“Un lavoro che entra nella pelle”, ma non chiamateli giostrai

I LAVORATORI DEL LUNA PARK, TRA LE DIFFICOLTA' E LA SODDISFAZIONE DI CHI HA SCELTO LA SOCIALITA' COME MESTIERE

Luna ParkTradizione, rito, divertimento, festa. Emozioni collettive che dai tempi antichi riuniscono adulti e bambini, uomini e donne, nessuno escluso. Questa è la vita dei ‘giostrai’, la vita di paese che rivive e si riscatta dalle fatiche, dai sacrifici. La piazza è il luogo in cui ci si riunisce e ci si incontra, il luogo della discussione e della rappresentanza ma soprattutto dell’evasione. Ma dietro tutto questo divertimento cosa c’è, cosa c’è stato e cosa si vorrebbe che ci fosse?

“NON CHIAMATECI GIOSTRAI” – Chi fa il mestiere che è comunemente chiamato ‘giostraio’ non lo fa per nulla, come minimo devi esserci nato. La famiglia e il mestiere sono legati da un unico ideale: far divertire la gente. Quello che non si vede, in fin dei conti poco importa. Importa regalare un sorriso ed emozioni forti; velocità e movimento sono la cifra. Un Luna Park è un complesso di lavoratori dello spettacolo e del divertimento che vive e lavora allo stesso tempo sfruttando il bisogno naturale dell’uomo di rigenerarsi. Ma non solo: è anche il luogo in cui si fatica sul serio, ci si organizza, si superano ostacoli, problemi e divisioni anche interne. “Ma per favore non chiamateci giostrai”, precisa il signor Donati, proprietario di un tiro a segno, tra le attrazioni sbarcate in città nel Luna Park allestito al parcheggio scambiatore sud. “Troppo spesso la stampa ha fatto confusione e chiamandoci giostrai ha veicolato su di noi e sulle nostre famiglie molti pregiudizi. Noi siamo esercenti viaggianti dello spettacolo, abbiamo una licenza e siamo regolarmente iscritti alla Camera di commercio: questa è la corretta dicitura della nostra professione”.

I PROBLEMI – Crisi di valori e delle tradizioni, crisi economica, trasformazione delle città e trasferimento nelle periferie sono gli ostacoli che a volte hanno messo letteralmente in ginocchio questa categoria di lavoratori. Ma i problemi non sono finiti. “I nostri spostamenti sono regolati da un calendario fisso che stabilisce la destinazione di ognuno di noi nelle diverse piazze – spiega il signor Magnani, gestore di un’altra delle attrazioni del Luna Park -. La mia famiglia è più di cinquant’anni che monta le giostre qui a Parma, a marzo, in occasione della Festa di San Giuseppe”. Parmigiano da parte di padre e giostraio di seconda generazione. Suo padre, che ha iniziato l’attività nel dopo guerra, lavorava in via Costituente in pieno Oltretorrente, quando ‘il San Giuseppe’ era fortemente sentito, quando si spianava l’abito nuovo in occasione della festa che presagiva l’arrivo della primavera, il momento dell’incontro e della convivialità. Il signor Magnani, quando si sposta per cambiare piazza, è come se trasferisse un intero paese, un intero sistema fabbrica/famiglia da un posto all’altro, con tutte le complicazioni burocratiche che questo comporta. Il lavoro è così oneroso che di norma inizia circa quattro mesi prima. Bisogna inoltrare richieste, relazionarsi con amministrazioni sempre più avare di spazi, procacciarsi permessi, allacci e poi ci sono i controlli.

La famiglia deve sopportare tutto questo a cui si aggiunge anche il problema della frequenza scolastica: “Siamo poco aiutati dalle istituzioni – afferma Magnani -. C’è una legge che obbliga le scuole a prendere i nostri figli quando arriviamo nelle città, ma le aule sono troppo affollate. I bambini subiscono un trauma spostandosi perché cambiano programmi scolastici, docenti, metodi di insegnamento, tutte cose che influiscono sul loro futuro”. Qualcuno, tra mille difficoltà e sacrifici per la famiglia, riesce a continuare gli studi come la figlia di Magnani che frequenta l’Università a Parma. Il gestore della giostra chiede alle istituzioni un’attenzione maggiore per i giovani e lancia una proposta: “Per evitare ritardi nella didattica, mi piacerebbe che ci si organizzasse come all’estero (Francia, Belgio e Olanda): lì ci sono docenti che si dedicano esclusivamente ai bambini che hanno i genitori che lavorano nel circo e nei Luna Park”. “I ragazzi – continua – al mattino vanno nelle scuole statali come tutti gli altri, ma quando escono alcuni professori li seguono, li aiutano a svolgere i compiti e a recuperare lo svantaggio che hanno nei confronti dei loro coetanei”.

