Bormioli Rocco, Pali Italia e Teleducato: la crisi c’è e si vede

LAVORATORI RIDOTTI ALLO STREMO MENTRE I SINDACATI TRATTANO CON LE IMPRESE

showimg2Primo trimestre 2015: 628 nuove aziende iscritte alla Camera di commercio di Parma, 663 cancellate. Disoccupazione in crescita di circa 3000 persone rispetto all’anno precedente. Non c’è da stare allegri. Tra le aziende in maggiore difficoltà si trovano la multinazionale francese Sidel, specializzata in packaging alimentare che per la ristrutturazione aziendale prevede 86 licenziamenti; la Parmacotto, con un debito di 39 milioni di euro; il mobilificio Malvisi, finito in rosso per 110 mila euro. Si potrebbe pensare che Parma sia arrivata al capolinea, eppur qualcosa si muove.

NE’ CASSA INTEGRAZIONE, NE’ LICENZIAMENTO: IL PARADOSSO PALI ITALIA – Pali Italia s.p.a, tra le più importanti realtà industriali di Parma specializzata nel settore illuminazione, telecomunicazioni e alta tensione, si è fermata. E ovviamente non sono mancati gli scioperi da parte dei lavoratori, accompagnati dal gruppo Fiom Cgil Parma guidato da Stefano Cerati. “Il 19 ottobre – racconta il segretario – l’azienda ha reso definitiva la procedura di mobilità in virtù del mancato accordo tra le parti. Avevamo chiesto la cassa integrazione per i lavoratori e i curatori si erano anche detti disposti ma il Ministero del lavoro ha bocciato questa soluzione fornendo un’interpretazione propria della legge sulla cassa integrazione straordinaria: se un’azienda decide di utilizzarla in una prima procedura di fallimento, mettendo caso che poi non fallisca ma che si ripresenti un caso analogo a distanza di vent’anni, il Ministero afferma che la stessa azienda non potrà più avvalersi della cassa integrazione straordinaria. Questa cosa però non è scritta in nessun punto della legge. Per questo motivo abbiamo inoltrato un’interpellanza alla sede di Roma del Ministero con la speranza di ottenere almeno una motivazione in forma scritta, anche se ho dei dubbi sul fatto che questo possa realmente accadere”. Le proteste, allora, si sono spostate dalla piazza alle sedi istituzionali: “C’è stata un’interrogazione parlamentare sulla vicenda ma non ha prodotto risultati”, conclude Cerati. sciopero-2-5

Dello stesso parere Alberto Boniello, delegato dei lavoratori di Pali Italia s.p.a, che si è ritrovato, insieme ai suoi colleghi, senza cassa integrazione: “I lavoratori sono allo stremo. Nei mesi antecedenti al fallimento, da febbraio a luglio, non sono stati corrisposti gli stipendi. In quel periodo tentammo di chiedere la cassa integrazione ma il Ministero bocciò la richiesta. Successivamente provammo a spingere per l’esercizio provvisorio ma il Tribunale optò per la sospensione nonostante l’azienda avesse ancora degli ordini in pendenza: assurdo, così hanno danneggiato anche i creditoriÈ una storia tristissima, soprattutto se consideriamo che stiamo parlando di uno dei principali fornitori di Enel e Telecom”.

Dure anche le parole rivolte alla gestione sotto la quale si è verificato il fallimento: “I lavoratori hanno pagato le colpe degli amministratori, solo che a questi ultimi sono state corrisposte le buone uscite mentre i dipendenti si trovano da 9 mesi senza alcun sussidio. Molti sono stati cacciati dalle loro case, addirittura qualcuno ha dovuto cercare soccorso in una chiesa“. Non contenti, sui lavoratori si è fatto sentire anche il peso della burocrazia: “Il paradosso – continua Boniello – è che tutti speravano di ricevere la lettera di licenziamento. Almeno con quella avrebbero ottenuto qualcosa, anche se non è possibile che nel 2015 uno debba sperare di essere licenziato o di finire in cassa integrazione. La speranza, ora, è che l’Inps corrisponda al più presto l’assegno di mobilità”. Il futuro è sempre più nero ed è difficile in questo senso cogliere delle valide prospettive: “Per ora l’augurio è che la giustizia faccia il suo corso e indaghi sugli errori commessi. Una speranza più concreta è invece che la vendita attraverso il bando di gara fallimentare non sia affidata a persone ‘vicine’ alla vecchia proprietà. Sarebbe una beffa, anche se c’è qualcosa che fa pensare che si stia andando verso questa direzione, come testimoniano le manifestazioni pubbliche di interesse da parte di personalità che hanno già orbitato all’interno della Pali Italia”.

