I silenzi del ‘giovane’ Renzi

NON CI RESTA CHE PIANGERE

renzi_silenziCi eravamo abituati a vederlo dappertutto, a sentirlo sempre parlare, preferibilmente senza contraddittori, in (lunghi) monologhi dove tutto ruotava attorno alla sua figura. L’immagine che la stampa dava di Matteo Renzi era questa.
Ma è arrivato il momento di ricredersi.
Questa settimana abbiamo scoperto un segretario Pd poco rumoroso. Uno che capisce quando è il momento di restarsene zitto. O meglio, uno che sa sfruttare quella che, secondo McLuhan, è la più potente delle forme di comunicazione: il silenzio.
Poche dichiarazioni, qualche viaggio in Sud e Centro-America per tenersi lontano dal caldo momento politico che ha finito per coinvolgere anche e soprattutto il ‘suo’ Pd, un paio di tweet dispersi nell’infinità dell’etere. Questa è stata, a volerla riassumere, la settimana del premier.
Una settimana di silenzi.
Il primo è stato quello sull’alluvione del beneventano. Ma di quello non è colpevole solo lui. Sono colpevoli giornali e televisioni che ‘volutamente’ han lasciato passare l’intera questione in secondo piano. Chi si trovava lontano dalle zone colpite ha dovuto aspettare un programma di satira, ‘Gazebo’, in onda in seconda serata per giunta, per venire a conoscenza del fatto che due delle realtà più produttive del Sud Italia, il pastificio Rummo e le cantine Solopaca sono finite sotto tre metri d’acqua piovana. E che, come se non bastasse, si è perso il raccolto dei campi di grano vicini. E pochi sanno che, quel grano, lo comprano anche grosse aziende del Nord, che adesso dovranno arrangiarsi (con consequenziali perdite).
Ma questo non si poteva dire. Altrimenti l’hashtag #italiacolsegnopiù avrebbe richiamato più alle croci dei cimiteri che al valore positivo del Pil.
Il secondo ‘silenzio’ riguarda la questione De Luca. Il governatore della Campania è andato in televisione a dire tranquillamente, col suo solito tono da ‘camorrista’ in stile film di Mario Merola, che Rosy Bindi non aveva nemmeno il diritto di esistere. Lo avesse detto Berlusconi sarebbe venuto giù il finimondo. Invece lo ha detto De Luca. Che il Pd, ‘lo tiene per le palle’, per dirla con una metafora degna del lessico dell’ex-sindaco di Salerno.
L’unica a ricordarsi, dopo ben 48 ore, di redarguirlo, è stata la ministra Boschi, la ‘bella addormentata nei Boschi’.
Che se avesse potuto, se lo sarebbe volentieri risparmiato.
Del resto, De Luca, è lo stesso che ha affermato, che nel caso dovesse decadere da presidente della Regione Campania, al governo Renzi resterebbero sì e no 18 mesi di vita. Evidentemente si trova nelle condizioni di poter ricattare il suo stesso partito, e questo Matteo lo sa benissimo.
Il ‘mutismo’ ha colto il premier anche in una terza occasione. Il sottosegretario all’economia Zanetti, di Scelta Civica (partito che metaforicamente è un po’ come il Molise, tutti credono che non esista, ma se uno guarda bene, poi si accorge che c’è) si è scagliato contro l’Agenzia delle Entrate, arrivando a chiedere le dimissioni della direttrice Rossella Orlandi. Questo ha innescato un pressing anche da parte di alcuni esponenti renziani del Pd, che hanno sostenuto la posizione del sottosegretario nel tentativo di far fuori la numero uno dell’ente che gestisce tutte le entrate dello Stato (piccolo memorandum: è stato proprio il presidente del consiglio a volere la Orlandi in quel ruolo).
Anche in questo caso, Renzi si è dileguato e ha lasciato che il ‘lavoro sporco’ lo facesse il ministro Padoan.
Quarto e ultimo nella top list dei ‘silenzi renziani’, anche se meriterebbe decisamente il primo posto nel podio, è il caso Marino.
Nella gigantesca altalena che ha portato Ignazio Marino a dimettersi da sindaco di Roma, salvo poi ritirare quelle stesse dimissioni, si è giocata una partita sottobanco, avvenuta rigorosamente nel silenzio.
Un silenzio quest’ultimo, che inquieta, per la poca trasparenza e per l’idea di fondo che, si potesse risolvere (come infatti è avvenuto) l’intera questione in un modo totalmente anti-democratico. Della terribile allergia che il premier ha verso la democrazia, ne eravamo già al corrente. Quello che non sapevamo è che c’è un grosso blocco del Partito Democratico che si è messo completamente al suo servizio, disposto a snobbare le normali procedure amministrative, per conto di ‘poteri forti’, che ora più che mai, stanno facendo sentire la loro presenza (sulla capitale e non solo).
Però questa è sempre la solita storia: finisce che uno indica la luna, e gli stolti restano a guardare il dito.
Che poi, il dito, è quello di Orfini, perché Renzi, nemmeno si espone.

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