Uno, è l’anno che è passato da quando tutto finiva in maniera ingloriosa per club e tifosi. Due, i milioni di budget che la nuova società ha messo a disposizione per ricostruire una squadra degna della città di Parma. Due a uno, il punteggio che ha permesso, con il consenso dell’aritmetica, di far sì che i gialloblu tornassero tra i professionisti. Tre, le giornate di anticipo con cui la squadra si guadagna la Lega Pro. 85, i punti totalizzati fin qui, con 25 vittorie, 10 pareggi e nessuna sconfitta, unica squadra imbattuta di tutti i campionati. 10.000 la media spettatori delle partite giocate in casa, numeri che quasi nemmeno in serie A si vedono. In cifre, la rinascita di una squadra e di una città intera. Dietro a questi numeri però ci sono gli uomini che hanno lavorato in campo e fuori per far sì che l’incubo finisse e tutto l’ambiente gialloblu tornasse alla realtà: al calcio che Parma merita. Di questi uomini e del loro impegno parla Luca Carra, amministratore delegato del nuovo Parma Calcio 1913.
Cosa ha significato ripartire dalla serie D per una società importante come il Parma?
“Da tifoso è sicuramente una cosa non piacevole, in particolar modo per il motivo che ci ha fatto precipitare dalla massima serie al calcio dilettantistico. Un evento abbastanza drammatico per la storia del calcio di Parma e per la città in generale che adesso sembra quasi una cosa comica, non una situazione reale. Per noi che abbiamo deciso di riprendere in mano la squadra, ha significato proprio ripartire da zero: puliti e senza legami con quello che era stata la gestione precedente, con la voglia di riportare il calcio di Parma ai livelli che gli competono.”
Sì è rivelata vincente la scelta di affidare ruoli chiave della società a chi ne ha fatto grande la storia. Per quale ragione secondo lei?
“Abbiamo seguito questa strada perché, dopo quello che era successo, c’era il rischio reale che la gente si disaffezionasse al club. Ricominciare da figure che hanno rappresentato il periodo più bello della storia della squadra, quello che ha dato il via all’avvento di una delle squadre più forti d’Europa, ritenevamo che fosse un modo per legare la storia del Parma con questa nuova società che stava partendo. Credo che si sia rivelata una scelta vincente, soprattutto perché i nostri tifosi l’hanno colta. Nevio Scala infatti non è stato solo un allenatore che ha vinto trofei ma un uomo che ha portato in città dei sani valori e una vicinanza con la gente che rappresenta proprio la filosofia alla quale ci siamo voluti ispirare. Da lì siamo voluti ripartire.”
Quanto è stato importante il supporto dei tifosi che non hanno abbandonato la loro fede gialloblu?
“Penso di poter dire che sia stato determinante. Una fiducia da subito evidente quando già nel mese di agosto contavamo 10.000 abbonati, il campionato non era ancora iniziato e ancora dovevamo fare la squadra: è stato un amore incondizionato. Ci hanno concesso tutto ciò gratuitamente perché noi ancora non avevamo mai giocato, quindi nessuno sapeva quale sarebbe stato il livello della squadra. Un affetto del genere è stato fondamentale in quanto ha generato quel morale, quell’entusiasmo che credo abbiano portato la società e i giocatori stessi a capire cosa significasse indossare la maglia crociata e per questo dare qualcosa in più.”
Qual è stato secondo lei il momento chiave della stagione?“Direi che è stata
una cavalcata, non ci sono stati dei veri e propri momenti chiave. Se non forse all’inizio quando finalmente siamo potuti partire, a luglio quando abbiamo potuto cominciare. Per il resto farei fatica a vederne uno particolarmente determinante. Tutte le domeniche i ragazzi sono entrati in campo con la voglia di vincere e quindi non c’è una partita che abbia rappresentato una svolta decisiva. Abbiamo iniziato a vincere fin da subito e se proprio dovessi identificare un match preciso – anche se a fatica – credo che
la vittoria della prima partita, in un campionato che non conoscevamo, un campionato dove giocavamo da favoriti e quindi tutti davano il massimo contro di noi, sia stata molto importante per accrescere la fiducia in noi stessi.”
Adesso la promozione e la doverosa festa. Poi? A cosa punta questo nuovo Parma?“Innanzitutto pensiamo a finire il campionato cercando di
rimanere imbattuti perché è un traguardo che ci piacerebbe raggiungere; riuscire a non perdere nemmeno una partita sarebbe un ulteriore motivo di soddisfazione. Poi ovviamente già da domenica scorsa abbiamo iniziato a pensare a quella che sarà la nuova stagione,
la Lega Pro, che proveremo di certo a vincere. Questo naturalmente non è scontato, non basta dirlo; bisogna poi andare in campo e giocarsi ogni singolo incontro, essere sul pezzo tutte le domeniche.”
Per affrontare i prossimi anni ci vorrà una rosa sempre più competitiva. Cosa pensa di quella attuale? C’è necessità di molti nuovi investimenti?“Noi riteniamo che il gruppo di quest’anno sia un
gruppo eccezionale. Inoltre alcuni dei nostri ragazzi hanno già giocato in Lega Pro e lo hanno fatto anche con ottimi risultati. Una serie di giocatori che potrà quindi costituire la base di partenza solida per il prossimo anno.
Qualche innesto sarà sicuramente fatto ma di certo senza stravolgere la squadra.”
Quanti anni crede che ci vorranno per ritornare in serie A?
“Sinceramente a questo non saprei rispondere. Noi lavoriamo tutti i giorni per vincere, ogni domenica. Poi è ovvio che più si vince e più si sale, ma ci sono anche gli altri che non rimangono a guardarci: non è proprio semplice. Certo, senza voler fare proclami, Parma non merita il campionato di serie D o quello di Lega Pro e questo lo hanno dimostrato anche i nostri tifosi. La naturale destinazione del club gialloblu è il massimo livello che si può raggiungere in Italia, soprattutto per la storia calcistica della città. Vogliamo però fare le cose con calma, senza affrettare i tempi e soprattutto con una gestione sostenibile della società. Vedremo poi con questo tipo di lavoro dove arriveremo.”
Ad oggi, cosa avrebbe voglia di dire all’ex presidente Ghirardi?
“Credo che gliene abbiano già dette anche troppe. Direi semplicemente che la reazione che hanno avuto la città e i tifosi sia la dimostrazione che nonostante tutto Parma sia una città civile, di gente per bene, gente che pensa più alle cose positive, all’entusiasmo, a festeggiare la propria squadra che non alle critiche e alle polemiche.”
di Filippo De Fabrizio
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