Claudia Della Valle, ‘talento’ Unipr alla corte del colosso Huawei

TELECOMUNICAZIONI, VIAGGIO NELLA CINA CHE INVESTE IL 14% DEL PROPRIO FATTURATO NELLA RICERCA

Della.Valle1C’è una studentessa dell’Università di Parma tra i dieci migliori talenti selezionati a livello nazionale per partecipare alla terza edizione del progetto ‘Talent Lab-Seeds For The Future‘ realizzato dalla società cinese Huawei in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e con il Ministero dell’Istruzione e dell’Università e della Ricerca (Miur). Il suo nome è Claudia Della Valle ed è una specializzanda in Communication Engineering.

La Huawei è leader globale in prodotti di Information e Comunication Technology . Gruppo dinamico e moderno ha fondato tutto il suo successo (46,5 miliardi di dollari di fatturato nel 2014) su due punti cardine: ricerca e sviluppo; settori nei quali, sempre nel 2014 ha investito oltre il 14 per cento del proprio fatturato globale. Solo in Italia, la società possiede, dal 2004, quattro centri di Ricerca e Sviluppo. Il fiuto per i giovani talenti è un altro punto di forza in cui contare per portare nuova linfa in un settore altamente concorrenziale come quello delle tecnologie delle comunicazioni. A caccia di giovani eccellenze, la società cinese cerca nelle Università italiane studenti modello per offrire loro una importante opportunità che unisce impresa e istruzione. Claudia, 24 anni e originaria della provincia di Chieti, è una di queste eccellenze.
“Il fatto di poter utilizzare la tecnologia per comunicare – racconta parlando della sua scelta di studiare nel nostro Ateneo – mi affascinava e m’incuriosiva. A Parma mi sono trovata bene: è una bella città in cui poter vivere e studiare; ho incontrato sempre docenti molto qualificati, le strutture funzionano benissimo e i laboratori anche. Quando sono stata scelta per il Talent Lab ho sentito come se fossi stata ripagata per tutto l’impegno di questi anni”.

Il progetto Talent Lab ha portato Claudia e altri nove fra i migliori studenti italiani direttamente a Shenzhen, una città nella parte meridionale della Cina continentale: è lì che la Huawei ha il suo quartier generale. Shenzhen, all’origine un piccolo villaggio di pescatori, fu scelta nel 1978 da Deng Xiaoping come Zona Economica Speciale, una zona dove era possibile regolare il mercato con leggi legate all’economia di mercato. “A Shenzhen, il quartiere della Huawei è come una piccola città nella città vera e propria. Infatti ci sono hotel, palestre, ristoranti, parchi naturali, centri di ricerca e abitazioni per i dipendenti (circa sessantamila con un’età media di trent’anni), che lavorano tutti nel settore della Ricerca e dello Sviluppo”.

giant-screenIl training è durato quattordici giorni. “La prima parte è stata dedicata a temi prettamente tecnici delle telecomunicazioni con lezioni e laboratori pomeridiani e un esame finale per attestare il nostro livello di apprendimento”. I ragazzi hanno inoltre avuto la possibilità di visitare l’Exhibition Hall dove hanno visionato i prodotti della società, le nuove tecnologie e i programmi di ricerca applicati alla domotica e alle tecnologie militari.
Una seconda fase del progetto è stata culturale, un’immersione nel pensiero cinese. “E’ stato interessante – racconta Claudia – assaggiare la cucina cinese  e per l’occasione abbiamo imparato ad usare le bacchette al posto delle posate.”

Dopo Shenzhen è la volta di Pechino, e la full immersion nella cultura tradizionale cinese si è fatta ancora  più forte, con visite ai principali monumenti: “Abbiamo alloggiato nel campus dell’Università di Lingua e Cultura. Qui siamo stati quattro giorni e abbiamo preso lezioni di lingua cinese ma anche di calligrafia e di pittura. Siamo stati tutto il tempo assieme agli studenti e ai docenti cinesi; ci siamo completamente immersi nell’atmosfera universitaria”. Per ultimo, il conferimento ufficiale con tanto di cerimonia dell’attestato di partecipazione alla presenza di Qu Wenchu senior vice president Huawei, dell’ambasciatore italiano in Cina Ettore Sequi e del capo di gabinetto del Mise Vito Cozzoli. Durante la cerimonia i ragazzi sono stati invitati a farsi ambasciatori dell’esperienza Talent Lab in Italia e nel mondo in particolar modo in relazione ai concetti di industria 4.0, a quello di smart city e a quello di star up.
Un impegno non solo formale: “Deve esserci una stretta collaborazione fra Huawei e il Mise per una digitalizzazione dell’industria con l’introduzione di nuove tecnologie per ottimizzare i processi di produzione, per incrementare e incentivare le nuove idee nel campo delle telecomunicazioni e per sviluppare sistemi per città intelligenti applicabili al settore dei trasporti e a quello delle infrastrutture in generale. A metà marzo saremo a Roma per un congresso dove porteremo la nostra esperienza. Poi ognuno di noi sarà destinato in un’azienda, dove cercheremo di portare le competenze che abbiamo imparato. Questa esperienza mi ha arricchito non solo  dal punto di vista professionale e accademico, ma anche e soprattutto dal punto di vista umano: un’ esperienza di crescita totalizzante“.

images9IXM2039Ma esiste un modello simile anche in Italia? “No – risponde Claudia – perché in Italia si destinano pochi fondi alla ricerca e allo sviluppo. Huawei nasce durante il boom economico della Cina caratterizzato da un enorme afflusso di denaro sotto forma di profitti. Strategicamente i vertici della società decisero di utilizzarlo per scovare cervelli e per sviluppare nuove forme di sviluppo: in Italia questo è impensabile. E poi ci sono enormi difficoltà burocratiche”.

Un’indagine dell’Istituto Giuseppe Toniolo rivela che, per il 90% degli under 32, lasciare la Penisola è una necessità per trovare un’occupazione adeguata. Australia, Usa e Regno Unito sono le mete in vetta alla classifica. Per Alessandro Rosina, tra i curatori del rapporto, “la propensione ad andarsene riguarda tutte le categorie e tutti i livelli d’istruzione”. “Purtroppo il mio futuro lo vedo all’estero  – afferma ancora Claudia – e mi riferisco all’Oriente perché è lì che sono all’avanguardia nel mio settore, è lì che so di trovare fondi per la ricerca. Dalle nostre parti l’istruzione è diventata solo un sistema per pagare stipendi e non per formare persone. Naturalmente sono e mi sento italiana e conto, nel futuro, di poter costruire qualcosa qui, in Italia, per il mio Paese”.

Un ultimo sassolino, Claudia lo leva via dalla scarpa per rispondere a chi afferma che i moderni sistemi di telecomunicazioni sono pensati per allontanare la gente più di quanto non la avvicinino: “Non sono d’accordo: nelle facoltà, quando ci prepariamo a sviluppare nuovi sistemi, ci insegnano innanzitutto il valore dello stare insieme. Si chiamano ‘Group Working’ e contengono il concetto di risolvere i problemi senza egoismi, lavorando tutti insieme e rispettando l’apporto di ognuno. Si raggiungono determinati risultati solo lavorando insieme. E’ incoraggiata l’inclusione, non l’esclusione“.

 

di Michele Panariello

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