C’è ancora posto nelle scuole per i simboli religiosi?
IL PUNTO A PARMA TRA SCUOLA, UNIVERSITÁ E GENITORI
“Presepe sì o presepe no?”
La questione dei simboli religiosi in luoghi pubblici (e nelle scuole in particolare) non è certo nuova: sono anni ormai che va avanti, ma il tema resta sempre attuale e carico di tensione. Soprattutto dopo i recenti attentati: il sentimento che prevale è la paura. Paura di rinunciare alle nostre tradizioni ma anche alla libertà e alla sicurezza. Nonostante il verdetto della Corte di Strasburgo non abbia definito reato la presenza di crocifissi in aule scolastiche, le polemiche non mancano. Il caso più recente si è verificato a Rozzano, nella provincia milanese, dove il preside dell’istituto comprensivo ‘Garofani’ ha cancellato il concerto di Natale per non urtare la sensibilità degli studenti. E invece fra i banchi di scuola a Parma che clima si respira?
IL PARERE DEI PRESIDI – La situazione sembra tranquilla, a tal punto che porre la questione risulta persino inutile. Meglio parlare d’altro è in sintesi la posizione dei presidi interpellati sull’esposizione dei simboli religiosi negli istituti scolastici. “Nessun problema di questo tipo. Ci sono o non ci sono, siamo assolutamente sereni. Abbiamo ragazzi di tutte le etnie, il problema nemmeno ce lo siamo posti. Manteniamo quella che è la nostra tradizione e gli altri hanno il diritto di fare altrettanto” dichiara Elisabetta Botti, preside dell’Itis Da Vinci. Guido Campanini, preside del liceo classico Romagnosi punta invece sull’aspetto legislativo che sancirebbe l’uso dei simboli religiosi, come il crocifisso, nelle scuole o comunque nei luoghi pubblici. Il riferimento è al Parere del Consiglio di Stato n. 63 del 27 aprile del 1988 chiamato ad esprimersi su due R.D. risalenti all’epoca fascista e mai scalfiti nonostante le successive novità legislative (la Costituzione del ’48, il nuovo Concordato con la Santa Sede del 1985 e diverse sentenze della Corte Costituzionale che riaffermano la laicità dello Stato e la supremazia dei principi costituzionali su altre norme di legge).”C’è una legge dello stato: un simbolo religioso e anche culturale come il crocifisso non è mai stato contestato da nessuno. Rappresenta un uomo ingiustamente condannato e giustiziato. Per i credenti è il figlio di Dio, per gli altri è una vittima dell’ingiustizia”. Donelli Luciana, dirigente scolastico dell’Itc Bodoni, invece, dichiara: “Noi siamo una comunità multietnica, abbiamo anche un coro multietnico che canta qualsiasi tipo di canzone, da quelle di Natale ai Beatles. Non viviamo conflitti di questo tipo. Sono presenti simboli legati alla nostra religione, come i crocifissi, ma non sono così dominanti da generare scontri. È una questione che non ci siamo mai posti, perché non esiste”.
DALLE SCUOLE ALL’UNIVERSITÀ– Giorgio Piva, preside dell’Ipsia Primo Levi dice invece che “per noi la realtà culturale multietnica è una consapevolezza che va avanti ormai da molto tempo. Sono in questo istituto da quindici anni, di cui undici da docente e quattro da preside e non ho mai vissuto nessun problema di questo tipo. Per i nostri ragazzi è normalissima la convivenza di culture e religioni diverse. Quest’anno non facciamo il presepe, ma semplicemente perché non l’abbiamo mai fatto. Per intenderci: non è cambiato nulla dopo la strage di Parigi, è rimasto tutto uguale. Quest’anno avremo solo l’albero di Natale, esattamente come tutti gli altri anni”. La questione non tocca nemmeno l’Università di Parma, interessata forse ancor di più dal fenomeno dell’integrazione di varie culture. Girando nelle aule, la presenza di simboli religiosi non è certo predominante, ma non si tratta di una scelta consapevole semplicemente.”Finora non ci sono stati problemi di alcun genere in merito alla questione dei simboli religiosi nelle aule”, fanno infatti sapere dal Rettorato.
COSA DICONO I GENITORI- Nessun problema anche da un altro punto di vista, quello dei genitori, per i quali l’integrazione resta un principio fondamentale. “Credo che nel contesto culturale, storico e civile italiano sia giusto e necessario mantenere vive e intatte le tradizioni religiose cristiane” spiega Gabriele Rossi, presidente dell’Associazione italiana genitori dell’Emilia Romagna. Custodire le proprie tradizioni e non modificarle in nome della laicità non esclude però la possibilità di relazionarsi con l’altro, di incontrare una nuova cultura e saperci convivere “senza slegare mai il presente e il futuro dal nostro passato. Senza mai rinunciare ai nostri valori -continua il presidente Rossi-, alla nostra identità, alla nostra testimonianza di fede”. Proprio questo è il principio su cui si basa l’educazione dei ragazzi nelle scuole ed è il motivo per cui non si creano scandali se in un’aula è presente un crocifisso piuttosto che il presepe di Natale.
di Marco Rossi, Felicia Vinciguerra e Michele Panariello
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