Pubblica o privata: cosa sta cambiando nella gestione dell’acqua?

BILANCIO A 4 ANNI DAL REFERENDUM, LA SITUAZIONE A PARMA

Incontro Centro Acque UniprIl 12 e il 13 giugno 2011 gli italiani sono stati chiamati al voto per quattro referendum abrogativi, due dei quali sulla privatizzazione delle società e dei servizi idrici. Il ‘sì’ dell’oltre 90% dei votanti, in entrambi i quesiti, ha definitivamente cancellato i provvedimenti che altrimenti avrebbero portato ad una privatizzazione dei servizi. Ma quanto di tutto ciò si è realmente realizzato? Qual è il contesto locale e regionale in cui si è inserita quella scelta? Questo il tema al centro dell’incontro dal titolo “Come gestire la risorsa d’acqua. Il servizio idrico a quattro anni dal referendum del 2011” organizzato dall‘Eu Watercenter dell’Universita di Parma in collaborazione con il Premio Internazionale ‘Scritture d’acqua’. L’incontro, tenutosi il 3 dicembre al Centro Sant’Elisabetta del Campus Universitario e organizzato da Renzo Valloni, direttore dell’Eu Watercenter, ha visto come relatori l’assessore all’ambiente del Comune di Parma Gabriele Folli, Silvia Prodi, membro dell’assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna, Vito Belladonna, ingegnere dell’Agenzia Territoriale ER Servizi Idrici e Rifiuti, Rita Mileno della Fondazione Utilitatis pro acqua energia ambiente, Antonio Bodini, membro del coordinamento Acqua pubblica di Parma ed Emiliano Codeluppi del comitato Acqua bene comune di Reggio Emilia.

EU WATERCENTER – Il Centro Acque dell’Università di Parma ha un’organizzazione multidisciplinare che coinvolge diversi settori della realtà parmigiana e regionale. “E’ un centro atipico in senso positivo -spiega il direttore Valloni, introducendo l’incontro- che coinvolge diversi dipartimenti universitari ma anche strutture esterne”. Oltre infatti ai Dipartimenti di Bioscienze, Economia, Ingegneria, Scienze Biomediche, Biotecnologiche e Traslazionali, il centro collabora con Legambiente Emilia Romagna, l’Autorità di bacino del fiume Po, il Comune di Parma e il Consorzio di Bonifica Parmense. Infine, rientra nel progetto anche una componente del mondo economico: l’Unione Parmense degli Industriali. “Quello di oggi vuole essere un incontro di comunicazione verso l’esterno: da questo nasce l’intenzione di fare un dibattito, da cui ognuno potrà trarre le somme”.

COSA È VERASAM_4009MENTE CAMBIATO DOPO IL REFERENDUM – “In Emilia Romagna – spiega nel suo intervento Silvia Prodi – Rimini, Piacenza e Reggio Emilia stanno procedendo verso una ri-pubblicizzazione dell’acqua, anche se il percorso è ancora ricco di ostacoli normativi ai quali la Regione sta cercando di porre rimedio, mettendosi a disposizione degli enti locali”. La scelta del modello gestionale riguardante i servizi idrici è lasciata all’ambito locale, anche se la Legge di stabilità approvata quest’anno crea un clima di difficoltà nel creare progetti lineari. “Lo ‘Sblocca Italia’ -aggiunge Rita Mileno della Fondazione Utilitatis- mira ad un sistema di gestione dei servizi idrici basato sull’unicità: non più tante società, ma una sola”. In questo panorama, la Regione si colloca anche al fianco di Atersir (Agenzia Territoriale ER Servizi Idrici e Rifiuti) con l’obiettivo di potenziarla in quanto strumento di controllo fondamentale a disposizione degli organi locali. “La nostra agenzia -spiega Belladonna- affianca circa 340 Comuni della nostra regione. Gestiamo attualmente 17 diverse società che erogano servizi idrici di diverso tipo”. L’Emilia Romagna ha 50.000 chilometri di acquedotti, una rete fognaria di 25.000 chilometri e un totale di 3,8 milioni di abitanti che sono serviti da impianti di depurazione. “La tariffa media dell’Emilia Romagna riguardante i servizi idrici -continua l’ingegnere- è di 2,13 €/mq: una della più basse di tutta la penisola”. Dai dati in possesso di Atersir, il 9% delle utenze italiane non ha un’erogazione di acqua continua, il 28% degli italiani non si fida nel bere l’acqua del rubinetto ma “utilizzando la rete pubblica si avrebbe una spesa di centocinquanta volte minore“, conclude Belladonna.

I PRIMI PASSI DI PARMA – A Parma hanno partecipato al referendum del giugno 2011 il 62% dei cittadini: un risultato maggiore rispetto al quorum nazionale che aveva toccato solo il 57%. In Provincia, in entrambi i quesiti riguardanti l’acqua pubblica, i ‘si’ hanno raggiunto il 95% (94,79% per il primo e 95,22% per il secondo). Sul territorio urbano il servizio acquedottistico è gestito dal gruppo Iren. Attualmente sono due i progetti che il Comune, in collaborazione con la multiutility, sta portando avanti per una gestione più consapevole della risorsa idrica. Dallo scorso anno le mense scolastiche di 93 istituti servono acqua dal rubinetto in caraffa, limitando il consumo di bottigliette in plastica e il conseguente impatto sulle emissioni ambientali. “All’inizio -spiega l’assessore Folli- è stato difficile conquistare la fiducia dei genitori, specialmente quelli dei bambini più piccoli, ma ad oggi ci sono 15.500 bambini delle scuole che bevono acqua pubblica”. Inoltre, negli ultimi mesi, sono state installate cinque ‘casette dell’acqua’ pubblica erogata dall’acquedotto collocate in diversi parchi e piazze della città. “Si tratta di stazioni di distribuzione dell’acqua minerale, sia naturale che gassata, a costi bassissimi. Attualmente -continua Folli- sono state erogate 1300 tessere per la distribuzione“. Gli erogatori sono telecontrollati e soggetti a santificazioni e controlli di qualità periodici. Il costo di un litro di acqua è di 4 cent/litro per la naturale e di 5 cent per la frizzante: un risparmio annuale totale di 4.855€ pro capite se paragonato ai prezzi medi di mercato. I progetti del Comune rientrano in un’attività di educazione al consumo. “Il nostro è ancora all’inizio, ma sta muovendo i primi passi in questa direzione”, conclude l’assessore.

PERCHÈ CAMBIARE DIREZIONE? – Acqua pubblica vs Acqua privata, questo è il dilemma. Ad illustrare i principali motivi per i quali sarebbe preferibile una gestione pubblica dei servizi idrici è Antonio Bodini, membro del coordinamento acqua pubblica di Parma: “Attualmente le tariffe dell’acqua che paghiamo non riguardano solo i consumi effettivi ma tengono conto anche dei costi della gestione dei servizi che, nel caso di un gestione pubblica, scomparirebbero”. Altre motivazioni a riguardo sono una probabile riduzione di distanza tra il gestore e il cittadino, una maggior riduzione dei compensi dei manager delle società, attualmente stimati in media intorno a “15,1 milioni di euro” e tariffe basate sulla fiscalità ambientale, cioè sul principio che ognuno paga l’effettivo consumo.

 

 

di Chiara Corradi

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*