – con una serie di servizi e puntate speciali che ricostruiscono tutta la storia.

Il presidente del consiglio Giorgia Meloni aveva annunciato lo scorso 1° marzo 2024 l’autorizzazione al trasferimento in Italia di Chico Forti e, due mesi e mezzo dopo, il 18 maggio 2024, il sessantacinquenne è rientrato in Italia all’aeroporto di Pratica di Mare, per poi essere trasferito nel carcere Montorio di Verona. La sua vicenda giudiziaria ha, da sempre, suscitato interesse e sono molte le persone che credono nell’innocenza di Forti. Per questi motivi, anche la notizia del suo rimpatrio in Italia ha suscitato – non poche – reazioni contrastanti anche da parte dell’opinione pubblica.

Chico Forti: la vicenda

Enrico Forti, detto Chico, nasce a Trento l’8 febbraio 1959 e, dopo il liceo, si specializza nel windsurf diventando un campione di successo. Nel 1992 lascia l’Italia e si trasferisce a Miami, in Florida, in cerca di fortuna. In seguito a un incidente automobilistico inizia una ‘nuova vita’ intraprendendo l’attività di film-maker, produttore e presentatore televisivo.

Per arrotondare, svolge anche l’attività di intermediatore immobiliare. Crea, inoltre, la sua società di produzione, la Hang Loose e, nel 1997, realizza la video inchiesta sulla morte di Gianni Versace, Il sorriso della Medusa. E proprio in questo documentario, in cui viene messo in dubbio l’operato della polizia di Miami, molti difensori di Chico Forti vedono una ipotetica causa della modalità di trattamento e delle indagini nei confronti di Chico Forti che lo avrebbero poi condannato all’ergastolo.

Chico Forti nel 1991. Fonte: Wikipedia

La svolta negativa nella vita di Chico Forti avviene il 15 febbraio 1998: in quella data viene trovato sulla spiaggia di Sewer Beach il cadavere di Dale Pike, figlio di Anthony Pike, con il quale Forti stava trattando l’acquisizione del Pikes Hotel a Ibiza. Quel che è certo è che Anthony Pike stava truffando Forti e Chico lo aveva capito. Ucciso con due colpi di pistola calibro 22 alla nuca e denudato completamente, Pike era arrivato a Miami il giorno precedente e aveva incontrato Forti, con il quale era arrivato in auto fino al parcheggio di un ristorante a Key Biscayne, dove l’italiano dirà poi di averlo lasciato intorno alle 19.

Poche ore dopo, tra le 20 e le 22, Pike sarà ucciso. Accanto al cadavere vengono ritrovati alcuni effetti personali che permettono il riconoscimento e, tra questi oggetti, c’è anche una scheda telefonica, grazie alla quale si scopre che le ultime chiamate, risalenti al pomeriggio del 15 febbraio, erano state fatte al cellulare di Chico Forti.

Fin da subito Forti è sospettato e interrogato: nella prima convocazione nega di aver incontrato Dale prima della morte e, questo, compromette la sua posizione, dato che la polizia scopre che Forti aveva avuto contatti con la vittima. Questa affermazione, però, avviene dopo che la polizia aveva informato Forti del fatto che anche il padre di Dale, Anthony Pike, fosse stato ucciso. Tuttavia, era una notizia falsa data dalle autorità per vedere come si sarebbe comportato il sospettato. Il 20 febbraio, poi, Chico Forti torna al dipartimento per consegnare una documentazione relativa agli affari che stava intrattenendo con Anthony Pike e si presenta senza un legale. Interrogato per 14 ore, ritratta la sua prima versione, ammettendo di aver incontrato la vittima poche ore prima del decesso. Viene arrestato.

Dale Pike (sinistra) e Chico Forti (destra). Fonte: Corriere del Trentino

Tuttavia, le prove contro Chico Forti – dalla scheda telefonica alla pistola – come analizzate scrupolosamente dalla criminologa Roberta Bruzzone – sono in realtà alquanto deboli. Inoltre, ciò che non quadra è che Chico Forti viene accusato di frode e circonvenzione di incapace in relazione all’acquisto del Pikes Hotel e, quindi, di concorso in omicidio per la morte di Dale Pike.

Nell’accusa di frode e circonvenzione di incapace risiederebbe, quindi, il movente del delitto. In effetti la compravendita del Pikes Hotel era veramente una truffa, ma ai danni di Chico Forti. Forti viene, infatti, liberato su cauzione e nei venti mesi seguenti è scagionato dagli otto capi d’accusa che riguardavano la frode. Nonostante sia venuto meno il movente, il 15 giugno 2000 – dopo un processo di 24 giorni e senza diritto di replica alla difesa di Forti – arriva la sentenza: Chico Forti è ritenuto colpevole di omicidio di primo grado e viene condannato all’ergastolo. I ricorsi presentati nei vari appelli contro la sentenza vengono rifiutati senza motivazione.

