Oltre le lanterne rosse che illuminano Parma: dentro la comunità cinese
TRA DIFFIDENZE, LAVORO H24, LUOGHI COMUNI, LEGGENDE METROPOLITANE E INTEGRAZIONE
Avete mai visto un funerale cinese? Cosa si conosce davvero delle loro abitudini? E perchè “lavorano sempre”? A Parma la comunità cinese, seppur non tra quelle numericamente più consistenti, è una presenza evidente. A partire dai tanti negozi dalle lanterne rosse appese alle porte che sempre più spesso negli ultimi anni hanno colorano le strade cittadine, come nel resto d’Italia.
Secondo i dati Istat relativi ai permessi di soggiorno che vanno dal periodo 2010-2014, i cittadini di nazionalità cinese stanziatisi a Parma sono un totale di 1348, con un exploit nel 2010 quando si sono registrati 477 ingressi. Nel 2014 questo dato si è abbassato radicalmente fermandosi a 74. Nello stesso anno, nel totale dei 29065 stranieri residenti a Parma, quelli cinesi erano 755.
Quasi tutti i cinesi di Parma provengono dalla stessa zona, lo Zhejiang, regione enorme che vede Shanghai come città più importante. Quasi tutti arrivano dalla campagna dato che in pochi, avendo una vita agiata, decidono di lasciare il proprio Paese. In Cina le classi sociali sono molto marcate: la società borghese come la conosciamo noi in Italia è quasi nulla, esplicitamente non vige un sistema di caste come in India ma di fatto è così. Tra le componenti etniche della città di Parma, indubbiamente la comunità cinese si mostra tra le più chiuse.
Cercare di conoscerla dall’interno non è facile: ci si scontra con le titubanze, con le chiusure alle volte imposte dalle famiglie di appartenenza, dalla diffidenza. E capita che a volte gli stranieri non sono loro ma siamo noi quando cerchiamo di andare oltre al paio di scarpe che stiamo comprando nei loro negozi.
LAVORO, LAVORO, LAVORO – “Non parlo molto bene l’italiano” è la risposta standard, ma quando gli si chiede il perché di questa ritrosia, Andrea, fruttivendolo di via d’Azeglio, risponde in perfetto italiano. “Te lo posso dire? Non abbiamo voglia di rispondere a voi italiani, noi pensiamo solo a lavorare“, per poi ritornare con fare gentile dalla cliente di turno.
Stessa situazione poco più avanti, nei due negozi di via d’Azeglio, che, dai casalinghi all’abbigliamento, vendono di tutto. “Non posso rispondere, devo lavorare” dice una giovane mentre la voce del titolare la richiama al bancone perchè non sta trattando con un cliente che chiede un prezzo. “Visto? Devo lavorare”.
La dimensione del lavoro è certamente una delle principali occupazioni nella vita delle famiglie cinesi, ma conoscendone la storia, si intuisce anche il perchè. Hoi, imprenditore affermato, ricorda che da bambino in Cina si svegliava alle 4 del mattino per mungere le mucche per poi andare a scuola. In questo contesto il valore di ogni minima cosa che si è conquistato viene rivalutato il doppio. Il lavoro è necessario, e poi “non si chiude mai” perchè le feste italiane magari non equivalgono alle feste per un cinese buddista o di un’altra religione. Nonostante questo una volta finito di lavorare ci si ritrova tra le famiglie a festeggiare le proprie festività come il Capodanno Cinese, che cade intorno a metà febbraio.
Ma a smentire l’idea che per i cinesi giri sempre e tutto solo intorno al lavoro interviene Chen, titolare di un negozio di informatica in via d’Azeglio. “Non è vero che noi cinesi lavoriamo 24 ore su 24. Qua ho mia moglie, i miei due bambini. La domenica è giorno di chiusura e usciamo!”. Coma la maggior parte dei connazionali a Parma, Chen proviene dallo Zhejiang. “Perchè? Perchè essendo vicino all’oceano è più facile partire in nave, anche se io sono venuto in aereo tanti anni fa. Sono in Italia da vent’anni e devo dirti che mi trovo bene! Il mio è stato un ricongiungimento familiare visto che i miei lavoravano a Roma”. Poi torna a parlare del lavoro facendo riferimento agli accordi commerciali tenuti da Romano Prodi in Cina nel lontano 2006 che, secondo alcuni, avrebbero assecondato l’invasione commerciale cinese in Italia. “Non capisco da dove nasca questa storia che noi imprenditori cinesi avremmo delle agevolazioni nell’aprire dei negozi: pago le stesse tasse degli italiani, ad esempio solo di Inps per me e mia moglie pago 2000 euro”. Sembra la riproposizione della solita storia che lo straniero canaglia arriva su un tappetto rosso, trattato coi guanti di seta, storie che vengono fomentate sempre in tempo di crisi.