A ribadire la delicatezza della situazione è la curatrice fallimentare incaricata dal Tribunale, Donatella Bertozzi, che pur non avendo rilasciato dichiarazioni specifiche in merito, ha ribadito che “la curatela ha cercato di salvaguardare i livelli occupazionali tenendo bene a mente che c’erano famiglie, madri, figli e lavoratori che dall’azienda fallita percepivano il necessario per vivere”.

sciopero-operai-apm20110801_0563

TELEDUCATO: I LAVORATORI NON SERVONO PIU’ – Anche la Teleducato, rete televisiva parmigiana e piacentina, sta attraversando un momento complesso. Infatti la Telemec s.p.a., l’editore di Teleducato, ha deciso di terminare la propria attività produttiva per rimanere solo come operatore di rete ed ‘affittare’ i canali Tv a soggetti terzi. A pagare per questa decisione sono i nove dipendenti che hanno ricevuto la lettera di preavviso di licenziamento.

Ciò è stata una delle cause che ha portato allo sciopero, come chiarisce Davide Fellini, segretario generale del Sindacato Lavoratori Comunicazione: “Attualmente l’azienda ci ha confermato che andrà avanti con le procedure di cessata attività. Noi avevamo proclamato lo sciopero poiché la Telemec aveva comunicato prima alla stampa e solo in un secondo momento ai lavoratori la cessazione dell’attività e i licenziamenti all’insaputa di tutti. E’ un metodo inaccettabile in un’azienda in cui ci sono relazioni sindacali ormai consolidate da diversi anni”. Inoltre, prima ancora della scelta di chiudere la produzione, spiega il sindacalista, c’era l’intenzione di trasformare i rapporti di lavoro dei dipendenti della Telemec in rapporti libero-professionali con partita Iva piuttosto che cooperativa. “Quindi a fronte delle lettere di licenziamento, di mancanza di informazione e dei precedenti descritti, abbiamo deciso di scioperare per chiedere l’incontro e per capire meglio la situazione”, ribadisce Fellini. Il quale infine spiega il perché della revoca dello sciopero: “Una delle ragioni per cui si è deciso di tornare a lavorare è che, a fronte di una ricapitalizzazione da parte dei soci, si possa consentire alla Telemec di guadagnare tempo per cercare acquirenti che vogliano farsi carico dei canali e che siano intenzionati a fare tv in modo serio”.

In tale contesto di incertezza che pervade l’ambiente, e sopratutto il destino dei dipendenti, importanza cruciale rivestono quindi i possibili nuovi soggetti interessati all’acquisto o all’affitto delle piattaforme della concessionaria di frequenze. Tuttavia c’è una speranza: tra le parti è stato convenuto un accordo con cui l’azienda si impegna a dare la concessione ai soggetti terzi che offrano maggiori sicurezze ai lavoratori. Come analizza Giancarlo Borrini, delegato dei dipendenti della Telemec, “è importante avere qualche punto di riferimento. In tal senso l’assunzione dell’impegno da parte dell’azienda previsto all’interno dell’accordo risulta essere un fattore decisivo”. Ma sono discorsi ancora prematuri in quanto per sottoscrivere l’accordo ci vorrà una settimana. L’intenzione, comunque, è chiara: “Mantenere una tutela dei lavoratori ed un minimo di garanzia di poter avere opportunità lavorative.”

Bormioli RoccoIL CASO BORMIOLI ROCCO E L’ACCORDO (RI)TROVATO – Intanto un accordo è stato trovato. La buona notizia dall’officina del vetro di Fidenza Bormioli riguardo all‘intesa raggiunta con il gruppo sindacale Cgil Parma che segna un punto di rottura con il Jobs Act: “Il primo aspetto dell’accordo – spiega Massimo Bussandri, segretario generale Cgil Parma – riguarda gli appalti: con l’applicazione del ddl 276/2003, in caso di cambio appalto i lavoratori che passano da una cooperativa o da un’impresa all’altra non perdono i contributi maturati fino a quel momento.
In ambito di videosorveglianza – continua Bussandri – nessuna delle informazioni recuperate con strumenti di controllo a distanza potrà essere usata a fini disciplinari dall’azienda nei confronti del lavoratore.
Sui demansionamenti l’azienda non potrà più intervenire individualmente ma dovrà accordarsi con le rappresentanze sindacali unitarie.
Rispetto ai licenziamenti collettivi, poi, abbiamo deciso di applicare gli stessi criteri a tutti i lavoratori senza alcun pregiudizio per la data di assunzione, in controtendenza al Jobs Act che non prevedeva il reintegro per motivi economici.
Ma l’aspetto più significativo guarda con attenzione agli scioperi che vengono limitati sia attraverso la riduzione del numero delle fermate e i conseguenti riavviamenti della produzione, sia rispetto al giorno in cui vengono indetti, annullando la possibilità di estenderli al giorno successivo in caso di riposo“. Se la Bormioli interviene con una “smentita preventiva”, sostenendo la continuità dell’accordo con il Jobs Act, in realtà, secondo la Cgil Parma, si tratta di un punto di svolta nella tutela dei diritti dei dipendenti dell’azienda e  un punto di riferimento per le altre imprese locali in difficoltà.

 

di Francesca Matta, Luca Mautone, Jacopo Orlo

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*