Un caso che divide

Il caso di Chico Forti, che si è sempre proclamato innocente, ha chiaramente da subito suscitato interesse; motivo per cui anche la notizia del suo trasferimento in Italia è stata accolta positivamente da una buona parte dell’opinione pubblica. Richiesto anni fa e atteso a lungo, il trasferimento in un carcere italiano è avvenuto lo scorso 18 maggio 2024 e annunciato della premier Giorgia Meloni a marzo, dopo la sua visita negli Stati Uniti per incontrare il presidente Joe Biden.

L’incontro con la premier Giorgia Meloni a Roma. Fonte: profilo Facebook Ahead Comunicazione

Dal 15 giugno del 2000 sono passati ventiquattro anni in cui Forti è stato in carcere negli Stati Uniti, nonostante la convenzione di Strasburgo garantisca il diritto di una persona condannata in un paese straniero di scontare la pena nel proprio stato d’origine.
Prima di Meloni, politica e diplomazia italiana si erano già spese in merito alla ‘questione Chico Forti’. In particolare, l’allora ministro degli Esteri Luigi di Maio, dopo un’intensa trattativa diplomatica fra Italia e Stati Uniti poco prima del Natale del 2020, aveva annunciato che il governatore della Florida, Ron DeSantis, aveva accolto con riserva l’istanza di Chico Forti di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e di poter essere così trasferito in un centro di detenzione in Italia.

Tuttavia, diversi sono i motivi che hanno rallentato tutto il procedimento: tra problemi burocratici, elezioni presidenziali americane e la pandemia Covid-19, Forti è rimasto in una sorta di limbo per più di altri tre anni.

La vicenda di Chico Forti ha catalizzato l’attenzione della politica, della stampa e dell’opinione pubblica nel nostro Paese ma, a prescindere dalla colpevolezza o innocenza, quello che non è mai stato chiaro è stato il processo giudiziario e l’iter con cui si sono svolte le indagini. Una serie di lacune nelle prove e un processo che ha destato grande dibattito e critiche perché da molte parti giudicato pieno di errori, omissioni e approssimazioni hanno portato molte persone a credere nell’innocenza di Chico Forti.

L’opinione pubblica è, quindi, da sempre divisa tra innocentisti e colpevolisti. Perfino la politica ha utilizzato il caso Chico Forti per i propri scopi. Comunque, la domanda di fondo rimane la stessa: Chico Forti è stato sottoposto a un iter processuale equo, che ha determinato contro ogni ragionevole dubbio, la sua colpevolezza?

La mobilitazione in Italia e la prospettiva della libertà condizionale

Durante questi 24 anni, sono state tante le persone a combattere per il suo rientro in patria e a mostrare solidarietà a Chico Forti. Chiaramente la famiglia di Chico, in particolare suo zio Gianni Forti, si è sempre battuta per lui. Tante sono state anche le iniziative in suo favore nate sui social, come la pagina Facebook Chico Forti Free e il Comitato Una chance per Chico.

Inoltre, anche molti personaggi pubblici si sono mossi in suo favore. Fra questi troviamo il tenore Andrea Bocelli, il quale ha stretto un legame di amicizia con Forti tanto da andarlo a trovare in carcere ogni qual volta si recasse a Miami. Dalla parte di Forti anche la criminologa Roberta Bruzzone, che sostiene la sua innocenza mostrando l’infondatezza delle prove e le modalità con cui si sono svolte le indagini ed il processo.

Chico Forti insieme alla criminologa Roberta Bruzzone. Fonte: robertabruzzone.com

Per quanto riguarda la sentenza, una volta in Italia, Chico Forti dovrà terminare di scontare la sua condanna, secondo quanto previsto dall’ordinamento giuridico italiano. Tuttavia, nel nostro Paese potrebbe ottenere presto la libertà condizionale secondo l’articolo 176 della Costituzione, comma terzo, del nostro Codice penale, che permette al condannato di accedere alla condizionale dopo aver scontato almeno 26 anni di pena.

In attesa di ulteriori sviluppo, per Chico Forti tornare in Italia ha significato poter rivedere e abbracciare i propri cari, come la madre novantaseienne a Trento, sua città natale. Un piccolo assaggio di libertà.

crediti immagine iniziale: profilo Facebook Chico Forti official website

di Martina Milanesi

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