Fabio Fecci, sindaco ‘ribelle’: “Non vogliamo soldi dallo Stato ma nemmeno essere noi a dargliene”

IL PRIMO CITTADINO DI NOCETO E LE CRITICHE AL PATTO DI STABILITÀ

intervista_fecciCinquant’anni di cui la metà esatta passata a fare politica: dal ’90 al ’92 è in consiglio comunale a Noceto, dal ’92 al ’95 è assessore alla sanità, servizi sociali, ambiente, verde pubblico, dal ’95 al ’99 è di nuovo assessore, sempre a Noceto. Nello stesso anno Fabio Fecci diventa per la prima volta sindaco della sua città, carica che ricopre fino al 2009 in due mandati. Dal febbraio 2009, infatti, è nominato assessore alla sicurezza del Comune di Parma, ruolo che ricopre per “32 mesi e 8 giorni”, come lui stesso precisa.  Dal 2004 è anche vice-presidente dell’Anci Emilia-Romagna. Oggi è nuovamente sindaco di Noceto.

Insomma, Fabio Fecci è un uomo di legge e di istituzioni, eppure nel recente discorso tenuto a Torino, in occasione dell’Assemblea Nazionale Anci, ha dichiarato che “si sta preparando a violare consapevolmente il Patto di stabilità”. Come mai quest’affermazione? Non crede che tutto ciò possa portare a delle ripercussioni?

Se io non posso asfaltare le strade, riparare i fossi e tutto viene limitato perché non posso spendere a causa delle norme non equilibrate del Patto di stabilità, io dico basta! Non ho più autonomia rispetto al passato! Con ciò non voglio dire che voglio organizzare il concerto di Ligabue a Noceto, non voglio buttare soldi, ma utilizzarli per cose utili alla comunità. In questi termini il Patto di stabilità è inutile, assurdo. Con i soldi che prendiamo dovremo colmare i mancati trasferimenti dello Stato. Abbiamo dovuto già colmare circa 1 milione di euro, soldi sono stati tirati fuori dalle tasse dei cittadini. Sono sette anni che tagliano i Comuni.
Diciamo che a Torino si è trattata di una provocazione. Violerei subito il Patto di stabilità, a condizione che anche i più scettici sottoscrivessero le mie affermazioni. Sono tornato da Torino con una sostenibile speranza: sentendo quelli che sono stati i parlamentari presenti e il presidente dell’Anci Piero Fassino, sembra che abbiamo ottenuto accoglienza per le nostre richieste.
Inoltre è in corso una discussione con le Regioni: bisogna trovare un accordo. Non vorrei infatti che ci fossero altre spese trasferite sui Comuni, anche in maniera indiretta. Bisogna vedere la reale applicazione delle leggi sul nostro bilancio facendo i conti e vedendo quanti saranno i soldi disponibili a fine anno. ”

Esistono Comuni che riescono a far fronte alle proprie spese senza ricorrere ai soldi bloccati dal Patto di stabilità. Come mai a Noceto questa cosa non è possibile?

“Perché ci costringono ad aumentare le tasse quando invece avremmo 2 milioni e 400 mila euro di avanzo, soldi dei cittadini. Perché non mi fanno spendere quei soldi, prima di aumentare ancora le tasse? Ci impongono tagli su tagli. Io vorrei fare dei piani come facevo prima: potevamo fare dei mutui, si rifacevano le strade, avevamo molte più possibilità di manovra. Se passano più di cinque anni, è naturale che le strade vadano in malora e che ci sia bisogno di manutenzione. Ci sono tante cose da fare e purtroppo si possono pianificare solo se non viene superato un certo livello di spesa.”

Per quale motivo ritiene che i Comuni indebitati debbano essere trattati allo stesso modo di quelli ‘virtuosi’?

“I Comuni non sono attualmente trattati nello stesso modo. C’è una cosa anacronistica che va assolutamente ridefinita: sto parlando dei Comuni facenti parte delle Regioni a statuto speciale che hanno un loro modo di operare e ricevono molti più soldi degli altri.
E poi ci sono alcuni che chiaramente hanno rispettato sempre le regole, altri che non le hanno rispettate; basti pensare a Roma, Catania, Palermo e, senza andare necessariamente al sud, c’è il dissesto del Comune di Alessandria. Questi sono tra quelli che hanno operato senza avere disponibilità di bilancio. Così nel 2010 sono uscite delle normative rigide che hanno impedito la realizzazione di molti progetti, anche in corso d’opera, a bilancio approvato. Dov’è l’autonomia in questo?
Posso anche essere solidale con altri Comuni ma solo una volta fatte le cose essenziali di cui c’è bisogno nel mio. Ho sempre detto di essere disposto, ad esempio, ad aiutare i Comuni che sono in zone di montagna che hanno difficoltà maggiori.”

