Luca Righetti: “Un incidente a 16 anni e il medico dice che non potrò più sciare: lo snowboard è stata una sfida”

"LO SPORT E' TERAPIA": IL CAMPIONE PARALIMPICO E LA SFIDA ALLA DISABILITA'

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Da un sogno, spesso, ne possono nascere molti altri. Luca Righetti, snowboarder trentottenne che ha rappresentato la Nazionale italiana alle palalimpiadi invernali di Sochi nello scorso 2014, ha intrapreso questa strada proprio grazie a un sogno in una notte estiva e oggi si impegna quotidianamente nell’integrazione di atleti con disabilità con la speranza di regalare sorrisi e soddisfazioni ai meno fortunati.

Raccontaci di questo sogno. Come sei arrivato in Nazionale?

“Durante la paralimpiadi di Vancouver 2010 guardavo la televisione e pensai che sarebbe stato davvero bello poter partecipare. Purtroppo però, lo snowboard non era una disciplina paralimpica, quindi la speranza si è subito spenta.
La notte del 12 agosto del 2012 ho sognato la Nazionale paralimpica di snowboard ed al mattino mi sono svegliato sudatissimo ed agitato. La prima cosa che ho fatto è stata accendere il computer e cercare su internet se per caso fosse nata nell’ultimo periodo la Nazionale di parasnowboard e con grande sorpresa ho trovato il sito della Fisip (Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici) con delle foto di atleti con disabilità agli arti inferiori o superiori che praticavano snowboard. A quel punto ho contattato immediatamente lo Sci Club Paralimpico Fanano ed il 14 agosto mi hanno risposto dicendomi che mi avrebbero accolto a braccia aperte e mi hanno invitato ad incontraci a settembre per il tesseramento e per farmi conoscere degli atleti.
Ero davvero felice e pur non essendo ancora prontissimo per le prime gare, ho ottenuto dei buoni risultati e nel giro di pochi mesi sono entrato a far parte della Nazionale. Quando a gennaio sono andato a Torino per ritirare l’abbigliamento è stata l’emozione più grossa, per me poteva anche bastare così.
Dulcis in fundo, lo stesso anno il comitato paralimpico aveva comunicato che nei giochi di Sochi la nostra sarebbe diventata una disciplina olimpica e quindi il mio sogno, d’improvviso, poteva davvero diventare realtà”.

Come ha cambiato la tua vita l’incidente che hai subito?

“L’incidente ha cambiato la mia vita sicuramente in peggio. Quando a 16 anni ti ritrovi a dover affrontare una frattura del bacino, una lesione midollare e quindi la paresi della gamba sinistra, non è per niente facile accettarlo e rialzarsi. C’è bisogno di tempo e di una grande forza interiore, oltre all’aiuto e all’affetto delle persone che ti sono vicine”.

immagine 1Sei sempre stato uno sportivo? Da dove nasce la passione per lo snowboard?

“Sì, prima dell’incidente sciavo e giocavo anche a pallacanestro, lo sport mi ha sempre affascinato. Da quando mi sono avvicinato allo snowboard ho concentrato le mie forze esclusivamente su quello dato che mi alleno intensamente tutti i giorni ed una preparazione basata sul nuoto, sulla palestra e sull’andare in bicicletta richiede molti sforzi. E’ una passione che è nata dopo l’incidente, perché il dottore mi disse che non potevo più sciare e allora l’ho presa come una sfida. Lo snowboard richiedeva meno sforzo, soprattutto per quel che riguarda la caviglia ed il ginocchio, e quindi mi sono avventurato insieme ai miei amici che avevano iniziato a praticare questo sport”.

Dove hai trovato la forza di ripartire e di ricominciare a praticare sport?

“E’ stato importantissimo il supporto dei miei genitori, soprattutto quello di mio padre.Mi disse che non dovevo buttarmi giù e che dovevo ricominciare a sciare ed allora quel giorno abbiamo fatto una scommessa: se fossi riuscito a terminare la discesa avrebbe ricominciato anche lui a sciare. Una domenica siamo andati in montagna, sono riuscito a completare il percorso e quando sono risalito gli ho detto: “Hai visto che ce l’ho fatta?”.
In quel momento tutte le sensazioni negative hanno lasciato spazio alla gioia.
Lo sport è stata la mia terapia e può esserlo per tutti“.

Qual è l’obiettivo di ‘Portiamoli a Rio’?

“E’ un progetto che parte da ‘Abili allo sport‘, un’associazione no profit che si impegna a far conoscere a Parma, ma a tutto il mondo del web, gli sport che è possibile praticare nei diversi luoghi. Qui a Parma l’impegno profuso da chi ha dedicato tempo ed energie a questa iniziativa, ha creato la possibilità di poter praticare ben 22 sport adattati a chi ha delle disabilità. Abbiamo a disposizione molti professionisti di altissimo livello come il dottor Federico Cioni (nutrizionista), il dottor Massimo Marenzoni (osteopata) e Enzo Lanini (istruttore della palestra Fit Planet) che alzano ulteriormente l’asticella di questa associazione in continua crescita.
Nel nostro ambiente ho incontrato e ho avuto la fortuna di conoscere tante belle persone, e il mio pensiero va a Luca Renoldi che oggi non c’è più ma che con le sue foto è riuscito ad immortalare tanti bei momenti per me e non solo”.
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Cosa consigli ai ragazzi che si trovano a dover affrontare le difficoltà che hai affrontato tu?

“Il messaggio che cerco in tutto e per tutto di trasmettere, essendoci passato in prima persona, è quello di non perdere mai la speranza. Non bisogna mai mollare, bisogna usare tutte le forze e le abilità che rimangono per essere migliori ed eccellere in quello che si riesce a fare. Io, grazie a chi mi ha seguito ed aiutato, ho raggiunto dei livelli che non avrei mai immaginato. Ora riesco a fare tante cose che fino a tre o quattro anni fa ritenevo impossibili e sono arrivato a credere che i limiti non esistano, sono dati dai nostri pensieri.
Prima di partecipare alle paralimpiadi ho subito due infortuni pesanti che potevano compromettere la mia presenza. In quei momenti non ho mai mollato, neanche per un secondo, e ce l’ho fatta”.

Quali sono i tuoi progetti per il tuo futuro?

“L’obiettivo principale è quello di trasmettere un po’ di fiducia a quelle persone che rimangono un po’ nell’ombra e che non credono molto nei loro mezzi. Dal punto di vista sportivo e personale spero di poter ripetere l’esperienza di Sochi, partecipando alle paralimpiadi invernali di Pyeongchang nel 2018. Avrò 40 anni e quindi dovrò impegnarmi molto per raggiungere uno stato di forma ottimale e per poter competere ad alti livelli”.

 

di Simone Zurlo

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