“Senza casa non ci sto”: storie da borgo Bosazza

'NOMAS HOTEL': FAMIGLIE IN DIFFICOLTA' E STUDENTI SOTTO LO STESSO TETTO

Ingresso Art Lab“Ricordo ancora l’8 ottobre, quando siamo stati svegliati alle sei di mattina da un ‘esercito’ di poliziotti. Mi sono sentito disperato, poi questi ragazzi sono venuti in via Cagliari e ci hanno dato una mano trovandoci questa sistemazione”. A parlare è Bernard, ventottenne albanese che grazie alla ‘Rete dei Diritti in casa’ e agli attivisti di ‘Art Lab’ ha trovato un tetto sopra la testa di sua moglie e del suo bambino di appena 13 mesi, entrando a far parte del progetto ‘Nomas Hotel’. Dal 25 aprile scorso, infatti, gli ‘spazi liberati’ di borgo Bosazza e borgo Tanzi, sono stati riuniti in un’unica struttura abitativa e messi a disposizione di alcune famiglie d’immigrati. “Qua siamo un po’ più numerosi -aggiunge Bernard- c’è più comunicazione e socializzazione, ci aiutiamo molto. Da quando sono in Italia è la prima volta che mi sento davvero al sicuro: qui è come essere in famiglia e stiamo vivendo dignitosamente”.

DIRITTO ALL’ABITAZIONE – “Agendo in questo modo ci prendiamo la responsabilità morale delle persone che lasciano dei bambini in strada -spiega Lorenzo, uno dei ragazzi di Art Lab-. Questo è un concetto che cerco di ribadire molto spesso: la parola illegale bisogna usarla con criterio”. Qual è dunque il confine tra legalità e legittimità quando si parla di un diritto fondamentale come quello all’abitazione? “E’ legale tenere vuoto uno stabile confiscato ad un’azienda fallita piuttosto che destinarlo a chi ne ha bisogno?” si chiede allora Francesco, un altro attivista del collettivo. L’associazione ‘Diritti in casa’, attraverso un apposito sportello, si propone di trovare una soluzione a quante più tante famiglie necessitano di aiuto ma si trovano di fronte ad un vicolo cieco. “Gli assistenti sociali ci hanno sempre detto che non ci sono case -racconta una trentaduenne tunisina-. L’unica soluzione che ci hanno dato è stato il dormitorio. Ma come si fa con una bambina piccola se hai un posto dove andare a dormire ma il resto della giornata devi stare in giro?” Suo marito è disoccupato, ma stando a borgo Bosazza riescono comunque a condurre una vita tranquilla. “Siamo qui dal 25 aprile e ci troviamo molto bene: mia figlia è felice e gioca sempre in giardino”. Tra le stesse mura vivono persone di etnie e di età diverse, ognuna con le proprie necessità e problematiche. E’ il caso di un ragazzo nigeriano che, in modo schivo, racconta la sua vita divisa tra un lavoro notturno come corriere e le giornate passate in casa con sua moglie. “Trovare un lavoro non è stato facile -afferma-, ma ci permette di mantenere la nostra famiglia che vive lontano da noi”. Si riferisce ai suoi due figli, sono rimasti nel Paese d’origine, perchè impossibilitati per motivi economici a ricongiungersi coi propri genitori.   

lapazCOLLABORARE PER VIVERE – Le attività organizzate sono numerose e di vario genere, ma tutte utili al sostentamento di questa che è diventata una piccola comunità, in cui i vari membri si rendono utili facendo la loro parte. “Quello che vogliamo fare -spiega Lorenzo- è aiutarci vicendevolmente: non esiste nessun organigramma, ci gestiamo tramite assemblee“. Oltre ad un attività politica viene fornita anche un servizio di assistenza: scuola d’italiano, recupero dei materiali di scarto da riutilizzare, dopo scuola per bambini e ciclo-officina. E poi c’è La Paz!, la squadra di calcio multiculturale. “Ora siamo primi in classifica -affermano compiaciuti i ragazzi- e alle partite il tifo è molto caldo”. Lo sport risulta quindi un importante momento di partecipazione e aggregazione. “Noi partiamo proprio dai legami sociali -continua Francesco- per costruire quello che abbiamo. Siamo tutti precari e nessuno ha un ruolo fisso, ma ognuno sa fare qualcosa e quando non si ha un lavoro si cerca di condividere le nostre capacità. Questo posto è come una banca del tempo, un contenitore in cui tutti noi depositiamo tempo e conoscenze”. In una situazione comunque precaria è lecito chiedersi in che modo tale comunità riesca a sopravvivere autonomamente. “La maggior parte di noi ha poche risorse -argomenta Lorenzo-. Abbiamo perciò creato una cassa comune con cui paghiamo i lavori di ‘auto-recupero’ di tutto lo spazio con due diverse modalità di guadagno: da una parte con le attività culturali che proponiamo, dai concerti, agli aperitivi, alle mostre; l’altro mezzo è una cassa comune che noi finanziamo attraverso un contributo volontario versato dalle famiglie. Contribuisce chi può, mentre chi non ne ha la possibilità dedica tempo allo spazio”.

OLTRETORRENTE LIBERO E SOLIDALE – Nahia, originaria dei Paesi Baschi, è arrivata in Italia due anni fa grazie al progetto Erasmus. A partire dallo scorso novembre ha deciso di abitare nello stabile occupato di borgo Tanzi “perché gli affitti a Parma sono davvero altissimi e l’università non ti aiuta molto: i ragazzi dell’Art Lab, visto il mio interesse e la mia immediata partecipazione ai loro progetti, mi hanno offerto questa sistemazione. Se non fosse per questo spazio non sarei rimasta a Art Lab.BambiniParma”. Pur vivendo in pochi metri quadrati, Nahia è riuscita ad ambientarsi facilmente, diventando parte integrante della comunità. “Siamo sempre lì, tutti insieme. Prendiamo un tè, giochiamo con i loro bambini, specialmente quando i genitori sono impegnati a fare altro. Capita spesso che uno di noi organizzi dei giochi in cortile: l’anno scorso avevamo anche un laboratorio, che credo ripartirà a breve, per i più piccoli e si teneva tutte le domeniche, aperto a l’intero quartiere”. In sei mesi di convivenza in una situazione certo non facile si è comunque riusciti a creare una realtà importante. “Sono tutti molto integrati -continua la studentessa spagnola- in un ambiente in cui hanno la possibilità di interagire e confrontarsi con persone tra di loro molto diverse, cosa che non accadrebbe se vivessero in un singolo appartamento”.

Come in tutte le convivenze può capitare che nascano dei diverbi, come accaduto qualche giorno fa con due delle famiglie residenti in borgo Bosazza: “Queste persone hanno messo in rischio tutta la comunità per i propri interessi personali. In seguito a questo episodio i responsabili sono stati  immediatamente allontanati, ripristinando e migliorando la nostra quotidianità”. Giorno dopo giorno quindi si va avanti, nonostante rimangano aperte le vertenze con l’Università e il Comune di Parma, indecisi sulla sostenibilità del progetto ‘Nomas’.

di Giuseppe Mugnano e Alessandra Cucchi

 

 

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*