Lucarelli, un noir per far luce sui lati oscuri della storia italiana

PRESENTATO IL NUOVO ROMANZO PER 'RACCONTI DI NATALE'


“Il narratore noir si riconosce fin da bambino. Al posto che tediare i genitori con raccontini su cosa ha fatto la maestra a scuola, appena tornato a casa si versa un bicchiere d’acqua con studiata lentezza e dice: ‘Non vi potrete mai immaginare che cosa ha fatto oggi la maestra…’. Il noir come modalità narrativa che cattura l’attenzione ma che può raccontare con efficacia molto più che non un mistero legato ad un delitto”. Questa la definizione del genere proposta da Carlo Lucarelli, giornalista, scrittore, sceneggiatore e conduttore tv che al mistero ha dedicato una intera carriera. Un volto noto a molti italiani soprattutto grazie al fortunato programma Rai ‘Blu notte’.

IMG_8346‘Fare luce tra le pieghe delle storia’ è invece il titolo dell’intervento di Lucarelli che si è tenuto giovedì 17 dicembre al palazzo del Governatore. L’appuntamento è stato solo uno dei 50 previsti nella rassegna nella rassegna Racconti di Natale, promossa dall’assessorato alla cultura e dall’istituzione biblioteche del comune di Parma, che fino al 10 gennaio prevede incontri con scrittori, letture e laboratori per adulti e bambini. A fare da trait d’union fra gli appuntamenti è, nell’anno della sua celebrazione internazionale, il tema della luce.

UN NOIR NELL’ERITREA COLONIALE- Ed è proprio il desiderio di far luce che ha spinto Lucarelli ha scrivere, dopo ‘L’ottava vibrazione’, ‘Il tempo delle iene’, secondo libro di una trilogia ancora non completata ambientata nell’Eritrea coloniale. “Sarà perché sono cresciuto guardando Vittorio Bottego dalla finestra quando da bambino abitavo a Parma nel piazzale della stazione, ma quei paesi mi hanno sempre affascinato– racconta Lucarelli-. Da grande, quando ho capito che Bottego non era proprio come Sandokan e sicuramente anche perché mia moglie è eritrea, ho poi avuto il desiderio di studiare approfonditamente quel pezzo di storia italiana”. E’ quindi stato poi Daniele Marchesini, moderatore dell’incontro e docente di storia contemporanea dell’Università di Parma, a ricordare che anche l’Italia ha avuto un passato coloniale che non sempre viene raccontato con precisione. Precisione alla quale Lucarelli tiene invece moltissimo perché il fatto che ci sia un mistero inventato non significa che il contesto non debba essere accuratamente costruito: “Forse non ce lo si immagina IMG_8350ma c’è un enorme lavoro di studio dietro ad un romanzo noir storico. Oltre alla storiografia su quel periodo mi sono affidato a diari, periodici dell’epoca, diari e racconti -spiega ancora Lucarelli-. Mi sono messo a calcolare quanto tempo potevano impiegare a spostarsi i protagonisti da una città all’altra a dorso di un dromedario. In generale sono stato molto più descrittivo del solito perché quello è un mondo che facciamo fatica ad immaginare”.

FARE I CONTI CON IL PASSATO– Se il personaggio dell’ispettore Colabrico porta i baffi e fuma, come tutti gli italiani dell’epoca, la sua spalla, un carabiniere eritreo, è ricalcato sulla figura del nonno della moglie di Lucarelli che effettivamente, all’epoca della dominazione italiana, era stato assunto come carabiniere indigeno. “Questa figura è fondamentale perché nel racconto ha la funzione di dare il punto di visita della popolazione locale“- spiega ancora l’autore-. A lungo abbiamo ignorato nel bene e nel male, anche se il mio giudizio è nettamente negativo sul colonialismo e cosa abbia significato per gli IMG_8359eritrei quel periodo. Abbiamo qualche problema a fare i conti con una vicenda che ha legato due paesi per 70 anni“. E a chi dal pubblico domanda il perché questa difficoltà, Lucarelli risponde: “Perché il nostro passato non è ancora passato, sembra strano ma raccontare certe cose è ancora scomodo a qualcuno in Italia, siamo un paese che ha misteri irrisolti ovunque, pensiamo solo a Licio Gelli!”.

Dunque anche un noir storico se ben fatto può aiutarci a penetrare un epoca e, “invertendo il cannochiale, a guardare al nostro presente dalla prospettiva del passato“.

di Adriano Arganini e Jacopo Orlo

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