Le leggi non scritte sono più forti di quelle scritte in questa comunità, fatta di silenzio verso l’esterno ma tanta solidarietà per quelli della stessa comunità. Piccoli gesti e non come aiutare i nuovi arrivati accompagnandoli negli uffici per fare i documenti, nella ricerca di un lavoro o a imparare la lingua: questi valori sono portati avanti di generazione in generazione.
A Reggio Emilia si trova una chiesa evangelica cinese comprata negli anni dagli stessi fedeli, da Parma chi è di quella religione la domenica pomeriggio si sposta lì.
CONTRO I LUOGHI COMUNI: IL RISCATTO DELLE NUOVE GENERAZIONI – “La titubanza credo sia reciproca“: a parlare è Eleonora, tra poco maturanda; è un bell’esempio di integrazione della seconda generazione maturata con la crescita.
“Da piccola ricordo che andavamo in via Testi al pomeriggio dove c’era una scuola per bambini cinesi. Mi sentivo diversa, soprattutto i primi anni, perchè erano gli altri a farmi sentire diversa. Se salutando una persona nel mio stesso condominio non ricevo alcuna risposta e addirittura ostilità, alla terza volta mi viene naturale pensare che forse questo capita per la mia razza.” Anche se Eleonora non vuole parlare di razze, ammette che “forse è vero, non siamo molto integrati ma ad esempio ho diversi amici, non di Parma che nelle proprie città rivestono dei ruoli importanti anche nei consigli comunali. Qualcosa sta cambiando”. E il bisogno d’integrazione l’ha vissuto in prima persona, crescendo. “Negli anni ho avuto amicizie cinesi e amicizie italiane. Tenevo entrambe divise ed è stato strano crescere così. Dalle prime facevo tira e molla perchè non volevo precludermi di conoscere altre persone e chiudermi nella mia comunità. Sto bene, sono cittadina italiana e crescendo ho capito una cosa: forse ero io stessa a fare queste distinzioni. Oggi non mi interessano le razze, ma le persone.”
Eleonora ha una sorella che ha studiato all’estero per un anno e che le ha raccontato di come lì i cittadini cinesi sono molto più integrati e ben accetti, cosa che in Italia latita ancora: “Bisognerebbe scuotersi l’immagine mediamente condivisa che l’italiano ha del cittadino cinese“.
La giovane continua nella sua riflessione attenta e precisa: “Credo che i maschi sentano di più questa ‘esclusione’ per noi ragazze forse è più semplice. La differenza, ad esempio, la vedo rispetto ad alcuni conoscenti che 6-7 anni fa, quando stavano in Italia, si impegnavano ad imparare la lingua. Adesso invece non lo fanno più e dopo un pò tendono ad andar via, soprattutto in Germania in quest’ultimo periodo. A volte la chiusura è portata in parte dai genitori ma in realtà credo che sia soggettivo. Più che altro è per paura, per una comunicazione non facile agli inizi. Ma noi non siamo i luoghi comuni che generalmente si fanno in Italia.”
Paolo, cinese di 23 anni, anche lui di seconda generazione, dotato di un’ottima padronanza dell’ italiano, racconta una storia che fa ben capire come la nostra stessa visione nei confronti dei cinesi tenda spesso a creare una frattura poco sanabile. “Ero in un locale con un amico italiano, cercavo di parlare con una ragazza che gentilmente mi ha rifiutato. Le sue amiche le hanno chiesto il perchè, non essendosi forse accorte che ero asiatico. A quel punto il mio amico vede lei che fa il gesto degli occhi a mandorla; le si è avvicinato dicendole che era una poveraccia e siamo andati via”. Paolo ride per sdrammatizzare il momento. “Tra i due quello più arrabbiato era lui!”. Piccoli atti non fanno altro che minare la sicurezza di una persona e rimarcare lo status della ‘razza’.