Sempre in questi termini lei ha accennato ad una sorta di ‘federalismo municipale’. Già si sono viste delle conseguenze non proprio positive dal punto di vista regionale (sperpero di denaro pubblico, mancato sfruttamento dei fondi europei etc.). Non crede che possa verificarsi la stessa cosa anche per i Comuni?

“Quello è un problema dell’essere umano in primis, secondariamente, di chi amministra. E poi le Regioni hanno potere legislativo mentre i Comuni no.
Il sistema deve avere una autonomia perché il sindaco è il primo riferimento per la gente: se i cittadini vengono a farmi delle richieste io voglio essere in grado di soddisfarle. Ho ricoperto il ruolo di sindaco per dieci anni e le norme prima erano un po’ diverse. Non ho sperperato, ho realizzato opere, garantito servizi: Noceto è un paese vivibile anche per questo. Ma le opere che abbiamo realizzato dopo un po’ necessitano di manutenzione, strade comprese.
Un altro problema è quello del dissesto idrogeologico: parte del mio territorio è in frana. Chiaramente anche quelle spese dovrebbero essere considerate al di fuori del Patto di stabilità. In una situazione del genere è necessario fare dei conteggi di quanto è il potere di investimento.
Renzi ha intrapreso la giusta direzione per quanto concerne l’ambito scolastico, secondo me. Grazie al provvedimento del governo abbiamo potuto spendere 400 mila euro e a dicembre completeremo alcune scuole così i nostri ragazzi avranno accesso ad ambienti sicuri, moderni e funzionali. Come vice-presidente Anci Emilia-Romagna ho chiesto che anche riguardo le spese per le strade, la viabilità, la valorizzazione del patrimonio, il dissesto idrogeologico, la sicurezza urbana, venisse approvato un provvedimento analogo a quello che è stato pensato per le scuole.”

Il presidente della Corte dei Conti, Squitieri, a proposito della nuova legge di stabilità ha dichiarato che “il taglio della Tasi ‘cristallizza’ la capacità fiscale dei Comuni, avvantaggiando chi ha alzato al massimo le aliquote e penalizzando i Comuni dove la Tasi era meno cara”. Lei è d’accordo?

“Questa affermazione non mi trova particolarmente d’accordo. Effettivamente ci sono dei Comuni che hanno tenuto bassa la Tasi, eventualmente agendo su altre aliquote, per far rientrare il bilancio; oppure hanno tagliato i servizi. Tutti i Comuni devono avere la loro capacità fiscale. Non è possibile che su 4 milioni e 600 mila euro di Imu, 1 milione e 200 mila vadano a Roma. Per far rientrare i bilanci ognuno ha agito sulle aliquote secondo le proprie disponibilità, in base a quello che deve sostenere per pareggiarli.  Per fare un esempio: noi abbiamo pensato, sempre nel tempo, di mettere a posto gli asili nido: questo comporta un deficit di circa 600 mila euro l’anno che deve essere colmato. Quindi partiamo con una differenza di spesa rispetto ad altri Comuni e questa è già una prima differenziazione delle disponibilità tra il mio Comune e gli altri.

Se dovesse fare un appello al governo Renzi?

“Renzi deve ricordarsi che anche lui è stato sindaco. Fino ad adesso i tagli sono stati davvero pesanti. Basti pensare che in sette anni è stata ridotta dell’11% la capacità assunzionale. Come ho affermato nell’intervento dello scorso 4 novembre a Torino, noi sindaci vogliamo continuare a credere nel programma del governo, ma su certe cose reputiamo sia necessario che ‘l’Italia cambi verso’. Ci chiediamo se ci siamo capiti male sul verso. Non ha senso continuare a bastonare i Comuni, che sono quelli che stanno contribuendo in primis al risanamento del debito e che stanno pagando il prezzo più alto. Quello che chiediamo è più autonomia, strumenti di governo concreti, non appiattire tutti gli enti con regole invalicabili uguali per tutti che non tengono conto delle differenze, non continuare ad accorciarci la catena. Attraverso l’autonomia passa la responsabilizzazione della classe degli amministratori locali chiamati a dimostrare cosa sono in grado di fare. Non vogliamo soldi dallo Stato ma neanche possiamo essere noi a continuare a dargliene. Chiediamo che i soldi dei nostri cittadini restino sui territori per dare servizi. Non che vadano a sopperire i buchi e gli sprechi causati da altri che solo riforme ventrali, vere e coraggiose, possono eliminare alla radice. La nostra voce non può restare inascoltata, se così fosse l’unica strada possibile sarebbe quella della protesta di massa, la più ampia e trasversale possibile, per scardinare un sistema che ci sta stritolando e che sta facendo dei Comuni i capri espiatori della situazione. Una sollevazione fatta di azioni concrete e congiunte che sentiamo il dovere di portare avanti, a legittima difesa dei diritti ormai troppo calpestati dei nostri territori, di cui ci sentiamo, a pieno titolo, i responsabili rappresentanti.”

 

di Filippo De Fabrizio e Luca Mautone

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