Giuliano Molossi : “Cresciuto a pane e giornalismo anche grazie a Montanelli”

INTERVISTA ALL'EX DIRETTORE DELLA GAZZETTA: ANDARE VIA DOPO 17 ANNI? "FA PARTE DEL GIOCO"

Giuliano Molossi, ex direttore Gazzetta di ParmaUna tradizione giornalistica centenaria lega la famiglia Molossi alla storia della Gazzetta di ParmaGiuliano Molossi, figlio dell’indimenticato Baldassarre, direttore per 35 anni del quotidiano, lascia dopo 17 anni al vertice della testata, interrompendo così quel filo conduttore secolare che perdurava dal XIX secolo. Laureato in Giurisprudenza, Giuliano Molossi inizia la propria avventura nel mondo giornalistico collaborando col quotidiano nazionale “Il Giornale” e successivamente a “La Voce”, entrambi diretti da Indro Montanelli.

Giornalismo 2.0. Com’è cambiata la figura professionale con le nuove tecnologie?

“Il mestiere ha subito una rivoluzione negli ultimi anni. Le nuove tecnologie portano in dote aspetti positivi e negativi: se da un lato grazie a internet i tempi dell’informazione si sono accorciati e le notizie son di più facile reperibilità, dall’altro lato in rete se ne trovano molte inattendibili. Non c’è più la verifica e il controllo delle fonti insegnataci quando abbiamo iniziato a fare questo mestiere.”

Lei come ha cominciato?

“Mi sono laureato in Giurisprudenza con ottimi voti e avrei fatto volentieri il magistrato o l’avvocato. Ero appassionato di diritto penale, però il richiamo della foresta è stato più forte, anche perché la tradizione di famiglia mi ha contagiato.”

Suo padre è stato direttore della Gazzetta di Parma per ben 35 anni: quanto ha influito questa figura sulla sua carriera?

“Quando ero bambino vedevo mio padre che rientrava con le mazzette di giornali, mi mettevo a sfogliarli, a leggerli, incuriosito. Posso dire di aver vissuto, respirato, mangiato pane e Gazzetta fin da piccolo. Ringrazio mio padre per avermi incoraggiato a prendere questa strada in questo modo, perché se fossi rimasto a Parma non sarei mai diventato direttore della Gazzetta.”

Essere ‘il figlio di Baldassarre Molossi’ è stata per lei una via preferenziale?

“No guardi, non c’è diritto dinastico. Sono diventato direttore della Gazzetta dopo 17 anni a Milano e dopo aver percorso tutte le tappe gerarchiche, da cronista di cronaca nera a vice capocronista, capocronista, caporedattore. Alla fine qualcuno a ritenuto che potessi dare buona prova nel giornale che era stato di proprietà della mia famiglia.”

Foto MontanelliSu Twitter ha pubblicato una dedica: “A Giuliano, dal suo vicepapà”, firmato Indro Montanelli.

“Questa dedica mi è molto cara perché dimostra l’affetto che Montanelli nutriva nei miei confronti. Per lui ero il figlio di un caro amico, in questo vice papà c’era una sorta di protezione, di riguardo nei miei confronti. Come dire: ti guardo io, ti curo io, anche dal punto di vista professionale. Tante sono state le occasioni che ho avuto per imparare il mestiere da Montanelli, leggendo i suoi articoli cosi lucidi e semplici al tempo stesso.”

Un aneddoto del ‘maestro’ da raccontare ?

“Insegnamenti me ne ha dati tanti: ricordo il mio primo giorno di lavoro, il 15 giugno 1979. Mi recai nel suo ufficio per salutarlo e mi chiese: ‘Fammi vedere le scarpe. Alza le suole, fai vedere! No, sono troppo pulite, per fare questo mestiere bisogna consumare molte suole‘. Era un modo per dirmi che se bisogna andare in giro, camminare, parlare con la gente, non basta andare su internet per reperire un informazione. Bisogna andarla a cercare e questo è un insegnamento che vale ancora oggi per tutti coloro che si affacciano a questa professione.”

È stata dura lavorare in una realtà come Parma?

“È stato difficile. Ci sono stati dei passaggi piuttosto delicati, in particolare il crack Parmalat, anche perché il protagonista figurava tra i proprietari del giornale. Fu un fatto delicato che la Gazzetta ha trattato in maniera molto esaustiva. Ma non solo questi: ci sono state crisi di giunta, arresto di ex sindaci, il fallimento del Parma Fc, la morte del piccolo Tommaso Onofri. Sono avvenute un sacco di cose, sembrava che tutto capitasse a Parma. Sono orgoglioso del giornale che abbiamo fatto in tutte quelle circostanze .”

Il rapporto con l’editore?

“Sempre stato buono, ci dev’essere un rapporto di fiducia tra direttore e editore. Bisogna fare patti chiari prima di assumere una direzione. E io, personalmente, il patto che ho fatto è che non bisognava mai nascondere le notizie. Anche se la Gazzetta ha il monopolio dell’informazione a Parma, non puoi nascondere nulla, non è una cosa corretta, furba. Le notizie si danno tutte e noi le abbiamo date.”

Ha mai subito pressioni dall’alto?

Non ho mai ricevuto pressioni dall’Unione Parmense degli Industriali. C’è sempre stato un confronto, ci sono state divergenze di vedute che abbiamo risolto con un compromesso. Io la pensavo in un modo, l’unione in un altro, però siamo sempre andati d’accordo. Nei miei editoriali ho sempre scritto quello che pensavo: a volte la proprietà mi ha fatto i complimenti, altre no. In alcune occasioni qualche mio articolo non è stato gradito, ma questo fa parte del gioco e fa parte del ruolo di direttore.”

Sede Gazzetta di ParmaIl 30 settembre scorso ha abbandonato la carica di direttore. Come si è risolto il rapporto lavorativo con la Gazzetta di Parma?

Consensualmente. Mi è spiaciuto, ma anche questo fa parte del gioco. Credo che dopo 17 anni fosse giunta l’ora. Sono uno dei direttori più longevi che ci sono stati e che ci saranno. Certo, mio padre era irraggiungibile, ma penso che 17 anni per un direttore bastano e avanzano. Cambiamo pagina, mi dedicherò ad altro.”

Progetti per il futuro?

“La mia vita è fatta di varie fasi: per 16-17 anni ho scritto sui giornali nazionali, successivamente ho avuto la lunga parentesi di Parma. Ora mi inoltro in una terza fase, che mi permetterà di dedicarmi ad altre attività editoriali collaborando con testate giornalistiche nazionali stampate a Milano.”

Un consiglio da dare a tutti coloro che sognano di diventare giornalisti.

Il consiglio è uno solo: non mollare mai, crederci, sognare l’impossibile. E per un ragazzo di 20 anni può essere sedersi davanti ad un direttore e portare delle idee, non dicendo semplicemente ‘vorrei collaborare’. Presentarsi con un lavoro già fatto, un articolo già scritto, idee, suggerimenti. Se uno riesce a fare ciò può trovare soddisfazioni. Alla Gazzetta ho avuto collaboratori che meriterebbero molto di più perché bravi giornalisti. Collaboratori che si sono presentati molto motivati, facendomi vedere passione ed entusiasmo, mettendomi sul tavolo delle idee e dei lavori già realizzati da sottopormi.”

di Franco Pisano e Roberto Maffia

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*