Una gemma che si schiude al mondo: il museo dello Csac apre al pubblico

IN MOSTRA 600 OPERE TRA I 12 MILIONI DI PEZZI CUSTODITI NELL'ABBAZIA DI VALSERENA

arIn una sede che è già un capolavoro, un forziere di meraviglie custodisce un patrimonio di ben 12 milioni di pezzi. È l’archivio-museo del Centro studi e Archivio della comunicazione (Csac) ospitato nell’Abbazia di Valserena che dal 23 maggio ha aperto le sue porte al pubblico. A tagliare il nastro, durante l’anteprima per i donatori, gli artisti, le autorità e la stampa di venerdì 22, è stato l’artista Concetto Pozzati, insieme al rettore dell’Università di Parma Loris Borghi che nel pomeriggio ha tenuto una conferenza stampa per presentare l’ambizioso progetto, accompagnato dal sindaco della città Federico Pizzarotti, dal presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e dai membri del consiglio dello Csac pro rettori Carlo Quintelli, e Francesca Zanella.

UN PATRIMONIO DA SVELARE – Fondato da Arturo Quintavalle nel 1968, lo Csac è un centro di ricerca e archivio dell’Università di Parma che da oggi propone al pubblico circa 600 opere in mostra tra quelle custodite e realizzate dai primi decenni del XX secolo fino ad oggi. È costituito da 5 sezioni: Arte, Fotografia, Media, Progetto e Spettacolo, che insieme raccolgono un patrimonio di altissimo livello, protagonista indiscusso del nuovo percorso espositivo realizzato all’interno dell’abbazia. Di particolare interesse l’allestimento di zone ben definite: la Sala Ipogea, con all’interno opere riconducibili alla ricerca della materia, alla cultura dell’astrazione, al recupero della memoria e del passato della seconda metà del ‘900; la Sala delle Colonne, un luogo più raccolto, destinato alla rappresentazione dell’archivio come legame tra opera d’arte e percorso creativo; la Chiesa, caratterizzata da un percorso coperto realizzato sul tracciato dell’antico chiostro che permette di rivivere la storia dell’insediamento cistercense.
Si tratta di un vero e proprio disvelamento di opere mirato alla conoscenza del patrimonio culturale e alla comprensione del lavoro di conservatori e curatori. L’attività di raccolta, conservazione, catalogazione delle opere, associata al supporto alla didattica e alla ricerca e all’organizzazione di mostre e prestiti di opere in collaborazione con i più importanti del mondo, si associa così a un’apertura permanente dello Csac al pubblico in un nuovo spazio polifunzionale corredato da un’area ristorazione e una foresteria ospitata nelle antiche celle monastiche. Ma l’apertura è solo il primo passo di un progetto più ampio e dinamico che vedrà ruotare le opere in mostra e che prevede, tra i passi successivi, la ricostruzione di un’ala dell’abbazia cistercense andata distrutta per adibirla a magazzino tecnologico avanzato per la conservazione delle opere.

RIAPERTURA IN SOLI DIECI MESI – Non può che ritenersi soddisfatto il rettore dell’Università, fin da subito interessato alla valorizzazione delle aree culturali universitarie della città. “Diventato rettore – esordisce Borghi all’apertura in anteprima – la prima cosa che ho fatto è stata nominare i pro rettori, tra i quali Carlo Quintelli, al quale ho chiesto di visitare con me tutte le proprietà dell’Ateneo. Ci abbiamo impiegato due giorni, che mi hanno regalato due enormi sorprese: la prima, che l’Ateneo possiede ben 280mila mq calpestabili che appartengono al periodo compreso tra il 1200 e i giorni nostri; la seconda, che non avevo la più pallida idea di cosa fosse lo Csac”. Rimasto impressionato non solo dalla bellezza dell’abbazia, ma anche e soprattutto dal suo contenuto, il rettore racconta di aver chiesto al pro rettore all’Edilizia, Infrastrutture e Insediamento Urbano qualcosa a primo impatto impossibile: “Ho insistito affinché lo Csac fosse aperto prima o, al massimo, a ridosso dell’Expo – continua Borghi – e così è stato: 50 persone e 20 aziende diverse hanno collaborato per far sì che questo ambizioso progetto vedesse la luce in soli 10 mesi“.

CsacA illustrare nel dettaglio il progetto museale è proprio Quintelli che sottolinea anche la straordinarietà della sede nell’abbazia cistercense conosciuta anche come ‘Certosa di Paradigna’. “Oggi non riuscirete a cogliere il valore profondo del museo – dichiara – perchè siete troppi. Quando tornerete, sicuramente più solitari, e vi guarderete intorno potrete godere fino in fondo della sua magnificenza”. Emozioni e dialettica: queste le parole chiave utilizzate dal pro rettore per comunicare ai presenti la vera essenza del progetto: “Le opere, con la loro dimensione, la loro presenza e la loro conservazione vi bombarderanno di stimoli e sensazioni. Non bisogna attenersi alla loro osservazione, piuttosto a quanto quest’ultima possa trasmettere. È una continua dialettica tra contenuto e contenitore, che continua anche al di fuori della struttura”.

UNA GEMMA DI PARMA DA MOSTRARE AL MONDO – Sottolineando il contributo della Regione per la realizzazione di questa ‘grande opera’, il presidente Stefano Bonaccini ha ribadito che una ricchezza pari a quella custodita dallo Csac è di grande valorizzazione non solo per i parmigiani, ma anche per tutti gli emiliani e per l’Italia intera. “Abbiamo deciso di aumentare da 18 a 28milioni gli investimenti in cultura – dichiara Bonaccini – perchè se desideriamo una regione competitiva a livello mondiale bisogna partire proprio da lì, dalla cultura. La fruibilità del nostro patrimonio artistico è fondamentale, sia a livello nazionale, sia a livello mondiale. Non ho dubbi che chiunque sia entrato qui dentro abbia avuto la stessa reazione: sbalordimento. Il museo offre una visuale straordinaria che abbina storia, architettura e cultura ed è espressione di ciò che culturalmente la nostra regione è in grado di offrire al resto del mondo”.

A questo proposito, il sindaco Federico Pizzarotti ha ricordato che Parma si sta preparando al suo 2200esimo compleanno, e, nell’occasione, si è candidata capitale italiana della cultura e di patrimonio gastronomico Unesco. Obiettivi ambiziosi che necessitano della collaborazione tra vari enti. “Essere qui insieme, città e Regione, oggi trasmette un segnale positivo – commenta Pizzarotti -. Dal canto suo, la sensibilità e la capacità dell’Università rende ancora più forte questo segnale e lo Csac è una gemma in più da posizionare tra i valori più importanti della città”, conclude il sindaco con l’auspicio che l’aiuto reciproco tra istituzioni possa essere duraturo: “Se ce la può fare una città come la nostra può farcela l’Italia intera”.

LA VOLONTÀ DELL’UNIVERSITÀ – Ma cosa significa lo Csac per l’Ateneo? A spiegarlo è la pro rettrice Francesca Zanella: “Il team dello Csac ha voluto trasmettere un messaggio molto chiaro: cosa sia un archivio che diventa museo, un archivio che tra l’altro appartiene all’Università. Da non dimenticare poi il ruolo del ricercatore, spesso sottovalutato ma di grande e rispettosa rilevanza e sicuramente valorizzato all’interno della struttura. Inutile dire quanto sia straordinario il materiale esposto – conclude Zanella -: basta camminare personalmente attraverso i percorsi indicati per capirlo da sè”.

 

 

 

di Francesca Matta e Marica Musumarra

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