Tra gli altri cinesi che hanno scelto Parma per il loro futuro c’è Carlo, laureato in Ingegneria e che ha aperto una start up. Sua moglie, che ha sposato da poco, è diplomata in un liceo parmigiano con il massimo dei voti. Sono centinaia le storie di riscatto sociale, di nuovi italiani che non investono solo sulla ristorazione e sul commercio come la prima generazione.
I FUNERALI CINESI – Un altro aspetto peculiare e chiacchierato della cultura cinese è quello che riguarda i funerali. Pochi quelli che possono dire di aver assistito a un rito cinese in Italia, tanto che la questione sembra velata da un vero mistero. E’ diffusa la leggenda metropolitana secondo cui quando un cinese muore il suo corpo venga nascosto e il suo nome preso da un altro cinese in arrivo. Tutto questo grazie anche ai tratti somatici simili e all’incomprensibilità della grafia cinese.”Mio padre è pastore evangelico e ha celebrato un funerale cinese in Italia, quindi non vedo del perchè così tanto clamore dietro questa storia”, replica Gaia a riguardo.
Ma come funzionano i funerali cinesi? Molti vogliono essere seppelliti nella propria terra secondo il rito che prevede il ‘fengshui‘. Arrivato a noi semplicemente come stile per arredare casa, in realtà è un’antica arte legata alla legge e all’ordine dell’universo e alla potenza della natura che riguarda anche la sepoltura. Quando la persona che muore è sepolta, sottoterra si può formare un’energia nata dalla combinazione dello spirito dei morti e dalla posizione della tomba e si pensa che questa energia possa influenzare l’intera famiglia. In generale, le tombe in Cina sembrano cumuli di terra, alcuni dei quali coltivati con alberi che simboleggiano la continuazione della vita. Proprio in base allo fengshui viene selezionata la posizione della tomba. Per questo motivo quando gli anziani sentono che sta arrivando la propria ora, ripercorrono un viaggio simbolico verso le proprie terre natie. Diversamente, se muoiono di morte improvvisa, vige l’iter della polizia mortuaria che ha il compito di controllare i documenti del defunto – quindi senza la possibilità di rivendere questi documenti come vorrebbe la leggenda metropolitana – e ci si affida ad onoranze funebri del territorio che si occupano di trasportare la salma in Cina.
L’immagine che racconta Roberto Saviano nelle prime pagine di ‘Gomorra’, dove un container nel porto di Napoli aprendosi a mezz’aria scaraventa centinaia di corpi cinesi congelati a terra, è forse da ascrivere solo alle grandi metropoli dove l’associazione a delinquere è più marcata.
WE LOVE KARAOKE – Parlando invece con i giovani di come trascorrono il tempo libero, emerge che uno dei divertimenti che in Cina va per la maggiore è il karaoke: attira miriadi di ragazzi più di quanto non faccia qua in Italia. A Parma, l’unico luogo in cui questa comunità può ritrovarsi a cantare a squarciagola è il bowling. Ci sono sabati sera in cui, mentre si è impegnati a tirare la palla, si possono vedere i giovani cinesi trasportare microfoni e casse acustiche per portarli in una stanza distante. Mentre tutto attorno ci si impegna ad abbattere birilli e imbucare palle da biliardo nelle buche, loro cantano per ore.
E così si vive a metà tra la tradizione culturale e le abitudini cinesi e il nuovo modo di vivere dell’occidentale.
di Stefano Frungillo
Ciao Stefano, grazie per questo articolo interessante. Sono la mamma di 2 bimbe nate e vissute fino ad ora a Londra, dove da anni studiano il cinese. A agosto ci trasferiamo a Parma. Sapresti dirmi se esiste ancora e dove potrei trovare la comunità cinese a PR? Esiste ancora la scuola in via testi citata nel tuo articolo?
Grazie mille, Ale.