Alla cassa della giostraLa crisi sconvolge intere economie anche quelle apparentemente solide: la gente non spende più in divertimento, è superfluo. “Nel nostro settore abbiamo sentito moltissimo la crisi – dichiarano gli esercenti – se ne fa volentieri a meno del giro in giostra: basta passare da un’altra parte, non far vedere ai bimbi le giostre e il gioco è fatto”. Bisogna ingegnarsi e affinare le proprie tecniche di marketing come qualsiasi altra impresa. Allora ecco sconti, promozioni, abbonamenti, agevolazioni, biglietti gratis per le scuole: non ci si arricchisce ma almeno si rientra nelle spese. Gli esercenti viaggianti dello spettacolo raccontano che spesso i clienti si lamentano dell’alto costo dei biglietti delle giostre: “Sentono la musica, vedono le luci ma non pensano che dietro a tutto questo c’è una macchina che si muove”. D’altra parte le voci in capitolo di spesa sono tante: sicurezza, energia elettrica, suoli pubblici e una logistica tra le più care.

La sicurezza non ha solo costi alti, ma nel mondo del divertimento è anche un grattacapo da risolvere quotidianamente. “Tutte le volte che un Luna Park arriva in una nuova piazza – racconta il signor Mario Maggi – affronta una commissione di vigilanza, composta dalla prefettura, dai vigili del fuoco e dall’Asl, che verifica tutte le attrazioni utilizzando un apposito libretto che queste hanno in dotazione. La commissione è seguita da un nostro ingegnere che fornisce le indicazioni utili”. I controlli per la sicurezza non finiscono qui ma proseguono anche durante gli orari di chiusura con verifiche e manutenzioni. “Io credo che il Luna Park, con la qualità e il tipo di attrazioni che ha qui a Parma – continua – i colori, la precisione nella gestione delle giostre, la pulizia, sia un valore aggiunto per questa città, un fiore all’occhiello che spesso però non viene notato”.

UN LAVORO CHE TI FA SENTIRE SEMPRE VIVO – Ma vale veramente la pena sopportare tutte queste difficoltà per far divertire la gente? Sembra di sì. La soddisfazione della gente appaga meglio di un lauto stipendio. Potrebbe sembrare lo slogan di un quadro creato ad arte, ma non è il caso di questi lavoratori che in un Luna Park ci sono nati e hanno fatto della socialità la loro forma di vita. “È un lavoro che ti entra nella pelle, che hai nel sangue: il fatto di poter stare a contatto con la gente ti porta ad essere sempre vivo“, afferma sorridendo Magnani. Questa bella sensazione, però, è accompagnata da grande fatica e sacrificio: “Svolgiamo la nostra attività tutto l’anno, non c’è Ferragosto, sabato, domenica, Natale e Pasqua che tenga“, confessa Maggi. Nonostante tutti i pregiudizi questi promotori del divertimento si dimostrano anche disponibili al sociale dedicando una mattinata intera, venerdì 20 marzo, alle persone diversamente abili dopo aver già regalato circa 3mila biglietti omaggio alle scuole.

Insomma fare il giostraio, o per meglio dire l’esercente viaggiante dello spettacolo, è un lavoro che richiede mestiere; è un po’ l’arte di saper stare sulla piazza, di saper parlare quel linguaggio fatto di relazioni. Vince sempre l’ingegno, l’innovazione e la spregiudicatezza. Dietro quelle luci, dietro quello spettacolo così popolare c’è l’impresa italiana, c’è la lotta ma anche la famiglia e il viaggio. È una vita, non un lavoro.

di Mariasilvia Como e Michele Panariello

 Foto di Vittorio Signifredi

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