“Le donne in politica sono un valore aggiunto”: i 70 anni delle consigliere

SEDUTA MONOTEMATICA IN COMUNE DEDICATA ALLE DONNE CONSIGLIERE DAL 1946 AL 2016

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“I cittadini di Parma hanno eletto, il 7 aprile, secondo i dettami democratici, la nuova amministrazione del loro Comune. Tra i consiglieri anche una donna, la sig.ra Rivola del Psi, la quale, con la sig.na Anna Menoni del Pci, porterà all’amministrazione comunale il frutto della riconosciuta e provata maturità delle donne italiane d’oggi”. Così l’edizione della Gazzetta di Parma del 21 aprile 1946 riporta l’elezione del nuovo sindaco, Primo Savani, e l’insediamento in amministrazione dei nuovi membri della giunta comunale. Le signore sopracitate, Giuseppina Rivola (assessore, nonché attivista riguardo ai problemi delle donne lavoratrici) e Anna Menoni (la staffetta partigiana e segretaria cittadina dell’Udi, Unione donne italiane), non sono che le ‘capostipiti’ delle numerose generazioni di donne che hanno preso parte alla vita politica della città di Parma. Leoni Bice, eletta in consiglio nella lista Pci alle elezioni amministrative del giugno 1951, si dedicò alle esigenze delle donne avviando i primi passi del welfare locale e fu determinante per la nascita dell’Ospedale Stuard nel 1980. Preti Vilma, consigliere comunale nel 1970, si dedicò attivamente per le questioni di genere all’interno del Movimento Femminile della Democrazia Cristiana, mentre Venturini Pierangela, consigliera comunale nel 1980, avvocato specializzata in diritto di famiglia, fu protagonista di tante battaglie in difesa dei diritti delle donne e non da ultimo fu presidente e fondatrice dell’Associazione Centro Antiviolenza di Parma per donne maltrattate o che hanno subito violenza.

CENNI STORICI- Il 1946 è per l’appunto l’anno di svolta. Le donne avevano ottenuto il diritto di voto il primo febbraio del 1945, ma non la possibilità di essere elette. Nel decreto, infatti, non era prevista l’eleggibilità delle donne, introdotta il 10 marzo 1946. Nello stesso anno, le donne italiane furono chiamate per la prima volta a partecipare al voto a suffragio universale, in occasione delle elezioni amministrative e poi in occasione del referendum istituzionale e dell’elezione dell’assemblea costituente del 2 giugno. Oltre l’89% delle donne aventi diritto si recò alle urne e nelle diverse amministrazioni furono elette 2000 candidate.

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CONSIGLIO MONOTEMATICO – A 70 anni di distanza, la città di Parma ha deciso di celebrare quelle donne con una seduta monotematica del Consiglio Comunale dedicata alle consigliere comunali in carica dal 1946 al 2016 e tenutasi il 20 aprile scorso. La seduta, presieduta dalla vicepresidente in carica Maria Teresa Guarnieri, ex assessore al Welfare, e alla presenza del primo cittadino Federico Pizzarottidella vicesindaco Nicoletta Paci, è parte delle iniziative organizzate dall’Assessorato alle Pari opportunità del Comune di Parma per “1946-2016 – 70 Volte Donna”. In sala erano presenti tante consigliere comunali che hanno parlato della propria esperienza in epoche differenti. 

DIFFIDENZA DEGLI UOMINI– “Ho una certa diffidenza istintiva tradizionale verso la partecipazione delle donne alla vita pubblica”. Così Marcella Saccani, ex assessore provinciale alle Politiche sociali, cita un deputato liberale che, durante il periodo di discussione del diritto per il voto alle donne, dimostra esplicitamente le riserve che molti uomini avevano al momento della concessione del diritto al voto. “Avere le donne è un valore aggiunto– ha dichiarato poi Mara Colla, primo sindaco donna di Parma nei primi anni ’90-. Più si tengono fuori le donne più è un danno per l’umanità. Io credo che se il grado di civiltà fosse tale nel nostro Paese e non solo, non servirebbero escamotage come le quote rosa o l’obbligo di elezione di almeno un membro delle liste elettorali”. E questa mancanza di civiltà è spesso espressa apertamente dai colleghi. Ad esempio l’uscita dalla sala consiliare nel momento degli interventi di una donna, come ha ricordato Gabriella Biacchi, consigliera comunale dal 2007: “Io credo che spesso gli uomini abbiano paura di scoprire che le donne siano più brave di loro in determinate cose”.

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OLTRE LE GAMBE C’È DI PIÙ– E’ ricorso spesso nei diversi interventi la questione della difficoltà che, spesso e volentieri, le donne hanno per stare in politica, in un ambiente fortemente maschile e dal ‘commento facile’. “Una volta mi capitò di indossare un tailleur rosso durante una seduta e un giornalista parlò del mio spacco invece di prestare attenzione a ciò che avevo detto.” L’aneddoto di Simona Casellipresidente di Legacoop Emilia Ovest e assessore regionale all’Agricoltura, ben rappresenta una situazione di disagio per le donne che non solo devono lottare per un posto in politica, ma devono lottare anche affinché prevalgano qualità come l’intelligenza e l’intraprendenza“. La tendenza maschile di considerare le donne dei corpi su cui fare commenti screditandone i ruoli resta dura a morire” ha dichiarato in modo quasi sconfortante l’ex consigliera Carla Mantelli. “Una volta mi sono trovata a fare lezione di botanica all’intero consiglio comunale perché non credevano che esistesse il genere anche per le piante” ha raccontato Emilia Caronna, altra ex consigliera e docente di Istologia, Embriologia e Socio-biologia all’Università di Parma, ponendo l’accento sulla piena preparazione e la praticità nel trovare soluzioni che spesso caratterizzano le donne.

E OGGI?– “Nemmeno oggi abbiamo superato la minoranza politica – asserisce nel suo intervento Maria Cristina Quintavalla, in Comune negli anni ’80-. Celebriamo il 70esimo, ma il nostro pensiero vada alle donne di oggi, che percepiscono uno stipendio più basso rispetto, alle precarie, alle giovani donne pagate con i voucher. Senza contare le donne di altre etnie che oggi pur di dare speranza in quell’ottica di ‘economia della vita’ attraversano il mare in pessime condizioni rischiando la vita”. C’è poi chi ha radicalmente proposto un consiglio di sole donne, come l’ex senatrice Albertina Soliani: “In un momento di crisi democratica come questo periodo storico, pensare ad un’amministrazione di sole donne potrebbe essere un interessante esperimento”. Ma c’è chi invece, come Carla Mantelli, ricorda che come resti “essenziale la presenza di uomini e donne per una pura questione democratica: la società è composta per metà da uomini e metà donne, e quindi le istituzioni devono rappresentare più fedelmente possibile la società: non ci può essere piena democrazia senza piena condivisione del potere politico tra i sessi”.

 

di Francesca Iannello

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